Scarlett Johansson ha solo trentadue anni, ed è notissima al grande pubblico come una delle attrici più belle della nostra epoca. …E se avesse anche del talento?
Beauty (+ Boobs)
A pochi non piace Scarlett Johansson, e al perché non piaccia sono consacrati vivi litigi su qualunque social network. Alla sua bellezza, sensuale e formosa, viene associato quasi sempre, chissà perché, un film di nessun valore, una commediola costituita di più vicende concatenate tra di loro per parentele o coincidenze.
“La verità è che non gli piaci abbastanza” (Ken Kwapis – 2009) non ha mai avuto troppa risonanza, ed effettivamente non ha nemmeno grandi pretese: è di quei film con un cast importante che, però, viene girato per ottenere qualche incasso al volo e passare un po’ di tempo tra una produzione e l’altra. O almeno, così sarebbe stato ricordato per sempre se Scarlett Johansson non vi comparisse più tonda, colorita, sorridente e femminile che mai.
Andate a chiedere a chiunque vi capiti davanti cosa ricorda di quel film. Vi risponderà: le curve della Johansson e poco altro. Che poi sia un personaggio stupidotto e vuoto, forse addirittura antipatico… è solo un particolare, un coriandolo perduto al vento.
Brain (ovvero perché dire che Scarlett Johansson non è solo bionda)
Le bionde sono senza cervello: è una verità nota e inutilmente ostacolata dal buonismo femminista. Eppure Scarlett Johansson, nel corso della sua ancora breve e super-intensa carriera, ha dimostrato una parvenza di intelligenza. Sarà che è bionda solo per finta.
Con intelligenza qui si vuole intendere la saggezza nel saper calibrare la portata dei ruoli che si accettano, tenendosi in equilibrio fra le diversità, per dimostrare di poter essere la bambola con l’indole da oca, oppure l’incarnazione della furbizia femminea.
Ha carattere, Scarlett Johansson, abbastanza da risultare splendida e solo apparentemente cinica in “Match Point” (Woody Allen – 2005) accanto alla sua controparte, Jonathan Rhys-Meyers, che all’opposto è perbene nell’aspetto ma privo di scrupoli alla prova dei fatti. In uno dei più atipici film di Allen, la Johansson è la giocatrice abile di una proibita partita di tennis nella buona società, consapevole del suo potere e per questo alla continua ricerca di un più delicato e più insopportabile modo di tirare la corda. Corda che si spezzerà, d’altronde.
Ancora con Allen, e questa volta proprio accanto al regista e in qualità di protagonista, Scarlett Johansson recita in “Scoop” (2006). Sarebbe stato così banale giocare ancora sulla bellezza: bisognava quindi che la si prendesse in giro. Così la florida seduttrice diventa imbranata e occhialuta, completamente sprovveduta eppure piccata, cocciuta e sagace. Si è trasformata insomma in una giovane detective dalle movenze buffe che, alla resa dei conti, risulta essere talmente simpatica da rendere il finale, che la vede autrice dello scacco decisivo, quasi gioioso.
Già che ci siamo, ricordiamoci anche del film uscito quello stesso anno, il 2006, “The Prestige” (Christopher Nolan), nel quale arguzia e fascino si riassumono nel personaggio di Olivia, donna contesa tra i due prestigiatori (Hugh Jackman e Christian Bale). Invece che rimanere un manichino vestito di pizzo, la bella si volta di scatto ad essere attiva nella sua posizione, tanto da potersi definire il vero cervello pensante – in modo assolutamente femminile nella sua complessità di livelli e giochi di sguardo – tra i due ciechi uomini, così presi dalla competizione da esserne instupiditi.
Bravery + Blockbusters (perché ci vuole precauzione)
Noi ci auguriamo sempre che, al di là dell’effettivo successo che una pellicola avrà, le decisioni di un attore abbiano un certo discriminante e non siano semplicemente cumulative. Ora, il sospetto che Scarlett Johansson non scelga, ma acconsenta a prescindere, potrebbe esserci. E anche se fosse, poco male: di solito quel che fa lo fa bene, come s’è detto.
Ci piacerebbe pensare, però, che accanto al guadagno sicuro, che per precauzione è sempre bene assicurarsi, la Johansson accosti anche un po’ di coraggio nel sostenere idee nuove e registi emergenti. Ad esempio, proviamo ad avvicinare due film che di per sé sono lontanissimi, e rendiamoci conto che in entrambi la nostra bella cala dall’alto per starci a pennello.
In “Don Jon” (Joseph Gordon-Levitt – 2013), primo lungometraggio dell’attore, lei è – si può dire? – una cafoncella. Riccioluta e sguaiata, dai vestiti scollati e con la bocca perennemente aperta a masticare una gomma, sciocca e petulante, pericolosamente nella media delle ragazze della sua età. L’attrice si è quindi prestata volentieri a una pellicola che per la verità non ha avuto molto successo, risultando però tristemente comica e perfettamente abbinata a Gordon-Levitt.
Dall’altra parte ecco la Vedova Nera (“Iron Man 2” di Jon Favreau – 2010; “The Avengers” di Joss Whedon – 2012; “Captain America: The Winter Soldier” di Anthony e Joe Russo – 2014; “Avengers: Age of Ultron” di Joss Whedon – 2015), personaggio che a dirla tutta potremmo accostare a tanti altri che hanno goduto del volto di lei: personaggi facili di film facili, non per questo deludenti ma di certo non da premio. Quello che della Johansson risulta alla fine, ed è un peccato, è che sia una donna molto sensuale con qualche capacità attoriale rinvenibile ogni tanto, decisamente domabile all’interno di un blockbuster, e che non disturba o esalta nessuno fra pubblico e critica.
È più in un “Don Jon”, dunque, pur con una sceneggiatura bizzarra e un regista alle prime armi, che si scorge qualcosa in più del talento di Scarlett. Talento che, magari, non è eccelso… ma perché non sfruttarlo fino in fondo?
Chiara Orefice