Alzi la mano chi non conosce Renzo Arbore
Musicista, regista, cantante, autore, conduttore radiofonico e televisivo, sceneggiatore, attore, talent scout, DJ (di cui è considerato il primo in assoluto in Italia)… In cinquant’anni di carriera Renzo Arbore ha esplorato quasi tutti i campi dell’arte ogni volta caratterizzando la sua opera col suo estro peculiare. Il suo modo di fare televisione, ed in seguito anche radio e cinema, ha rivoluzionato il mezzo grazie ad un’ironia particolare, ai limiti del surreale, e pungente. Inoltre, ha fatto scoprire al grande pubblico tantissima musica di qualità grazie alla sua passione per essa, ricordiamo ad esempio il suo storico programma D.O.C. in onda dal 1987 al 1989 su Rai 2 ed in cui si sono esibiti, rigorosamente dal vivo, alcuni dei più grandi artisti italiani ed internazionali. L’abbiamo incontrato prima dell’esibizione con la sua Orchestra Italiana, la band con la quale gira il mondo da più di vent’anni diffondendo i grandi classici della canzone partenopea riletti in chiave moderna, al teatro Augusteo di Napoli. Ecco cosa ci ha detto.
Hai appena compiuto cinquant’anni di carriera in cui hai fatto di tutto: televisione, cinema, musica… C’è qualcosa che non hai ancora fatto e che vorresti fare adesso?
Il balletto! Non ho mai voluto ballare, mi sarebbe piaciuto tantissimo ballare come un nero, ma dato che purtroppo nero non sono, non ho mai potuto farlo. Naturalmente scherzo. Tante cose non ho fatto ma adesso mi piacerebbe molto esplorare veramente la Rete, provando a creare contenuti sul Web. L’ho già cominciato ad adocchiare aprendo Renzo Arbore Channel, la mia web-tv che funziona ventiquattro ore su ventiquattro, col palinsesto composto sia da spezzoni d’archivio che da nuovi contenuti. Credo che la Rete sia il mio futuro perché lì posso fare i miei comodi, dato che quando fai la televisione o la radio adesso devi tenere presente l’Audiradio o l’Auditel e quindi non puoi permetterti di passare ciò che non sia di moda tipo il jazz e tanta altra musica veramente interessante, come piace fare a me.
Tu hai portato la musica dal vivo in televisione con D.O.C., ma adesso spazi per la musica dal vivo in televisione non ci sono quasi più, a parte i vari talent show. Perché il pubblico si è disaffezionato alla musica dal vivo in televisione così com’era una volta?
Il pubblico non si è disaffezionato, ma la dittatura dell’Auditel ha fatto in modo che tutto quello viene mandato in televisione deve piacere veramente a tutti, altrimenti ci sono delle ripercussioni dal punto di vista pubblicitario. Inoltre i vari talent-show sono monopolizzati dai cantanti, non si vede mai un violinista, un clarinettista, un pianista… un musicista “anomalo”, insomma, mentre D.O.C., il mio programma, invece mandava in onda solisti di qualità, compresi persino pianisti classici. Questo purtroppo la televisione di oggi non lo permette.
Tuttavia io ho fiducia nel futuro, sono positivo e spero che qualche rete diventi pienamente musicale e possa ospitare i vari talenti che suonano, cantano e che fanno generi diversi da quelli commerciali.
Per i giovani fare musica è molto diverso rispetto ad una volta ma paradossalmente è anche più difficile affermarsi. I mezzi tecnologici hanno aumentato la quantità di gente che fa musica ma la qualità sembra comunque latitare, soprattutto nella musica mainstream. Cosa deve fare un giovane oggi per affermarsi con la sua musica?
Dev’essere originale ed allo stesso tempo conoscere la musica che lo ha preceduto. Non voglio fare sempre il “passatista” ma per me chi vuol fare musica, al giorno d’oggi, è importante conoscere molto bene la musica del passato, ovvero il jazz, il blues, il rock, e poi naturalmente da lì deve andare avanti alimentandosi da quella per fare la musica del futuro.
Ho sempre sostenuto che per costruire i grattacieli bisogna prima costruire delle fondamenta molto profonde, e nella musica del passato c’è una inesauribile fonte di ispirazione innanzitutto perché allora non c’erano criteri commerciali ma ci si inventava una musica che usciva direttamente dal cuore, senza pensare alle vendite, ed infatti quando poi la musica è diventata un prodotto commerciale si è un po’ persa quell’ispirazione.
Fra i nuovi talenti in circolazione quali ti hanno colpito particolarmente?
Apprezzo Fedez, mi piacciono Frankie Hi-NRG, Daniele Silvestri, Vinicio Capossela, mi piace in particolare Simone Cristicchi perché anche lui riprende elementi dalla musica del passato in chiave moderna e mi piace tantissimo anche Caparezza. Insomma, apprezzo chi fa musica anomala ed originale rispetto alla media.
Qualche decennio fa hai portato in radio una musica diversa, come il prog, il jazz, il soul, il blues… Quale può essere un genere che sta nascendo o comunque cambiando significativamente in questo periodo?
A me sembra che il rock stia un po’ segnando il passo, non ci sono più rimaste grandi cose e ci si rifà sempre ai grandi modelli, straordinari, del passato. Certo, ci sono comunque degli ottimi artisti nuovi, ma ritengo che nel jazz ci sia più innovazione rispetto al rock, anche perché finalmente si è capito che il jazz può essere anche pienamente autoctono, basti guardare quello che fa Danilo Rea, il quale prende delle canzoni italiane e le porta in chiave jazzistica, e come lui anche Bollani, Enrico Rava ed altri.
Questo succede già da anni anche in altri paesi, pensiamo a quello che ha fatto Gato Barbieri con l’Argentina proprio in Ultimo Tango a Parigi con l’invenzione del tango jazzistico, ma solo adesso sta prendendo veramente piede qui da noi.
Inoltre in questo momento non vedo un caposcuola come sono stati i grandi capiscuola della musica tipo Elvis, i Beatles, gli U2, Prince e tanti altri.
Quindi cos’è che non ti piace della nuova generazione musicale?
Non mi piace appunto il fatto che ci sia poca ricerca e che poi la nuova generazione troppo spesso abbia una forma di snobismo nei confronti della musica del passato. Questo poi è un atteggiamento tipico nostrano, dato che ad esempio se negli Stati Uniti nomini un brano come “Summertime” la gente si leva il cappello, mentre se in Italia ad un musicista gli citi “‘O Sole Mio” storce il muso mentre invece è una bellissima canzone da rivalutare. Certo, è molto popolare, anzi forse è la canzone più popolare del mondo, e forse lo è proprio perché ispirata, così come devono essere le composizioni veramente immortali, ed ‘”O Sole Mio” è un pezzo meraviglioso seppur semplicissimo. E quando poi invece si cerca della musica più complessa il repertorio napoletano ne è piena, penso ad esempio a “Munasterio” di Salvatore di Giacomo o a “Catarì” di Mario Costa, grande compositore tarantino.
Rivedremo Renzo Arbore al cinema o in televisione, in un futuro prossimo?
In televisione probabilmente sì, ma sempre con cose nuove e non con quelle già fatte.
Giacomo Sannino