«Per la sua bellezza e per la sua fecondità gli Dei si contendono il possesso della città», scriveva lo storico greco Polibio pensando alla bella Parthenope. Napoli, una città che poggia le sue fondamenta su una cultura ancestrale, preziosa, che vive attraverso la voce del popolo, grazie al quale le tradizioni si tramandano, talvolta inconsapevolmente.
Misteri, magia, messaggi segreti, riti. Ecco la Napoli che ammalia, che trascina nei vicoli ombrosi, dove antichi culti fanno eco nel trambusto della modernità. In questi luoghi, il culto della fertilità sopravvive ancora oggi, mescolando sacro e profano…
Culto della fertilità: la Grande Madre
Sin dalla notte dei tempi, l’uomo si è rivolto alla Grande Madre, alla Dea Unica, potenza generatrice, portatrice di fecondità e abbondanza, che la tradizione cristiana ha traslato nella figura di Dio, relegando al ruolo di Vergine Madre l’autorevolezza femminile. La Grande Madre rappresenta la vita, la morte e la rinascita. I popoli di epoche remote hanno tramandato questo culto attraverso oggetti e idoli femminili. La Dea Madre è spesso rappresentata come una donna eccessivamente formosa, con il ventre ben marcato, per simboleggiare la fertilità.
«Perché io sono colei che è prima e ultima
Io sono colei che è venerata e disprezzata,
Io sono colei che è prostituta e santa,
Io sono sposa e vergine,
Io sono madre e figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono donna sposata e nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono colei che consola dei dolori del parto.Io sono sposa e sposo,
E il mio uomo nutrì la mia fertilità,
Io sono Madre di mio padre,
Io sono sorella di mio marito,
Ed egli è il figlio che ho respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono colei che da Scandalo e colei che Santifica.»Inno a Iside. Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto; risalente al III-IV secolo a.C.
A partire dall’ VIII millennio a.C., assistiamo al proliferare di raffigurazioni femminili legate al culto della fertilità, della dea genitrice, riconoscendo nella donna il simbolo della vita e della riproduzione. Il culto della Grande Madre era spesso legato ad alcuni rituali, con modalità differenti a seconda delle usanze dei diversi popoli.
Nell’Antico Egitto, le donne gravide venivano poste sotto la protezione di Tjenenet, e durante il periodo di gestazione i loro corpi erano cosparsi con oli benefici conservati in ampolle dalla forma di idoli femminili. Nella cultura Celtica, le donne erano solite scivolare su delle pietre particolari per favorire la fertilità. Il culto della fertilità ricorre anche nelle tradizioni dell’India meridionale, dove le donne sterili auspicano la fertilità strofinandosi a dei massi sacri. Ad Aosta, si svolge ancora oggi l’antica tradizione del Musset: una lunga schiera di donne striscia carponi attraverso un passaggio nella cripta della Collegiata di Sant’Orso. Ad Oropa, abbiamo testimonianza della Roc d’la vita, la pietra della vita, attorno alla quale le donne sterili giravano e vi si strusciavano.
Le pietre acquistano, in tal modo, un valore miracoloso, entrando a far parte di quei riti di fecondazione appartenenti a tradizioni pagane, alcune delle quali sopravvivono nella cultura odierna.
Pietre miracolose: la magia della fecondazione
Le pietre fecondanti hanno acquisito la loro valenza dagli insegnamenti del mito: Mithra, Theòs ek pétras, è il dio concepito da una pietra, madre fecondata magicamente dal fulmine fallico. Anche la nascita di Hermes è legata al culto della pietra: si credeva che il dio risiedesse in una pietra a forma di membro virile, attorno alla quale si celebravano danze in onore della dea Tellus. Abbiamo testimonianza di diversi riti che associano alla pietra il miracolo della fecondazione. Alcuni rituali vedevano le giovani donne sedersi sul fallo di un Priapo, dal quale si credeva provenissero magiche virtù procreative. Le tracce di questo culto sono visibili in alcuni ritrovamenti di massi a forma di losanga, con sopra delle incisioni che richiamerebbero l’organo genitale femminile, come ad esempio nel sito del Rifugio di Sant’Anna, nella zona ligure.
La pietra, simbolo della Dea Madre, acquista una potenza magica nell’atto della fecondazione, alla quale le donne potevano attingere con il contatto diretto, certe di poter incrementare le loro future gravidanze.
Nonostante i tentativi della Chiesa di abolire queste pratiche di reminiscenza pagana, il culto della fertilità sembra non essere del tutto tramontato. La cultura napoletana è testimone della sopravvivenza di questi riti, che si concentrano in quei luoghi dove la storia spesso ama mescolarsi al mito.
Le pietre fecondanti e i riti della fertilità a Napoli
Il culto della fertilità a Napoli è testimoniato dalle cronache di un diplomatico scozzese del XVIII secolo, Lord Hamilton, il quale riferì anche di ex voto a forma di fallo e di un olio benedetto contro l’impotenza, che il prete suggeriva di spalmare sui genitali. Sir Hamilton colse il valore dei simulacri fallici utilizzati nei riti della fertilità. In una lettera scrisse: «Ho scoperto il culto di Priapo in pieno rigoglio, come ai tempi dei Greci e dei Romani».
Il rito della fertilità è legato a quello di Venere Genitrice, praticato dalle spose sterili nella grotta di Piedigrotta, dove i sacerdoti si attivavano per praticare la fecondazione, con l’accompagnamento di diversi strumenti musicali. Alla tradizione napoletana è legato anche il rito del vaso ‘o pesce ‘e San Raféle (bacio al pesce di San Raffaele), praticato nella chiesa dedicata a San Raffaele nel quartiere di Mater dei. Il rito sicuramente più interessante dal punto di vista simbolico e religioso avviene nel cuore dei Quartieri Spagnoli. Dal numero 13 di vico Tre Re a Toledo si giunge alla dimora della santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe.
Da circa duecento anni una schiera di donne aspetta di sedersi sulla Sedia della Fecondità, appartenuta alla santa. Il trono dei miracoli risiede sulle spoglie terrene della santa, e possiede il potere di combattere la sterilità. Un vero e proprio rituale presieduto da una suora che recita delle preghiere volte a tale scopo. In questa pratica dell’assedersi è presente un forte simbolismo, che coinvolge il binomio Sedia-Fecondità. Questi due elementi insieme rappresentano la femminilità sacra, esplicitata nella divinità della Grande Madre, principio cosmico di vita, riproduzione e morte.
Giovannina Molaro
Bibliografia:
A.Palumbo-M.Ponticello, Misteri, segreti e storie insolite di Napoli, Newton Compton Editori, 2015
Sitografia:
http://www.quicampania.it/tradizioni/la-sedia-della-fertilita.html
http://www.archeobo.arti.beniculturali.it/Vicofertile/dea-madre.htm
http://www.placidasignora.com/2008/05/19/le-sacre-pietre-della-fertilita/
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=39387