L’introduzione del sonoro coincide con un grave periodo di crisi economica, il crollo di Wall Street (1929), la quale determina una profonda depressione che si protrae per tutti gli anni Trenta per poi risolversi durante la seconda guerra mondiale. Tra il 1940 e il 1945 l’economia di guerra consentirà una generale espansione di tutti i settori produttivi e la stessa industria cinematografica vede aumentare i ritmi produttivi e l’affluenza degli spettatori.
Il cinema sonoro hollywoodiano tende a porsi come un vero e proprio modello da seguire e si può affermare che, tra il 1930 e il 1945, la storia del cinema coincide in buona parte con la storia del cinema hollywoodiano[1].
L’introduzione del sonoro non fa altro che accrescere e potenziare il meccanismo produttivo hollywoodiano, venendo a perfezionare la ricerca di persuasività e di illusione di realtà che sta alla base della narrazione e del linguaggio della produzione hollywoodiana.
Il suono (musica, rumori, parole, sia diegetici che extradiegetici) contribuisce in modo sostanziale al potenziamento della verosomiglianza dei film.
Il ruolo determinante verso la conquista del sonoro è svolta proprio negli Stati Uniti. La Warner (allora ancora una Little), il 6 agosto del 1926 proietta Don Giovanni e Lucrezia Borgia di Alan Crosland, il primo film con musica registrata (con il sistema Vitaphone della Western Electric) e poco più di un anno dopo, il 6 ottobre del 1927, ha luogo la prima proiezione di Il cantante di Jazz (The Jazz singer – Crosland), in cui ci sono alcune sequenze dove Al Jolson canta e pronuncia qualche parola.
Tuttavia, il primo vero e proprio film all – talkie è del 1928: The Lights of New York di Bryan Foy.
Nel 1927, la Fox brevetta il sistema Movietone, il primo che riesce a imprimere direttamente sulla pellicola il suono, e la Radio Corporation of America, nello stesso anno presenta il Photophone dando vita (nel 1928) a una nuova casa di produzione: la Radio Keith Orpheum (nota come RKO).
Il sonoro, tra sincronismo e asincronismo
La rivoluzione del sonoro, nei suoi aspetti tecnologici ma anche stilistici ed estetici suscita reazioni contraddittorie, le quali hanno dei risvolti anche in sede teorica. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sarà Chaplin che inizialmente esprimerà un clamoroso rifiuto. Ma il dibattito si estende a livello internazionale, coinvolgendo registi ma anche studiosi di estetica come Renè Clair, Ejzenštejn, Béla Balázs e Rudolf Arnheim.
Paradossalmente, il primo intervento teorico sul cinema sonoro vede la luce in Unione Sovietica con Il futuro del sonoro. Dichiarazione, ma passato alla storia come Manifesto dell’asincronismo. È un breve testo firmato da Ejzenštejn, Pudovkin e Aleksandrov destinato a esercitare una forte influenza sul dibattito estetico e teorico che si sarebbe poi sviluppato in Europa negli anni seguenti.
I tre cineasti non condannano l’avvento del sonoro, in cui vedono addirittura una tappa fondamentale dello sviluppo del mezzo cinematografico. Essi manifestano invece la preoccupazione che un uso sbagliato del sonoro possa nuocere l’arte del montaggio, che è il mezzo fondamentale con il quale il cinema ha raggiunto un così alto livello espressivo.
«Il suono è un’invenzione a doppio taglio, e la sua utilizzazione più verosimile seguirà la linea di minor resistenza, cioè la linea dell’appagamento della curiosità. In primo luogo ci sarà l’utilizzazione commerciale della merce più richiesta, i film parlati, nei quali la registrazione del suono avviene sul piano naturalistico, coincidendo esattamente con il movimento sullo schermo e creando una certa illusione di persone che parlano, di oggetti che risuonano ecc. Questo primo periodo, basato su effetti a sensazione, non nuocerà allo sviluppo della nuova arte, ma sarà terribile il secondo […] con l’affermarsi di un’epoca di utilizzazione automatica del sonoro per drammi di alta cultura e altre rappresentazioni di un tipo teatrale semplicemente fotografate. Il suono così utilizzato distruggerà la cultura del montaggio.»[2]
Per scongiurare questo pericolo il manifesto indica in modo perentorio quella che per i tre cineasti è l’unica alternativa possibile:
«Soltanto l’impiego contrappuntistico del suono rispetto all’immagine offre possibilità di nuove e più perfette forme di montaggio. Pertanto le prime esperienze di fonofilm debbono essere dirette verso una non coincidenza tra immagine visiva e immagine sonora: questo sistema porterà alla creazione di un nuovo contrappunto orchestrale.»[3]
In questo contesto, l’industria hollywoodiana affronta e supera con determinazione e slancio tutte le problematiche che in un primo momento sono sorte con l’introduzione del sonoro (pesanti cabine di insonorizzazione, necessità di preparare gli attori sul piano della dizione ecc), come racconta in chiave comica il musical Singing in the Rain (1952, Stanley Donen e Gene Kelly).
Indagine sulla relazione immagine – suono
L’indagine sul suono diventa l’esame delle relazioni che un film costruisce sul piano audiovisivo. La percezione visiva influenza quella sonora e viceversa. Un’immagine, nel momento in cui è accostata a un suono, può produrre un significato diverso da quello che essa produce singolarmente. Questo meccanismo viene definito da Michel Chion reciprocità del valore aggiunto.
Dal punto di vista dello spazio si distingue:
* Suono diegetico: tutti i suoni che provengono direttamente dalla diegesi vera e propria del film, suoni di cui conosciamo la fonte;
* Suono extradiegetico: è un suono che non si colloca nella diegesi narrativa.
https://www.youtube.com/watch?v=E84OWq6z3IQ
Kill Bill 1: il confine è labile, si passa da un suono diegetico a uno extradiegetico.
Il suono diegetico può essere a sua volta:
* In campo: la fonte è all’interno dell’inquadratura;
* Fuori campo: è al di fuori di essa ed estende lo spazio dell’inquadratura.
Riguardo invece al rapporto fra suoni e tempo cinematografico distinguiamo:
* Suono simultaneo: suono e immagini hanno lo stesso tempo narrativo;
* Suono non simultaneo: è quell’effetto sonoro che anticipa o precede le immagini che stiamo vedendo[4].
Cira Pinto
1Basti pensare al caso italiano: negli anni Trenta e Quaranta il cinema hollywoodiano diventa un punto di riferimento per tutti quegli intellettuali che reagiscono alla chiusura del fascismo, almeno fino alla legge Alfieri del 1938 che interviene per limitare la circolazione dei film stranieri.
2G.V. Aleksandrov, S.M. Ejzenštejn, V.I. Pudovkin, Buduščee zvukovoj fil′my. Zajavka, in Zizn′ iskusstva, 1928, pag. 32 (trad. it. Il futuro del sonoro. Dichiarazione, in S.M. Ejzenštejn, La forma cinematografica, Torino 1986).
3Ibidem.
4Un caso frequente di non simultaneità è quello del cosiddetto sound bridge (ponte sonoro); si tratta di brevi anticipazioni sonore in cui le parole, le musiche o i rumori si sovrappongono a due inquadrature facendo in modo che esse si leghino.