Henri de Toulouse-Lautrec: l’âme de Montmartre

Lautrec
Henri de Toulouse-Lautrec, “La Toilette”

Negli anni della fioritura dell’Impressionismo, quando artisti come Monet, Pisarro e Sisley, collocavano il cavalletto sulle sponde della Senna per o nel mezzo di campi assolati, studiando la tecnica della pittura en plein air, un pittore cercava altro. In questi anni di pittura di luce e colore, Henri de Toulouse-Lautrec cercava le ombre della città di Parigi negli angoli più nascosti ed affascinanti dei vicoli di Montmartre.

Lautrec studiava i passanti, ne scrutava i tratti dei volti, indovinandone il temperamento caratteriale. Al contrario degli impressionisti egli non cercava di rappresentare analiticamente la natura ed ogni suo dettaglio, ma anzi cercava la sintesi, l’essenza di un ambiente, elaborando dei tipi iconografici, e non solo.

Ed è per queste motivazioni che risulta estremamente difficile inserire Lautrec in una particolare corrente artistica: ne l’impressionismo, ne il Sintetismo, ne l’Art Nouveau, sono sufficienti a dare di lui una definizione esauriente.

Sin da bambino Lautrec dimostra di avere una particolare predisposizione verso l’arte, così come suo nonno, suo padre e suo zio, i quali erano pittori dilettanti. La sua infanzia non fu semplice soprattutto a causa della picnodisostosi, una malattia genetica delle ossa che può portare a manifestazioni cliniche molto simili al nanismo.

Si è spesso insistito, infatti, sul fatto che la sensazione di emarginazione e di rifiuto subita da Lautrec abbia acuito la sua vena cinica, che si manifesterà sin dai suoi primi disegni che trasformano ogni immagine in caricatura, anche la propria (abbiamo numerose testimonianze di autoritratti caricaturali).

Comunque possiamo dire che ciò che lo ha sempre caratterizzato non è l’autocompatimento bensì il rifugio nell’arte, come una sorta di compensazione. Dopo aver conseguito la maturità nel novembre del 1881, Lautrec sceglie la faticosa strada dell’apprendistato pittorico, sperando di entrare a far parte della celebre Ecole des Beaux-Arts, roccaforte dell’accademismo ufficiale, in quegli anni diretta da Alexandre Cabanel, con il quale però il giovane Henri non instaurerà mai il rapporto sperato, formandosi infatti presso l’atelier di Léon Bonnat.

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Henri de Toulouse-Lautrec, “Ballerina seduta in rosa”

Il primo grande cambiamento avviene quando Bonnat chiude il suo studio e Lautrec cerca una nuova figura di maestro ritrovandola in Fernand Cormon, il quale apprezzava moltissimo la linea dei disegni dell’artista e lo invitava ad uscire fuori dalle mura dello studio e a guardarsi intorno. Lautrec non tardò ad accettare l’invito.

Le sue prime opere sono ritratti, come “Il giovane Routy”(1883 circa), dove il pittore mostra di essere particolarmente interessato ad artisti come Millet, Breton, e alla corrente del Realismo in generale.

Risale a questo periodo anche la sua forte vocazione per l’arte di Degas, che considera come una sorta di “maestro ideale” per la sobrietà del disegno nelle sue composizione e per i tagli compositivi di grande originalità, tanto che dipingerà alcune composizioni di ballerine, citazioni quasi letterarie delle omonime composizioni del maestro.

Ciò che separa l’artista dall’anziano maestro è la sua continua ricerca del carattere, del tipo, al di là della resa anatomica e del movimento.

Negli anni novanta l’irrequieto pittore intensifica i contatti con l’ambiente della “Revue Blanche”, rivista letteraria di fondamentale importanza ed è così che si avvicina al gruppo dei Nabis, composto da pittori che si dichiaravano apertamente seguaci di Gaugin e la cui pittura è caratterizzata da contorni lineari molto accentuati, forti contrasti cromatici, stesure ampie di colore e assenza di profondità spaziale.

Nel 1894 inizia a collaborare ufficialmente con la rivista disegnano le illustrazioni per Le salon du Chasseur de Chevelures di Tristan Bernard e l’anno successivo diventa ideatore del manifesto annuale della rivista.

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Henri de Toulouse-Lautrec, “Moulin Rouge, La Goulue”

Inizia in questo momento la fase più importante della carriera di Lautrec, quella legata a Montmartre, alla vita da bohémien, al Moulin Rouge, ai cafè frequentati dalla borghesia della Terza Repubblica: era definito “l’anima di Montmartre”.

E sono proprio questi i luoghi in cui l’artista espone i suoi quadri e comincia ad acquisire una grande fama nell’ambiente artistico parigino.

Purtroppo l’intensa attività di questi anni era destinata a rallentare per lo stato di salute del pittore-dandy: a causa della vita dissoluta che conduceva contrasse la sifilide, e sin da giovanissimo aveva seri problemi con l’alcolismo; cominciò a soffrire di crisi paranoiche e fisiche accompagnate da allucinazioni.

Gli amici, estremamente preoccupati per lo stato di salute dell’artista, lo convinsero a ricoverarsi in una clinica per malattie mentali. Una volta dimesso, viaggiò molto, ma tornato a Parigi, trascorse gli ultimi mesi molto debilitato ed allo stremo delle forze; venne riportato a Malromé nella tenuta familiare nei pressi di Saint-André-du-Bois, dove morì, a causa dei danni fisici causati dall’alcol o dalla sifilide, il 9 settembre 1901, pochi mesi prima del suo trentasettesimo compleanno.

Nei primi anni dopo la sua morte lo spirito di Toulouse-Lautrec continua a vivere nelle opere di giovani artisti che guardavano con ammirazione alla sua pittura, come il giovane Picasso in “La bevitrice d’assenzio” e “Donna dal cappello blu”.

Manuela Altruda