Se i protagonisti della prima parte de “La nascita della Cronaca Nera” erano briganti e predoni mostruosi, mossi al peccato perché mai educati al “timor di Dio“, in questa seconda parte vedremo come anche fanciulle di “imparegiabile bellezza“, nate sotto i più lieti auspici, possano cadere vittima delle tentazioni demoniache, compiendo azioni tra le più riprovevoli.
Delitti in famiglia:
Isabella, fanciulla di imparegiabile bellezza, nascendo aveva portato grande gioia in quella famiglia di ricca casata […] un autentico dono di Dio, meritato con incessanti preghiere, opere devote e pie […] L’amore, purtroppo, risultò assai mal riposto e alla grande gioia […] seguì presto la più cupa tragedia.
L’amore per un giovane di modesta condizione, l’opposizione dei genitori, ma soprattutto lo zampino del diavolo “disturbatore della nostra pace“, trasformarono la bella fanciulla in una diabolica omicida.
Alle quattro ore il demonio umanato entrò dentro la camera, dove erano adormentati l’infelice padre e sventurata madre, e dato mano ad un stile, […] inchiodò quel stile nel cuore al genitore, che fece passarlo sino alla schiena […] a la madre li diede una martelata nelle tempie che gli fece saltare il cervello fuori.
Un climax di violenza, che procede ancora verso nuove vittime, per placare la sete di sangue di colei che “non era ancora sazia di essersi tinta le mani nel suo sangue“.
Stavolta le vittime erano “due poveri gemelli“, adottati dai genitori di Isabella, rei solo di un pianto.
Questa diabolica, sentendoli così piangere, dubitando che con quelle strida si scoprisse il funesto caso da lei indegnamente commesso […] fece provare a quelli poveri innocenti una morte che molto meglio le si conveniva a lei che non a quelli e strangolatogli, gli attaccò al medesimo chiodo e per maggiormente assicurarsi della loro morte, tornò a dar di mano al medesimo stile, et apertoli il petto a tutti e due voltò le maledette piante.
Scene di estremo orrore, descritte con estrema minuziosità di particolari, rivelando un certo gusto per il macabro: “udite et inoridite quanto fosse barbara et inumana” questa fanciulla.
Ma qual’era lo scopo di una simile solerzia?
La Cronaca Nera come specchio di moralità:
Atti malvagi, efferatezze e dovizia di particolari venivano largamente utilizzati per aumentare la credibilità narrativa della vicenda, ma anche in funzione preparatoria dell’inevitabile anticlimax che avrebbe caratterizzato il meccanismo punitivo di tante efferatezze.
La tragedia di Isabella ha infatti un epilogo “positivo”, la fanciulla viene scoperta, arrestata e ben presto condannata al patibolo, ed è proprio qui nell’ultimo viaggio, sul “carrettone dei giustiziandi“, che la fanciulla demoniaca diventa “spettacolo di giustizia“.
Prima di morire atrocemente, chiese di poter vestire un abito nero e mostrarsi al pubblico come lugubre esempio di pentimento: “Chi non sa impari da me” furono le sue ultime parole.
Ecco svelata la reale funzione della “letteratura del patibolo“, la cui struttura “tendeva a suscitare uno sdegno crescente nel lettore, facendo assumere alla condanna-vendetta il senso di un progressivo assaporamento liberatorio“.
La finalità di tanta violenza era:
Di turbare le coscienze per potervi insinuare il germe moralistico del timor di Dio e dell’ordinata acquisizione di un’identità sociale rispettosa dell’autorità costituita.
Un meccanismo di “ostentazione delle cifre delittuose” ancora oggi in voga:
I minuti particolari scioccanti o morboso sono riferimenti consueti per il lettore di avvenimenti di cronaca nera o per lo spettatore televisivo sintonizzato sul resoconto di qualche raccapricciante evento o catastrofe.
Ma il rischio, allora come oggi, era quello di:
Alimentare sentimenti incontrollabili e socialmente dannosi, quali la paura e l’insicurezza, producendo come “effetto boomerang” un atteggiamento di fuga dal reale, una “disfunzione narcotizzante” nei rapporti fra individui e comunità.
Mario Sanseverino
- Alberto Natale, Gli specchi della paura, Carocci, Roma, 2008.