Kobane Calling: il punto sull’autore, ZeroCalcare
Zerocalcare (Michele Rech) nasce ad Arezzo nel 1983; di origini francesi si trasferisce da piccolo a Roma nel quartiere di Rebibbia, facendo di esso il centro del suo mondo e del suo alter-ego fumettistico.
Disegnatore di fumetti sin dalle superiori lavora presso diverse riviste come vignettista e creatore di copertine fino all’ottobre 2011 in cui pubblica il suo primo libro “La profezia dell’armadillo” irrompendo come un fulmine a ciel sereno nel panorama del fumetto italiano.
Parlare di Zerocalcare è complicato; chiunque descriva i suoi scritti lo fa con una certa difficoltà poichè il rischio di scivolare nella soggettività è facile anche per chi si occupa professionalmente di informazione. Ma qual è il motivo? Basta sfogliare uno qualsiasi dei suoi albi per comprenderlo.
Quando si parla di Zerocalcare non ci si occupa soltanto di comicità e bei disegni infatti, ma si scava nel profondo, nell’intimo del lettore, nella sua infanzia e nei punti in cui è più debole e sensibile. Osservare le sue tavole rende impossibile non sentire affetto nei confronti di qualcuno che è in grado di toccare corde emozionali in modo così semplice e delicato: sfogliare le pagine dei suoi libri porta ad immedesimarsi in lui in ogni singola vignetta. Citare un cartone che si è amato da piccoli (primo tra tutti Ken il guerriero), raccontare periodi scolastici bui che hanno colpito un po’ tutti, un professore malvagio, un compagno bullo, un film che ha segnato la propria vita, una canzone di cui si ricorda ancora il testo… Tutto questo è Zerocalcare, uno come tutti, in cui il lettore si ritrova.
Kobane Calling: un documentario sull’amore e la resistenza
Quando si legge di qualcuno che esprime allo stesso tempo se stesso e tutti quelli della propria generazione su pagina prendere tutto e partire per un reportage in una delle zone più “calde” dei nostri tempi e raccontare le sue esperienze con i soliti modi di fare, quale può essere la reazione? Come ci si sente quando si ha davanti Kobane Calling?
Se fin’ora Zerocalcare ha scritto della sua vita, dei suoi problemi, dei suoi amici e di quello che prova ogni giorno, in Kobane Calling affronta il mondo esterno uscendo dal suo nido di Rebibbia per raggiungere Mehser nel Rojava, una striscia di terra al confine tra Siria, Turchia, Islam ed Iraq autoproclamatasi indipendente e retta da un confederalismo democratico che basa la propria costituzione sulla libertà di religione, convivenza etnica, ecologia e sull’emancipazione della donna.
Ad un chilometro da Kobane, fulcro dello scontro tra resistenza ed Isis, Mehser è un piccolo villaggio dove chi non combatte lotta per sopravvivere grazie all’aiuto delle associazioni umanitarie e della propria incredibile forza di volontà. Quella che viene mostrata attraverso i disegni di Kobane Calling è una realtà cruda dove uomini e donne convivono pacificamente tra loro, ma dove allo stesso tempo osservano inermi la violenza colpire ed allargarsi a macchia d’olio dinanzi ai loro occhi sentendo l’ombra della minaccia Isis sempre più vicina. L’autore ci mostra come chi vive lì sia abituato ormai a tutto, che sia l’esplosione di un missile a poche centinaia di metri dalla propria casa, la notizia di un compagno caduto o addirittura il riconoscere se chi spara è dell’Isis o del contingente americano.
Osservare tramite Kobane Calling come in questi campi la donna sia ben più rispettata di quanto si possa immaginare risulta incredibile agli occhi di chi, ancora nel nostro paese, è abituato a veder trattare il “sesso debole” con sufficienza, quando nel Rojave le figure più importanti sono appunto femminili. Le donne rappresentano forza, a loro vengono affidati gli incarichi statali e sociali più importanti; esse lottano direttamente, scendendo anche armate nelle strade, per i propri diritti e per un paese in cui vogliono credere e veder crescere i propri figli, abolendo la chiusura mentale e l’estremismo che l’Isis porta con se. Kobane Calling è sì un reportage di un mondo e di una guerra di cui non conosciamo le reali sofferenze, ma è soprattutto una critica alla nostra civiltà che ha solo da imparare dagli uomini e dalle donne che combattono in quella terra.
“Tié, vallo a trovà un paese con una costituzione così avanzata”
Alessandro M. Chiappetta