La dà il Telegraph online, la notizia della scomparsa di Christopher Lee, avvenuta nella mattina del 7 giugno 2015 ma annunciata solamente quattro giorno dopo. Ed è davvero significativo leggere e ascoltare a caldo gli addii dei suoi fan, perché sono con ogni evidenza divisi per fasce d’età: ognuno ha conosciuto il proprio Christopher Lee, calato in quel preciso ruolo che ha segnato una fase della propria carriera e l’esperienza dei cinefili.
Il 27 maggio aveva compiuto 93 anni. Il 2015 era il suo sessantasettesimo anno di carriera al cinema.
Addio, Dracula
“Dracula il Vampiro” ( Terence Ficher – 1958) è il primo film in cui Christopher Lee compare nei panni della celebre creatura della notte. Chi oggi ha circa cinquant’anni lo ricorda principalmente così: con pochissime rughe, occhi spalancati e rossi di sete, alto ed emaciato.
Lavorava già da un decennio circa ed era più vicino ai quaranta che ai trenta, non era e mai sarebbe stato bello e, per quanto avesse passato i suoi primi anni di recitazione ad interpretare personaggi reattivi e audaci, non ce lo si ricorda certo per la sua prestanza fisica. Nonostante ciò o forse esattamente per tutto questo, il suo Dracula rimane esemplare, forse il migliore in assoluto, uno dei primi ad essere affascinanti, al tempo stesso seduttori ed assassini, contribuendo ad arricchire quel filone che ha portato ai vampiri sexy di tempi più recenti, passando per Gary Oldman e ramificandosi in interpretazioni sempre più lontane, da Brad Pitt (vampiro concretamente) a Matthew Goode (metaforicamente).
Quel film del ’58 fu talmente ben accolto che ne seguirono sei sequel e due spin-off: i fan di Bram Stoker, usualmente incontentabili, riconobbero le atmosfere originali nell’accurata scenografia e nella fotografia magistralmente gotica, apprezzando addirittura per intero la sceneggiatura che, abilmente, pur facendo comparire poco l’effettivo punto focale dell’intera pellicola, vi faceva ruotare attorno ogni particolare, impregnando dell’inquietante e greve presenza di Dracula ogni angolo nel quale non c’era.
Addio, Saruman
Per chi oggi ha invece un’età compresa fra i venti e i trenta, Christopher Lee è Saruman. Peter Jackson, volendo usare un’espressione un po’ brutale ma incisiva, recuperò un dinosauro e lo rispolverò, ricordò a tutti quale enorme esperienza aveva e quanto ancora la sua età potesse dare: Saruman è un grandissimo cattivo, dalle mani adunche e dai capelli bianchi che scivolano sulla sua figura scarna. Dai suoi anni d’oro, Christopher Lee non aveva perso un centimetro della sua altezza, in ogni senso.
Comparve dunque a partire dal 2001 nei film di Jackson, il primo dei quali fu “Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’anello“, rimanendo saldo nella sua torre a Isengard fino alla fine, partecipando non solo a quella trilogia, caposaldo ormai del cinema del nostro millennio, ma anche ad una seconda, basata su “Lo Hobbit” e sul “Silmarillion”.
Riconoscerlo è quasi d’obbligo: una pietra miliare come lo è la trilogia del Signore degli Anelli, divenuta leggendaria mentre ancora si stava preparando a completare la sua apparizione al cinema, non sarebbe mai stata ciò che è oggi senza il contributo di una tale figura. Fu la perfetta controparte del molto meno elegante Gandalf, indimenticabile nelle più iconiche scene che lo vedono protagonista a testa alta e pallido di ambizione, in una magnifica distorsione della figura classica del mago buono con barba lunga e mantello chiaro.
Un saluto a Christopher Lee
La sua carriera è così vasta e articolata che sarebbe impossibile rendervi onore per intero. Non si può andar veloci: ci si dovrebbe fermare a discutere di “Treno di Notte per Lisbona” (Bille August – 2013), o di “Hugo Cabret” (Martin Scorsese – 2011), o de “La fabbrica di cioccolato” (Tim Burton – 2005), e questo solo per citare le opere maggiori degli ultimi dieci anni. Ha preso parte alla seconda trilogia di Star Wars, ad un episodio dell’agente 007, è stato la creatura del Dottor Frankenstein, Sherlock Holmes e Rasputin…
Ha visto il cinema cambiare, nel corso degli ultimi cinquant’anni, e ha saputo adattarvisi, accettando le parti minori che il suo aspetto anziano gli permetteva di interpretare, conservando una dignità che forse l’età non garantisce sempre. Costantemente sfruttando appieno quelli che erano i suoi punti di forza – voce tenebrosa e vibrante, altezza vertiginosa, volto affilato – ha sempre mostrato di mettere al servizio il proprio talento per il beneficio dell’intera produzione e mai regalando al pubblico l’immagine di una viziata primadonna… per quanto, onestamente, potesse permetterselo.
Quasi trecento film; il titolo di Cavaliere Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico; mai un Oscar, come la reputazione di un attore bravo e prolifico richiede; e un rispetto all’interno del suo ambiente che pochi altri attori hanno ottenuto. Chapeau.
Chiara Orefice