Al Teatro dei Piccoli va in scena Chichibio, la gru e altre storie.
Lo stato dell’arte
Chi bazzica il mondo musicale italiano sa benissimo quanto sia imbarazzante il livello medio dell’offerta didattica musicale nel nostro Paese. I genitori dei nostri piccoli connazionali dovrebbero sapere quanto danno si fa alla cultura nazionale − e, ciò che è peggio, al suo futuro − a non preoccuparsi di fornire ai propri figli gli strumenti concettuali per potersi addentrare, in maniera meno ingenua, nel mondo di quella che, presso i Greci, era giudicata, pur con caratteristiche diverse, l’Arte per eccellenza.
Inutile aggiungere altro − è storia vecchia − sul clamoroso fraintendimento per cui la musica, ridotta a mera tecnica di artigianato, viene evidentemente giudicata dalle Istituzioni una mera pratica dilettantistica priva di una sua storia e delle individuali prerogative estetico-poetiche che la rendono degna pari delle blasonate arti figurative e di quelle letterarie. Riducendo la musica a mero intrattenimento, la si storpia con quegli sgradevoli flautini di plastica e le tastierine elettroniche antidiluviane, e gli italiani, generazione dopo generazione, ne sanno sempre di meno − non che ne abbiano mai saputo tanto.
Tutti i musicisti d’Italia conoscono questo stato di cose ma nessuno è mai riuscito a far nulla, e così ancora oggi si studia Schopenhauer senza sapere niente di Beethoven − più che il nome e il ta-ta-ta-tàa −; si parla di Tasso senza avere la minima idea di chi sia Gesualdo; dell’amore di Nietzsche per Wagner, senza saper pronunciare neppure il nome dell’operista; del Diario del Seduttore senza aver mai ascoltato il Don Giovanni… e la lista potrebbe essere infinitamente prolungata, come se Melozzo da Forlì potesse essere definitivamente giudicato più importante − per ciò che può mai voler dire − di Stravinskij.
Di fronte all’impotenza del Ministero a contrastare questa barbara damnatio memoriae, si capisce bene quanto possano e debbano fare gli istituti di divulgazione musicale − teatri e associazioni − per portare ai ragazzi − ma non solo − quantomeno un’abitudine alla cultura musicale: altro che le solite gite con gli spettacolini e le musiche registrate mandate come intrattenimento nei vuoti…
Il Teatro dei Piccoli e la musica che insegna
Questo è ciò che vuol fare, a Napoli, il Teatro dei Piccoli: resistente baluardo tra le rovine dello e delle aree abbandonate della Mostra d’Oltremare, questa “nuova” istituzione partenopea − conta già quasi due anni dall’inaugurazione a seguito del recupero della struttura − si propone con fatica di offrire a bambini d’ogni età musica dal vivo a volte inedita e rappresentazioni teatral-musicali delle più moderne e convincenti, all’insegna di quel progetto, essenzialmente educativo, che non è mai comparso nelle agende politiche nazionali.
Lo spettacolo che il Teatro dei Piccoli propone domenica 19 aprile, prodotto dall’Associazione Italiana Educazione Musicale dell’Infanzia (ASSIEMI) − con Riccardo Muti, per l’appunto, presidente onorario − offre un perfetto esempio di quello che si dovrebbe fare per la musica destinata a educare. Sul solco delle storie boccacciane il contastorie Mirko Revoyera ci trasporta nel mondo − sconosciuto − dei musicisti tardomedievali e rinascimentali, da Francesco Landini in giù. Ad accompagnarlo I tre Leccardi con strumenti antichi e folkloristici: e il viaggio nel tempo − con un po’ della fantasia dei bambini − è fatto!
Antonio Somma
Link all’articolo di progetto sonora dedicato allo spettacolo
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