Una metropolitana come fosse una linea del tempo: ogni fermata un ricordo, ogni volto una storia. Un bambino come fosse un uomo, una realtà come fosse un gioco.
Sono questi gli elementi predominanti di un film duro, diverso ma soprattutto reale nato dalla creatività di Andrea Frazzi e Antonio Frazzi.
Certi Bambini, vincitore di numerosi riconoscimenti tra cui il Gran premio della giuria al Giffoni Film Festival nel 2004, il David di Donatello e il Nastro d’argento nel 2005, è un film davvero agghiacciante, costruito su di una narrazione semplice, semplice come solo la drammaticità e l’ingiustizia della vita sanno essere.
La storia di certi bambini
Agghiacciante perché ogni storia, ogni parola, ogni gesto è lo specchio riflesso di una realtà vera che continua a scorrere nelle vene di molte città come Napoli.
Una donna, bella e maledetta, una donna bella ma con il sangue pazzo che brucia di odio, rancore e vendetta.
Certi bambini racconta la storia di un gruppo di ragazzini che vivono la propria vita nella soffocante afa del degrado, dell’ignoranza e della criminalità napoletana. Una storia qualsiasi, vista con gli occhi di un bambino, Rosario: solo undici anni, quasi dodici come gli piace ricordare alla sua nonna, unica parente, vacillante tra la demenza senile e l’icastica saggezza.
La vita di Rosario è la vita di un qualsiasi bambino di periferia senza genitori né spinte motivanti pronte ad insegnare che nella vita il successo e le soddisfazioni sono sempre faticose: Rosario preferisce il rischio, preferisce covare rabbia, odio e rancore, preferisce regolare i conti piuttosto che fare giustizia.
Decide di non regalarsi una scelta e di fare parte di un tessuto sempre più ispido e degradato.
Oltre alla vera grandezza del film, nel quale i registi sono riusciti a riportare tutte le facce del degrado e le espressioni drammatiche su ognuna di esse, una considerazione attuale e spontanea è: davvero non c’è scelta? Nessuno di quei bambini potrà mai mettere i piedi fuori dal guano ed iniziare a vivere?
La risposta della pellicola è negativa: no, Rosario non ha scelta, così come nessuno di quei bambini potrà mai tirarsi fuori da quella cloaca, potranno solo aspettare lentamente di annegarci dentro sino a diventare degli uomini neri.
Certi bambini non hanno una scelta, anche se ce l’hanno non la vedono, nessuna luce puntata sulla giusta via, nessuno punta quella dannata luce per loro sulla strada della salvezza: non dello sfarzo e della superbia ma semplicemente della salvezza e dell’onestà.
Questo è agghiacciante, così come lo è sapere che queste sono storie qualsiasi, storie vere che si consumano all’angolo della strada in silenzio.
Il racconto di Certi bambini è il fallimento dei sentimenti umani oltre che quello delle istituzioni (che forse godono della comodità dei lavori di certi bambini), è la dimostrazione dell’ipocrisia umana che abita nelle case di tutti o quasi.
Le scene sono sorprendentemente veritiere, solo chi conosce il cuore di Napoli con le sue tradizioni, usanze e pessime abitudini può comprendere la ricercatezza dei dettagli in ogni angolo.
La sceneggiatura è meticolosamente curata in tutti gli aspetti: molti dei discorsi o dei botta e risposta sono il risultato della commistione tra la bassa mentalità napoletana e il perfetto uso linguistico di termini che in contesti differenti indicano aspetti molto diversi della vita.
Si riporta perfettamente il carattere selvaggio e passionale di (quasi) ogni napoletano.
La fotografia ed il montaggio sono molto buoni, in particolare questo ultimo aspetto è fortemente suggestivo e gestito con la massima cura e pertinenza.
Una particolare attenzione, infine, deve essere prestata all’aspetto musicale, non molto presente nel film ma che si fa notare con la forte ricorrenza di una ed una sola canzone: Sud degli Almamegretta (gruppo musicale napoletano), che fa anche da colonna sonora.
Certi bambini è una pellicola che racconta, coraggiosamente, cosa accade a quei bambini che diventano uomini prima che il loro corpo lo imponga, che ragionano di aspetti della vita grandi e complicati prima che la barba segni i loro volti, bambini ai quali è somministrata una realtà cruda e rude come un’amara medicina che nessuno dovrebbe assumere.
Corinne Cocca