Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso: l’elemento teatrale

Il teatro è una zona sacra alla coscienza. Il sipario nasconde la risposta e la distrazione, il fuoco e la catarsi. Diventiamo noi stessi parte del carnefice, della vittima, del principe. La nostra anima s’espande, accogliendo vicende di maestosa grazia. Vicende, beninteso, non guerre. Eppure, come un’onda che balzi sulle rocce di Sorrento, Torquato Tasso dona alla sua Gerusalemme Liberata il gusto dell’alta drammaturgia.

Gerusalemme Liberata Torquato Tasso

Carl Ferdinand Sohn; Torquato Tasso and the two Leonores

Gerusalemme Liberata: architettura e scena

Risorgerò nemico ognor più crudo,

Cenere anco sepolto e spirto ignudo.

Tasso è una delle figure più sottovalutate dalla giovane letteratura. Lo si imputa di costrutti artificiosi, di un tono fin troppo elevato. Bisogna ammettere che l’autore fa parte della stagione manieristica, linea che tramuta in spregio doti scrittorie senza pari. Ma il labirinto della Gerusalemme Liberata trova spiegazione nella sua  stessa impalcatura. Il voler cristallizzare la prima crociata si trasforma nel lampo di una miriadi di pulsioni.

Gerusalemme Liberata

Non abbiamo il poema che si chiude nel libro. Siamo dinanzi ad un’architettura precisa, giocata su di un ordine tanto perfetto quanto stravagante. Scene, non semplici canti, si trovano nella Gerusalemme. Il punto di vista è quello di un Borromini letterario, un costruttore di anime e di paesaggi. Gli scatti d’inquadratura del Tasso esprimono una tale modernità da lasciare sbigottiti. Si prenda ad esempio una sezione del Canto III. Mentre assistiamo alle dolci menzogne della bella Erminia:

   Egli è il Prence Tancredi: oh prigioniero

Mio fosse un giorno! e nol vorrei già morto:
Vivo il vorrei, perchè’n me desse al fero
Desio dolce vendetta alcun conforto.

Nell’ottava successiva siamo nel mezzo del duello. La guerra che piega l’amore con un solo urto. Tasso è in grado di accedere il pensiero, torturando il lettore che annega in questo oceano di voci.

     Clorinda intanto ad incontrar l’assalto
Va di Tancredi, e pon la lancia in resta.
Ferirsi alle visiere, e i tronchi in alto
Volaro, e parte nuda ella ne resta:
Chè, rotti i laccj all’elmo suo, d’un salto
(Mirabil colpo!) ei le balzò di testa:
E le chiome dorate al vento sparse,
Giovane donna in mezzo ’l campo apparse.

Teatro ed esistenza

L’abilità di saper celare la grande riflessione è un caposaldo del poema. Quasi come se il sorrentino avesse interiorizzato Shakespeare – a lui, tra l’altro, contemporaneo; di questi anni è la stesura di Amleto -. Il principe di Danimarca e il fiore del sonno perduto diventano un afflato di erotismo e una preghiera luttuosa, elementi sordi al tumulto. Le caratteristiche del teatro si manifestano insieme: un’ambigua separazione tra bene e male; il tormento della caduca gloria e del caduco uomo; il prisma del sentimento che varia a contatto della luce, dell’ombra.

Non a caso, la Gerusalemme Liberata ruberà ammirazione ad uno dei più grandi drammaturghi del secolo XVIII, Johann Wolfgang von Goethe. Il tedesco non solo trarrà un dramma dalla biografia di Tasso, ma spiegherà le ragioni della potenza scenica della Gerusalemme nella Missione Teatrale di Guglielmo Meister, romanzo incentrato sulla grazia e il valore degli spalti.

La Gerusalemme Liberata (…) gli diede il colpo di grazia. (…) Il racconto s’impadronì siffattamente della sua immaginazione da fargli, di tutto quanto avea letto del poema, una entità sola per vie oscure formatasi nell’anima: un’entità che lo trasportava, sicché egli, senza ben sapere come, venne seriamente nel pensiero di rappresentarla.

La Tragedia dell’uomo nella Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso

Che Torquato Tasso fosse consapevole del suo talento drammatico è indubbio. A tale certezza concorrono non solo la maniacale precisione dell’autore, ma anche alcuni versi del poema. Tralasciando la ventata di luce d’Armida e, ponendo in disparte la fierezza di Clorinda, giunti al canto XX, quello che chiude la tragedia, siamo colpiti da un taglio. Sul grande Saladino viene gettata una scarica d’ardore:

E mirò (benchè lunge) il fier Soldano,
Mirò (quasi in teatro, od in agone)
L’aspra tragedia dello stato umano:
I varj assalti, e ’l fero orror di morte,
E i gran giochi del caso e della sorte.

 Gerusalemme Liberata

Cali dunque il sipario. Questa è la vita, quella la finzione; la morte e il destino vibrano oggi, la crociata si svolse nel tempo. Sarà l’autore a guardare la nostra aspra tragedia, dall’altro delle nubi, quel cielo che cattura le anime grandi.

Silvia Tortiglione

Fonti:

Gerusalemme Liberata; Tasso | Canto III ottave XX, XXI | Canto XX ottava LXXIII

La Missione Teatrale di Wilhelm Meister; Goethe_Trad. di Silvio Benco