Napoli-Cervinara rappresenta un itinerario misterico, fatto di simbologie e segrete corrispondenze che raggiungono i luoghi più remoti. L’interesse per la simbologia e i suoi misteri ci ha resi, in più di una occasione, viaggiatori curiosi da un angolo all’altro della Campania. Come gitani, nomadi senza dimora, abbiamo intrapreso un lungo pellegrinaggio nella nostra amata Terra, alla scoperta di luoghi e simboli della nostra cultura. Campania felix, regione del sole, del buon cibo, delle abitudini che stentano a morire, e…regione di simboli!
Napoli, uno sguardo al volto esoterico
Il fascino esoterico dell’altra Napoli, la città che palpita all’ombra del Vesuvio, che brulica di mistero e mistiche presenze, continua ad eccitare le nostre menti, quando bazzicando nei vicoli, tra il rumore della metropoli e gli odori dei cuoppi fritti, ci imbattiamo in simbologie ignote, messaggi indelebili su pietra, nascosti, ma liberamente godibili.
Il turista di Galleria Umberto sarà rapito dalle vetrine scintillanti, dai raggi del sole che si infrangono sul pavimento. Tuttavia, gli basterà alzare lo sguardo per scoprire un mondo inesplorato: un tempio di simboli, il nido di una antica conoscenza occulta. Dalle colonne all’esterno, simbolo dell’uomo e della dualità, ma anche della Massoneria, in quanto poste all’’ngresso del Tempio di Salomone, alla cupola all’interno, il cui tamburo è sapientemente ornato con il simbolo della Stella di Davide. Un simbolo arcano, carico di significato esoterico, che rappresenta tradizionalmente l’equilibrio tra le forze cosmiche del Fuoco e dell’Acqua. Un simbolo la cui collocazione non è affatto casuale, se si considera che la Galleria Umberto è sede storica della massoneria napoletana, indicata con una targhetta al numero 27.
Accenneremo soltanto alla sequenza enigmatica di Aversa, ritrovata nella sacrestia della Chiesa di Santa Maria a Piazza, già analizzata in un altro articolo, per ricollegarci alla serie di simboli che qui si intende esaminare. Una catena di simboli alchemici o una scrittura criptica, il mistero sembra ancora irrisolto.
E proprio mistero, è la nostra parola-chiave…
Cervinara, un’origine leggendaria
Secondo la leggenda il toponimo Cervinara deriva da un tempio dedicato dai Romani alla dea Cerere, chiamato Cereris Ara. Altre ipotesi etimologiche fanno riferimento alla presenza di cervi, che un tempo abitavano le nostre montagne, per cui “terra di cervi”; per tale ragione l’animale venne assunto come stemma del paese. Lo scrittore Alfredo Marro riporta nel suo libro Cervinara, storia di dodici secoli altre due ipotesi interessanti: la prima, riguarda la presenza di alcuni insetti, i cervi volanti o «cervi in aria», presenti nelle paludi; la seconda, si ricollega alla presenza di una cantina volta alla conservazione del vino, la cella vinaria, o ad una terra con abbondante coltivazione di uva, che avrebbe prodotto un buon vino.
Una supposizione pressoché leggendaria fa risalire la fondazione di Cervinara al 673 di Roma, anno della distruzione del Caudium da parte di Lucio Silla «sulle vestigia di un tempio dedicato a Cerere, dea delle messi.»
Da Montella, si ricava la notizia che, dopo la distruzione del Caudio, furono edificati, nei pressi dei tre tempi dedicati alle divinità di Bona dea, Ercole e Cerere, alcuni paesi, tra cui Cervinara. Una seconda tesi si fonda sull’origine longobarda del paese, quando, tra il IX e il X secolo d.C., la popolazione germanica si era insediata nel Sannio e Benevento era diventata capitale del ducato. Ne sarebbe testimonianza il Castello eretto alle falde del Monte Pizzone, intorno alla località Castello, ai fini difensivi. Tuttavia, l’ipotesi maggiormente accolta dagli studiosi fa risalire la nascita di Cervinara in concomitanza con la diffusione del monachesimo, molto attivo nelle zone della Valle Caudina. Inoltre, questa tesi trova spiegazione anche nella forte presenza delle istituzioni religiose all’interno del paese; oggi si contano, infatti, all’incirca una decina di chiese dislocate su tutto il territorio.
Il palazzo dei simboli
Nella frazione Ferrari si erge il «Palazzo della Marchional Corte», come lo definisce Barionovi. Il Palazzo Marchesale, in seguito alla sua edificazione intorno al Cinquecento, fu ampliato e ristrutturato per ordine di Francesco Caracciolo, a cui appartenne dal 1607, prima di passare nelle mani della famiglia Del Balzo.
La facciata del Palazzo è costellata di numerosi simboli, che hanno attirato l’attenzione di una studentessa, Simona De Nicolais, che, nella sua Tesi di laurea in Architettura, interpreta come segni appartenenti alla tradizione massonica. L’analisi della studentessa parte dall’Archipendolo:
«Questo è il gioiello del Maestro Venerabile, ovvero della figura più importante nella gerarchia massonica, e si trova in facciata insieme ad altri simboli fino a questo momento descritti come rosoni a carattere geometrico astratto.»
I simboli andrebbero a decodificare un messaggio rivolto a tutti coloro che intendono percorre il cammino dell’illuminazione, cioè ai prescelti in grado apprendere una conoscenza segreta. Scrive De Nicolais:
«Colui che desideri percorrere il cammino che dalla creazione porta all’illuminazione dovrà mantenersi puro, avere buona volontà ed equilibrare se stesso ascoltando le ragioni del cuore e quelle della mente»
Anche il ricercatore irpino Marco Di Donato conferma l’ipotesi di un riferimento a maestranze massoniche, soprattutto in merito alla presenza dell’archipendolo.
Il nostro obiettivo in questa sede è quello di rintracciare un parallelismo tra i simboli trovati sulla facciata del Palazzo cervinarese con quelli che si addensano in Napoli e dintorni, ricreando una sorta di itinerario misterico, che contribuisce a sottolineare il velo esoterico che avvolge l’intera regione.
Osserviamo i simboli scolpiti sulla facciata del Palazzo, rivolta verso l’antistante Piazza Regina Elena:
È interessante come la sequenza scolpita richiami i simboli ritrovati nella sacrestia di Aversa. Si tratta di un’osservazione di certo suggestiva, ma che non possiamo fare a meno di riportare. L’idea di una simbologia alchemica scolpita nel soffitto della sacrestia di Santa Maria a Piazza era giunta passando in rassegna una serie di Tavole Alchemiche, dalle quali si ricavava una simmetria con tali simboli.
La sorpresa ancora più grande è notare come questi segni alchemici, aceto, acido, antimonio, sale armoniaco, fuoco di ruota, si riscontrino anche sulla facciata di un Palazzo appartenuto ad un membro di una delle famiglie più nobili di Napoli. Dunque, la corrispondenza che si è voluta qui riproporre non intende smentire o sovrapporsi agli studi degli esperti, ma deriva dalla curiosità, tanto di chi scrive quanto di chi legge.
«La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere.» (Plutarco)
Giovannina Molaro
Bibliografia:
A. Marro, Cervinara, storia di dodici secoli, Edizioni Il Caudino, 2010
S. De Nicolais, Il restauro del Palazzo Marchesale “Caracciolo del Balzo” di Cervinara, Tesi di Laurea, a.a. 2004/2005
Sitografia:
http://www.lacooltura.com/2015/06/aversa-e-lenigma-dei-simboli/
http://www.lacooltura.com/2015/05/galleria-umberto-un-tempio-di-simboli/