In Italia il pittore romantico più acclamato dai suoi contemporanei è Francesco Hayez (Venezia, 1791- Milano, 1882), «il capo della scuola di pittura storica che il pensiero nazionale reclamava in Italia», scrive di lui Giuseppe Mazzini. L’opera venne commissionata da Alfonso Maria Visconti di Saliceto, che alla propria morte lo donò alla Pinacoteca dell’Accademia di Brera, dove ancora oggi è conservato ed esposto.
Ciò che veniva apprezzato in lui non era tanto il valore artistico, ma la scelta di temi trattati dalla storia italiana, in grado di evocare momenti di antica gloria nazionale, momenti di riscatto popolare contro gli stranieri, tali, in altri termini, da poter essere considerati risorgimentali.
Il titolo originale dell’opera che vediamo è Il bacio.Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV; Tuttavia è noto come Il bacio del volontario, secondo l’interpretazione che ne diedero il pittore Gerolamo Induno e il critico letterario Francesco dell’Ongaro, il quale racchiudeva il percorso di Hayez «tra il bacio famoso di Romeo e Giulietta e l’altro più recente che corre l’ Europa, e chiameremo Il bacio del volontario» e aggiungeva: «È una scena toccante, piena di mistero e di affetto; è un dramma ancora da farsi. […] Esca da quel bacio affettuoso una generazione robusta, sincera, che pigli la vita com’ella viene, e la fecondi coll’amore del bello e del vero».
Era una interpretazione patriottica che attualizzava il significato politico del dipinto, che colpì profondamente il pubblico del tempo quando fu esposto nel 1859 a Brera. In breve tempo con la sua facile retorica l’immagine del Bacio diventava l’emblema della costruzione della giovane nazione che stava uscendo dalle lotte risorgimentali. Singolare nel quadro appariva il contrasto tra il totale naturalismo della rappresentazione del bacio e l’assoluta convenzionalità della veste lucida. Piacque al punto che una replica fu inviata all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867, dove attirò l’attenzione del grande musicista Rossini.
Il Bacio di Hayez: l’analisi dell’opera
Questo olio su tela (112×88 cm) esposto alla Pinacoteca dell’Accademia di Brera è uno dei simboli della pittura italiana dell’Ottocento. Francesco Hayez, pittore romantico, nella realizzazione del Bacio fa riferimento ad un’altra opera da lui precedentemente realizzata. L’opera da cui l’artista prende ispirazione è “L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta” dipinto circa 25 anni prima.
L’ambientazione medievale e l’impostazione dell’opera sono più o meno le stesse, anche se il Bacio del 1859 ha una struttura molto più semplice, in quanto l’attenzione dello spettatore si concentra maggiormente sui due amanti, protagonisti del dipinto, non su l’arredamento che li circonda, molto più scenografico.
Davanti ai nostri occhi si presenta, dunque uno scena piuttosto semplice e immediata: una coppia di giovani si bacia con trasporto e passione. Potremo pensare ad un quadro “romantico” nel vero senso del termine: i due amanti si abbandonano in un bacio appassionato; i volti della fanciulla e dell’uomo si intravedono appena ed è proprio quest’ultimo che trattiene quasi con prepotenza il volto della donna. L’uomo ha un coltello in vita, quasi come se volesse scappare, come dimostra anche la sua gamba appoggiata sullo scalino. La drammaticità e il mistero sono dati da una sagoma che si presenta sullo sfondo a sinistra: forse i due amanti si sono visti in segreto e hanno paura di essere scoperti.
Tuttavia il Bacio di Francesco Hayez può essere letto anche in chiave politica: il dipinto viene realizzato nel 1859, siamo in pieno periodo risorgimentale, durante la Seconda guerra di Indipendenza che vedeva l’unione tra il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II e Cavour e la Francia di Napoleone III per togliere all’Austria la Lombardia e il Veneto. C’è che ha visto nell’opera di Francesco Hayez l’immagine di un patriota, che pronto a partire saluta la sua amata oppure chi celebra l’alleanza di due popoli, di due stati, quali sono la Francia e l’Italia, attraverso l’abbraccio e il bacio.
Anna Cuomo