Il paese dei Coppoloni è l’ultimo prodotto artistico di Vinicio Capossela. Non è una canzone né un album musicale, bensì un libro, candidato al Premio Strega 2015. Un libro che parla delle nostre radici più profonde e che tira fuori dalla scatola del tempo odori ormai perduti, odori che appartengono a un mondo ormai tramontato ma che continua a vivere in ognuno di noi.
Due parole sul libro
Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando?” Così si chiede al viandante-narratore nelle terre dei padri.
Il paese dei coppoloni in un certo senso riesce a esprimere bene il concetto di “Figlio del Caos” che espresse per primo Pirandello. Essere figli del Caos vuol dire essere figli di un mondo dove il tempo sembra essere sempre fermo e sembra consumarsi lentamente e stancamente. Questa era la realtà di Calitri, il paese nel quale è ambientato il libro, paese d’origine dei genitori di Vinicio Capossela. E questo è il mondo dell’Irpinia e di molte zone del sud Italia e del sud del mondo.
Nel rumore delle nostre città e nella nostra cultura omologata dal benessere e dal consumismo si è persa una ritualità, un legame col Caos e col nostro passato. Così il lettore viene iniziato a mistero perduto, il mistero che ben conoscevano e vivevano i nostri nonni. Attraverso gli occhi del viandante che riesce a fare conoscenza con gli abitanti del luogo, sente l’odore dei sughi che ribolliscono nelle pentole, impara cosa sono gli Stortinomi (soprannomi) e si immerge pian piano in un mondo perduto.
Capossela è una sorta di “archeologo della memoria”, che riporta alla luce dei ricordi ancestrali che ci appartengono ma che non possediamo per via diretta. Egli stesso infatti dichiara che questa terra l’ha sentita, ma non l’ha vissuta. Infatti Vinicio Capossela è nato ad Hannover e i suoi genitori erano migranti. Eppure riesce a mettere insieme dei pezzi della “memoria del sangue”, una cosa ben più profonda e che appartiene a ciascuno di noi. E riordina questi pezzi in un libro, affinché tutti, attraverso la maschera del viandante, riescano a godere dell’ospitalità di questo mondo ancestrale.
La copertina
La copertina de Il paese dei coppoloni è stata realizzata da Rocco Briuolo e raffigura uno spaccato della vita del paese. In questo spaccato però si può vedere un orologio: quell’orologio è fermo dalle otto è venti del ventitré novembre del 1980, giorno in cui il terremoto distrusse l’Irpinia. Quell’evento scosse quella terra anche metaforicamente, ponendo fine al mondo contadino.
Addentrandosi man mano nel libro si scopre la realtà della mitologia e fra quelle righe si riesce a respirare l’eredità di Ernesto De Martino e di Carlo Levi. Dal primo Capossela prende in prestito una frase: Soltanto chi ha un villaggio nella memoria può fare un’esperienza cosmopolita. Ed è proprio questo villaggio della memoria che vuole aiutarci a far trovare Vinicio Capossela con Il paese dei coppoloni, vuole farci trovare quelle radici che forse molti non vogliono neanche ricordare.
Il paese dei coppoloni al monastero delle Trentatré
Il refettorio del monastero era pieno fino all’ultima fila per la presentazione del libro, ma Vinicio Capossela è riuscito a farsi strada con il passo umile che lo contraddistingue, il cappello da “Lupo di mare” in testa e tanta voglia di raccontarsi.La presentazione è avvenuta il giorno 13 giugno, per la rassegna Un’altra galassia, rassegna dedicata al mondo della letteratura.
Quando poi ha firmato le copie de Il paese dei coppoloni ha parlato col pubblico ascoltando gli aneddoti che pian piano gli venivano raccontati, firmando e timbrando qualche centinaio di volumi e accettando anche un sorso di vino che gli è stato offerto. I suoi occhi da bambino hanno conquistato un po’ tutti, così come la sua semplicità e la sua umanità. Speriamo dunque che molti riescano a diventare “viandanti” in questo paese dell’Irpinia grazie a questo libro, magari recuperando le proprie radici e dei ricordi che altrimenti andrebbero perduti.
Luigi De Maria