In poche righe Théophile Gautier delinea un profilo molto accurato di Delacroix e ci permette di entrare nel vivo di quella discussione artistica che animò la Francia del XIX secolo:
Nessuno era più seducente di lui, quando voleva prendersene la briga. Sapeva addolcire la fierezza dell’espressione con un sorriso pieno di urbanità…Era morbido, vellutato, carezzevole come una di quelle tigri di cui sapeva così bene rendere la grazia elastica e formidabile. Nei salotti tutti sussurravano: ‘Peccato che un uomo così affascinante faccia dei quadri del genere.
Qual è dunque il tanto criticato genere dei quadri di Delacroix? Perché irritano così tanto la sensibilità del pubblico? È possibile dare una risposta a queste domande solo tenendo conto dell’ambiente artistico e culturale in cui comincia a muovere i passi questo artista così geniale quanto incompreso.
L’arte parigina era ormai da anni succube dei dettami delle accademia, e dunque dello stile neoclassico. Jacques-Louis David era considerato il grande maestro insuperabile e Jean-Auguste-Dominique Ingres ne era l’erede: non c’era spazio per un’arte “diversa”.
Delacroix fin dalle sue prime apparizioni pubbliche sconvolge ogni abitudine visiva dei parigini: colore acceso, composizioni dinamiche, inquietudine nei temi letterari, interrogazione metafisiche e passione, questi i tratti salienti delle sue opere.
Eppure è importante sottolineare che Delacroix non può essere considerato un rivoluzionario, egli è un rinnovatore: resta un uomo del suo tempo, a metà strada tra l’epoca dei lumi e la civiltà moderna. Viene definito dalla critica moderna come “ultimo della grande famiglia”, ma anche primo della nuova famiglia moderna, punto di connessione tra passato e presente, o meglio futuro.
La grande famiglia di cui parliamo è quella dei grandi maestri rinascimentali, perché come loro, egli predilige la pittura di storia, considerandola come il genere più nobile. Il quadro è considerato come il luogo in cui si svolge l’azione dei personaggi che vengono rappresentati, non importa se desunti dalla letteratura contemporanea, dai fatti religiosi o dalla cronaca moderna.
E da questo concetto che nascono opere come “La barca di Dante”, “La morte di Sardanapalo”, “Il massacro di Scio”, così come anche il suo capolavoro “La libertà che guida il popolo”.
L’opera è il simbolo indiscusso dell’ideale repubblicano, e fu dipinta da Delacroix in omaggio alle brevi e gloriose giornate della rivoluzione del 28 luglio 1830. In primo piano l’artista distribuisce i corpi dei caduti resi con un realismo crudo e tagliente: il rivoluzionario a sinistra e i due soldati a destra, una guardia svizzera e un corazziere, appartenenti ai corpi impegnati da Carlo X contro l’insurrezione.
Nella parte centrale dell’opera Delacroix decide di mostrare i fautori della rivoluzione che seguono una figura ricca di simbolismo, una donna, che agita con fare fiero la bandiera francese e incita gli uomini a combattere per i propri diritti: è l’allegoria della libertà. Secondo le fonti dell’epoca Delacroix non aveva partecipato attivamente all’insurrezione, ne è solo spettatore, ma con questa magnifica opera si unisce idealmente alla causa popolare. L’artista scrive in una lettera:
“Ho cominciato a lavorare su un soggetto moderno, una barricata…e, se non ho vinto per la patria, almeno dipingerò per essa.”
Nel 1832, poco dopo la conquista dell’Algeria da parte della Francia, compie un viaggio in Spagna e in Nord Africa nell’ambito di una missione diplomatica in Marocco. Il suo obiettivo principale è quello di sfuggire, almeno per un po’, all’opprimente ambiente parigino, e conoscere una nuova cultura, più antica di quella europea.
Durante il viaggio realizza molti acquerelli e circa cento opere, tutte ispirate alla vita delle popolazioni nordafricane, approfondendo il suo interesse per l’Orientalismo.
L’opera “Donne di Algeri” rappresenta l’esempio più noto delle composizioni realizzate sulla base dei suoi numerosi studi: la luce esterna, proveniente da una fonte laterale, tende ad armonizzare i personaggi con l’ambiente, creando effetti cromatici dai toni caldi che rispecchiano il paese che Delacroix amava tanto.
Le opere di Delacroix furono tanto criticate quanto amate perché legate alla tradizione del passato ma allo stesso tempo innovative, e proiettate verso il futuro. La lezione di questo artista va oltre i confini dell’Ottocento, e viene assimilata da artisti ormai più vicini all’arte contemporanea come Maurice Denis, Henri Matisse e Gino Severini.
Manuela Altruda