Quando si ha tutto alla fine non si ha più nulla da desiderare. Più o meno è quello che è capitato ad Harold (Bud Cort), diciottenne proveniente da una famiglia agiata, la cui vita non sembra per lui avere alcuno senso, circondato da un mondo superficiale condito di cene e balli insignificanti.
Accogliendo lo spettatore mentre si cimenta in una delle sue attività preferite, Harold si fa trovare nel salone appeso al soffitto con una corda, apparentemente morto. Come è possibile, il protagonista è già morto? Al contrarie, il finto suicidio non è altro che uno dei soli modi per il ragazzo, di sentirsi vivo e per dare dimensione alla sua vita piatta.
Capiamo subito che non è la prima volta che il signorino si diletta in questi finti suicidi poiché la madre, agghindata come una perfetta donna borghese alle prese con impegni mondani, entrando nel salone si impressiona poco e niente alla vista del figlio impiccato al centro della stanza.
In fondo, come spiega Harold al suo psicologo durante una delle loro sedute, i circa quindici tentativi di suicidio erano stati fatti proprio “contro” sua madre… quindi la povera donna ormai ci aveva fatto il callo a questi particolari divertissements del figlio.
Harold e Maude, pellicola del 1971 diretta da Hal Ashby, risultato della mente creativa di Colin Higgins, inizialmente progettato come una sceneggiatura, venne pubblicata anche sotto forma di romanzo. Trattandosi di una commedia dai toni un po’ dark, il film al momento della sua uscita nelle sale hollywoodiane non ebbe l’apprezzamento sperato… ma i veri geni si apprezzano col tempo, infatti è soltanto nel 2000 che esso si aggiudica un posto tra gli AFI 100 Years… 100 Laughs, i 100 film più divertenti del cinema statunitense.
Vi presento Maude
Per ora abbiamo parlato di Harold e delle sue eccentriche passioni ma dal titolo del film capiamo che lui non è il solo protagonista della storia, dunque chi è questa Maude?
Nelle vesti di un’arzilla settantanovenne, Ruth Gordon è Maude, la nuova e unica amica di Harold. “Cos’è che ti dà una particolare sollecitazione?” è la domanda che il terapista pone ad Harold durante una delle loro prime sedute, “Andare ai funerali” è la risposta secca del ragazzo. Proprio ad una di queste cerimonie, che ovviamente non provocano le stesse sensazioni in altri ragazzi dell’età del protagonista, Harold incontra Maude, che pare avere gli stessi gusti in fatto di passatempi.
Maude, che potrebbe facilmente svolgere il ruolo di nonnina, non possiede nessuna delle usuali caratteristiche anzi sostituisce il lavoro a maglia con la pittura e la scultura, il furto di auto alle passeggiate nei parchi, la creazione di oggetti bizzarri come gli “odoriferi”, una sorta di incenso inalabile con una specie di macchina per l’aerosol, con le passeggiate nei parchi.
Sì, una vecchina arzilla e stravagante per la sua età, ma in fondo cos’è l’età se due persone stanno bene insieme? Come una guida spirituale, Maude insegna ad Harold ad apprezzare la vita e tutte le magnifiche cose che essa offre, confessandogli che il suo mantra è quello di perseguire prima ciò che ci rende felici e poi di pensare alla morale. Carpe diem! – direbbe Robin Williams.
Sulle note della musica di Cat Stevens seguiamo il percorso evolutivo del giovane ragazzo che tra balli, picnic all’aria aperta, fughe in macchine, inizia ad apprezzare effettivamente la sua esistenza. E in maniera un po’ bizzarra, così come in realtà tutta la storia, i due protagonisti trovano l’una nell’altro l’anima gemella. Il loro però è un amore di breve durata in quanto Maude decide di prendere dei barbiturici il giorno del suo ottantesimo compleanno, l’età giusta, a detta sua, per lasciare la sua vita terrena.
Concludendosi purtroppo con un alone un po’ nero, siamo comunque consapevoli che una nuova speranza e una nuova luce avvolgono un Harold ormai cambiato.
Anche se potrebbe apparire come il semplice frutto di una mente estrosa, questa commedia è in realtà un monito sottile alla società che, già dagli anni settanta, si andava formando. Perché Maude, rivolgendosi ad un poliziotto, afferma che il problema degli impegni governativi, dunque del potere governativo, è che rendono le persone troppo zelanti e “non si è più se stessi”. Ma non è la stessa cosa con un mondo che vuole imporre stereotipi ed idee? Sembrerebbe di sì, dato che l’unico personaggio effettivamente pieno e soddisfatto dalla vita è questa donna anticonformista.
Mettiamola infine in questo modo, non è per nulla sbagliato abbracciare talvolta la nostra stravaganza, quindi, non ci resta che decidere come mostrarla al mondo.
Celia Manzi