Jorge Amado pubblicò Dona Flor e i suoi due mariti nel 1966. Il peccaminoso romanzo dello scrittore brasiliano inizia già con uno spiritoso artificio straniante: una lettera della protagonista all’autore. In questa lettera c’è scritta una ricetta – la ricetta della torta di puba, piatto tipico brasiliano. Ad un certo punto, tra un consiglio di qua e una quantità di latte di cocco là, Dona Flor scrive tra parentesi:
(Mi dica un po’, lei che scrive sui giornali, perché si deve sempre aver bisogno di due amori, perché uno non basta a riempire il cuore?).
Imperterrita, continua subito dopo ad elencare gli ingredienti. Già da queste prime righe dunque si potrebbe capire l’impostazione dell’intero romanzo. Cucina. E amore. Sensualità in ogni parola di ogni riga.
La trama
Il libro è strutturato in tre parti: nella prima, il lettore vede Flor, maestra di cucina in un quartiere piccolo-borghese di Bahia, perdere suo marito, il perdigiorno passionale giocatore d’azzardo Vadinho, e racconta in flashback, mentre la donna porta distrutta il lutto stretto, la tribolata storia d’amore dei due.
Nella seconda, la nostalgia della pudica Flor per la passionalità di Vadinho e per la pur tormentata vita coniugale gravano su di lei finché si arrende alle pressioni delle amiche: cerca un nuovo marito – e lo trova nel pacato e distinto dottor Teodoro, farmacista serio, di bell’aspetto, innamorato di lei e stimato in tutta Bahia.
Nella terza parte si ribalta ogni cosa. Flor, cominciando a trovare un po’ noiosa la perfetta vita coniugale con Teodoro, cerca invano di soffocare i sensi di colpa. D’un tratto però, gli eventi prendono una piega soprannaturale: Vadinho ritorna, nudo com’era nato, asserendo senza remore che “Dio è grasso”, e tentando di sedurre sua moglie – l’unica a poterlo vedere – tormentandola più che in vita nel tentativo di averla. Da questo momento Flor lotterà più o meno disperatamente – con immenso divertimento di autore e lettore – per resistere al suo primo (secondo?) marito, e rimanere fedele al suo secondo (attuale?) marito.
[…] un amore così grande che resiste oltre la vita disastrosa, così grande, che, dopo di non essere, sono tornato ad esistere, e sono qua. Per darti gioia, sofferenza e godimento, sono qui. Ma non per restarti accanto, essere la tua compagnia […] per questo no, amore mio. Questo è compito del mio nobile collega di letto… e migliore di lui non ne troverai… io sono il marito della povera Dona Flor, colui che viene a risvegliare la tua ansia, a mordere il tuo desiderio, nascosti nel fondo del tuo essere, dietro al tuo ritegno… lui si occupa della tua virtù, del tuo onore, del tuo rispetto… lui è il tuo volto mattutino, io sono la tua notte, l’ amante di fronte al quale non hai né possibilità di fuga, né forza. Siamo i tuoi due mariti, i tuoi due volti, il tuo sì e la tua negazione. Per essere felice hai bisogno di tutti e due. Quando eri sola con me, avevi il mio amore ma ti mancava tutto, e quanto soffrivi! Poi avesti solo lui: avevi tutto, non ti mancava nulla, e soffrivi ancora di più. Ora, sì, sei Dona Flor intera, come devi essere…
Monologo di Vadinho.
Amado e l’ambivalenza della sensualità
Già la trama di per sé cela una sensualità ambivalente, sfrontata da una parte e timida dall’altra, che in ogni caso riesce a catturare l’attenzione del lettore che vi si trova quasi invischiato; si aggiungano le storie colorite e spassionatamente tristi dei personaggi secondari, l’ambiente corale del quartiere di Dona Flor, le comari e i loro consigli, le mille religioni e le centomila blasfemie, i riti in case nascoste e segrete e la messa della domenica: il risultato sarà, inequivocabilmente, un magistrale sunto della cultura e del variopinto mondo brasiliano.
Tuttavia, a questo già saporito e gustoso piatto, Amado aggiunge un ingrediente fondamentale – e mi siano perdonati, in questo caso, i giochi di parole, impossibili da evitare. Tra una disgrazia e l’altra, tra una gioia mancata e molte ricevute, tra le lenzuola ordinate di Teodoro e quelle aggrovigliate di Vadinho, l’autore inserisce autentiche, deliziose ricette di cucina brasiliana, per tramite di Dona Flor.
Amado aggiunge così il tassello mancante nel mosaico colorato che ogni scrittore sudamericano si trova a dover comporre, volendo narrare la storia della propria gente, rievocando attraverso di esso un intero mondo di sapori e seduzioni.
Assaporare, allora, diventerà per il lettore la parola d’ordine: che sia lo stufato di granchi o il dolce al latte di cocco, che sia il sinuoso e caldo corpo di Dona Flor, la chiara pelle di Vadinho, l’odore impeccabile di Teodoro, o infine le due storie dei due mariti, incastrate, intrecciate – perché no, amalgamate (fino ad ottenere un composto liscio e senza grumi).
Beatrice Morra