In questo articolo continueremo la nostra analisi su Agostino. Avevamo lasciato il nostro Agostino mentre incontrava dei dubbi sulla effettiva veridicità della dottrina manichea; cerchiamo di capire per quale motivo analizzando le sue Confessioni.
Indice dell'articolo
Il rifiuto del Manicheismo
Nell’approfondire i suoi studi scientifici e filosofici, Agostino si rende conto di alcune carenze nel manicheismo – che, rammentiamolo, vantava la conoscenza vera del mondo – in quanto le analisi compiute da fisici, astronomi et similia gli sembrano molto più coerenti ma, soprattutto, si basano su prove certe; il manicheismo pretende solo che si creda a quanto viene detto. Non è con questa dottrina che Agostino può soddisfare la propria brama di verità; anche per questo, probabilmente, attorno al 383 si avvicina allo scetticismo in quanto affascinato dalla sospensione del giudizio, dal dubbio, dall’antidogmatismo che permea l’intero pensiero scettico.
Al nostro Agostino, ad ogni modo, lo scetticismo è utile in quanto ne trarrà l’esigenza di riconsiderare il problema della verità ma non di più; una dottrina che propugna l’impossibilità di giungere alla verità non può essere apprezzata dal Nostro che, al contrario, ne fa il proprio obiettivo di ricerca.
Il rapporto con Ambrogio
La vera svolta nella vita di Agostino avviene a Milano dove incontra il vescovo Ambrogio, uomo molto preparato e colto – nonché abile politico, che non guasta mai; mentre, da un alto, il filosofo africano inizia a farsi un nome per la brillante retorica, dall’altro è attanagliato da dubbi di tipo intellettuale. Privo di un sostrato filosofico definito, fondamentale è la presenza di Ambrogio. I due nuclei attorno al quale vertono le sue cangianti riflessioni sono:
- l’antropomorfismo delle Sacre Scritture;
- una metafisica non materialista.
Come dice lo stesso Agostino nelle sue Confessioni: “non riuscivo a concepire una sostanza che non fosse visibile dagli occhi”.
Abbiamo detto che l’incontro col vescovo risulta decisivo: dai sermoni di Ambrogio egli comprende che non ci si deve limitare ad una lettura superficiale delle Scritture ma è, anzi, necessario andare oltre e carpirne i profondi significati (“lo spirito che vivifica“).
Nei sermoni di Ambrogio è inoltre presente la sinergia tra cattolicesimo e neoplatonismo perché gli elementi della dottrina di Plotino – che voi conoscete, ne abbiamo già parlato – molto si avvicinavano alla dottrina cattolica; grazie alla scoperta del neoplatonismo, per Agostino inizia un periodo tutto nuovo di studio e di riflessione filosofica, arrivando infine anche a convertirsi.
dalle opere dei filosofi platonici imparai a cercare una verità incorporea
La conversione e il nosce te ipsum
Oltre ad abbracciare in pieno l’antimaterialismo neoplatonico, Agostino apprende che il male è una privazione, un non-essere, non una sostanza; inoltre “accolsi il consiglio di tornare in me stesso e con la tua guida entrai nel mio mondo interiore”. Agostino intende dire che accoglie l’invito di Plotino a ricercare la verità all’interno di sé perché l’anima trova sé stessa nella propria interiorità e in Dio; nel 386 Agostino si converte e ciò scuote ogni ambito della sua vita poiché rinuncia ai suoi incarichi e si dà all’ascetismo.
Alcune opere che Agostino redige tra il periodo trascorso in Brianza e quello a Tagaste sono il Contra academicos, i Soliloquia, De beata vita, De ordine, De quantitatae animae, De libero arbitrio ed altri scritti – De diversis quaestionibus, De magistro, De vera religione, De utilitate credendi – in cui si muove tra antimanicheismo, riflessioni linguistiche, rapporto tra fede e ragione; il tutto avviene sullo sfondo del neoplatonismo.
Dio e l’anima: questo desidero conoscere. – Nulla più? – Assolutamente nulla
Con ciò Agostino esclude che il mondo esterno possa portarlo alla verità, dato che essa sta nella conoscenza dell’anima e di Dio e solo a partire dalla conoscenza di sé stesso l’uomo può giungere alla conoscenza di Dio – questa importante coincidenza (nel senso di coincidere) metodologica può essere spiegata con il nosce te ipsum, conosci te stesso; “la verità dimora nell’uomo interiore. E se scoprirai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso. Ma ricorda, quanto trascendi te stesso, tu trascendi l’anima razionale. Tendi pertanto là donde s’accende il lume stesso della ragione”. Agostino si dimostra un degno erede della filosofia ellenistica dato che, per lui, il fine ultimo della conoscenza è la felicità; affinché però la felicità si riveli verace occorre conoscere il vero bene nella cui ricerca è implicata la volontà.
Nel pensiero agostiniano la verità ha un ruolo fondamentale nella conoscenza in quanto, al fine di conoscere qualcosa, è necessario volerlo e siccome chiunque vuole ciò che si ama è l’amore il propulsore della ricerca:
pondus meum amor meus: eo feror quocumque feror1
Se non c’è amore allora manca la conoscenza; naturalmente deve trattarsi di un rivolto al bene altrimenti manca anche la felicità.
Luigi Santoro
Fonti
1 “il mio peso è il mio amore; da lui sono mosso ovunque io muova” trad. da F. Cioffi, Il testo filosofico, Bruno Mondadori
Fonte citazioni: Agostino, Confessioni, VII, 1, 1; Ivi, 20, 26; Ivi, 10, 16; Agostino, Soliloquia, I, 2, 7; Agostino, De vera religione, XXXIX, 72; Op. Cit, XIII, 9, 10.