Berlino 1979, in televisione trasmettono il filmato del primo uomo tedesco ad andare nello spazio. Alex e Ariane, due bambini di circa dieci anni sono intenti a guardarlo, stupiti e orgogliosi del successo del loro Paese, lo stesso Paese che, nella stanza adiacente, sta distruggendo la loro famiglia.
Questa è una delle prime scene che apre Good bye, Lenin, pellicola del regista tedesco Wolfgang Becker, film che viene ad oggi ricordato come uno dei capolavori del cinema tedesco. Con queste prime scene Wolfgang non solo ci introduce la famiglia Kerner, protagonista della storia, ma ci dà anche una panoramica della Germania dell’Est, la vera protagonista.
A seguito dell’abbandono del marito rifugiatosi nella Germania dell’Ovest, Christiane Kerner (Katrin Sass) cade in una profonda depressione dalla quale si riprenderà soltanto dopo alcuni mesi ritornando a casa dai figli completamente rinata e desiderosa di votare la sua vita al socialismo.
Adesso facciamo un salto di undici anni, Christiane è ospite alla celebrazione del quarantesimo anniversario della Repubblica Federale Tedesca. Lo stesso giorno il figlio Alex (Daniel Brühl), si ritrova a marciare insieme a migliaia di persone contro lo stesso governo tanto sostenuto e amato dalla madre, evento che le causa un infarto e ben otto mesi di coma.
Ed otto mesi sono più che sufficienti per generare un completo cambiamento del Paese, il Muro di Berlino viene abbattuto e le due Germanie si avvicinano sempre più velocemente l’una all’altra, mostrando i segni di un popolo stanco e ormai insofferente di quella vita.
Good Bye, Lenin: un tuffo nel passato
Ma come spiegare tutto ciò a una donna che si è addormentata nella sua Germania socialista e si è risvegliata in un’altra sempre più capitalista? E questo è il problema, qualsiasi shock potrebbe esserle fatale, dunque quale soluzione migliore se non quella di ricreare una realtà svanita?
Alex diventa il regista della vita della madre ricreando per lei la vecchia Repubblica e tutto ciò che ne faceva parte, compresi i cetriolini dello Spreewald ormai fuori produzione. Per Alex tutto si trasforma letteralmente in una corsa contro il tempo, diventa produttore di cibi da tempo tolti dal mercato, regista di telegiornali con notizie del passato, ripesca dagli armadi i vestiti smessi di moda prima della modernizzazione e riunisce i membri del vecchio collettivo socialista, tutto per conservare la madre nella sua capsula temporale.
“Per le strade il nuovo avanzava incontenibile e chiassoso mentre intorno alla mamma risuonavano le melodie del passato”. Ma in realtà la prova lampante di quel cambiamento Christiane lo potrebbe avere davanti agli occhi se non le venisse nascosto. Cresciuti secondo i valori del socialismo, Alex e Ariane sono tra i primi ad aver abbracciato il nuovo, Alex trovando svago nei locali punk della Berlino dell’Ovest mentre Ariane avrebbe dato vita al “primo figlio della riunificazione” con il suo nuovo compagno dell’Ovest.
Nulla però riesce a distogliere Alex dal suo obiettivo, neanche quando la madre, uscita senza sorveglianza dalle quattro mura che avrebbero dovuta proteggerla ma che rappresentavano inconsciamente i suoi carcerieri, viene salutata dalla statua di Lenin trasportata via da un elicottero, simbolo inesorabile della fine della Repubblica Federale.
Quella creata dal protagonista è una Germania socialista che non è caduta con il primo mattone del muro ma una Germania che ha messo in atto tutti i principi che sosteneva e i suoi valori socialisti, divenendo il Paese agognato da tutti e in grado di ospitare i fuggiaschi dell’Ovest, scappati da un Paese amorale e in declino. «Devo ammetterlo, ormai il gioco mi aveva preso la mano. La Repubblica Democratica che stavo creando per mia madre, assomigliava sempre più a quella che avrei potuto desiderare io».
Sulle note della musica di Yann Tiersen veniamo cullati tra presente e passato ma nonostante il presente e la sua modernità risultino i vincitori, in realtà nessuno dei due sembra prevalere nella mente del protagonista che si ritrova a mettere in scena il Paese che lui vorrebbe.
Un film storico che contemporaneamente presenta una grande parte dedicata al rapporto tra madre e figlio, ma anche un film in cui si percepisce la necessità per tutti, del protagonista in questo caso, di dover fare un punto sulla propria vita per raggiungere la consapevolezza di quello che si ha bisogno, di cosa sia giusto e cosa vada invece cambiato.
Celia Manzi