Ci si ritrova ancora una volta dinanzi agli occhi grandi della lucida follia, ancora a discutere di quanto labile sia il confine tra pazzia e genialità, di quanto becero e profondo possa essere l’animo umano. La prima cena a lume di candela con la pazzia ricorda il lontano (ma non tanto) 1991, anno di uscita di uno dei film tra i più premiati nella storia del cinema americano, vincitore di cinque premi Oscar come miglior film, miglior regia (a cura di Jonathan Demme), migliore attore (Anthony Hopkins), migliore attrice (Jodie Foster) e miglior sceneggiatura (curata da Ted Tally): Il silenzio degli innocenti.
Il silenzio degli innocenti: Hannibal Lecter e la sua lucidissima follia
La storia di Hannibal Lecter è narrata in ordine sparso: Il silenzio degli innocenti è solo il film esordio della saga che comprende Hannibal, Red Dragon e Hannibal Lecter – Le origini del male i cui anni di uscita sono rispettivamente 2001, 2002, 2007. L’ultimo dei quattro racconta cronologicamente l’inizio della vita di Hannibal.
Ma è così che gli spettatori l’hanno conosciuto sul grande schermo: con le braccia disciplinatamente poste lungo il corpo, dritto, posto al centro della stanza, con i capelli elegantemente pettinati all’indietro ad attendere Clarice, giovane recluta dell’FBI.
Il silenzio degli innocenti inizia con l’incontro tra il Dottor Lecter e Clarice, proseguendo poi con il tentativo di quest’ultima di strappare dalla bocca del medico il nome di un serial killer che continua ad ammazzare donne seguendo degli schemi sconosciuti agli occhi degli investigatori, tentativo che si rivelerà complicato in quanto Hannibal si dimostrerà un vero uomo di parola ma la “piccola, piccola, coraggiosa” Clarice dovrà aguzzare il suo ingegno e ricorrere a tutte le forze in suo possesso per risolvere il suo caso.
Al di là della vicenda l’aspetto più interessante del film e della saga tutta è il profilo che emerge del dottore.
Un uomo gentile e distinto, intollerante e irritabile dinanzi alle scortesie, dotato di un’ottima memoria che sostituisce la sua cattiva vista e gli permette di creare disegni dettagliatissimi che appende alle pareti della sua minuscola e blindatissima cella di pietra.
Un uomo dai gusti culturali raffinati, amante dell’ottima musica classica e dell’arte, uomo dotato di una cultura vasta e di un intelletto geniale.
Ed ecco, è proprio questo il punto, il suo intelletto geniale gli consente di creare particolari situazioni mai prevedibili, scrutate doviziosamente in ogni minimo dettaglio per fare sempre combaciare i cocci distrutti di un vaso, persino i più piccoli ed insignificanti.
Si parla della follia di un uomo che punisce, in un certo senso, le sue vittime mai senza ragione.
Ogni sua azione, sua parola o crudele tortura è una di quelle portate ricercate, accompagnate sempre da una delicata salsa intrisa di razionalità ed un vino rosso di sangue.
L’interpretazione magistrale di Anthony Hopkins è fondamentale ai fini dell’autenticità e la credibilità del personaggio.
I suoi occhi di ghiaccio si tingono di tinte tetre ad ogni sguardo, pieno della malizia di chi sa come andrà a finire, di chi sa che la fine è vicina ma per arrivarci usa le strade più impervie.
I suoi modi di fare, la sua compostezza nel corpo e nel volto, soprattutto, lasciano emergere tutta la lucidità tipica di quel personaggio, la lucidità di chi durante la degustazione di una lingua (umana) conseguente ad un omicidio, non ha mai superato gli ottantacinque battiti cardiaci al minuto, aspetto che sarà anche ripreso nel quarto film della saga, quando il giovane Hannibal sarà sottoposto alla macchina della verità ma i risultati saranno quelli di un equazione il cui totale è zero.
Forse è proprio grazie alla vastità della sua cultura e all’elevatezza del suo genio che il confine tra genialità e follia si assottiglia sempre più, è la sua elegante coerenza a reggere la razionalità delle sue azioni.
Un personaggio dotato di un fascino intramontabile, sempre fiero e controllato, mai vulnerabile.
Un killer, un assassino le cui debolezze, come spessissimo accade, non sono mai ritornate a baciare il pelo dell’acqua come rifiuti, e magari è proprio questo dettaglio a fare di lui un personaggio intrigante.
La fotografia del film è sicuramente buona, molti sono i primi piani e i primissimi pronti sempre ad inquadrare gli occhi gravidi di Hannibal.
La sceneggiatura è così buona che caratterizza ancor di più ogni personaggio, lasciandogli vestire i proprio panni senza far una singola piega.
È un film assolutamente da vedere, dunque, ma da scrutare ed osservare per comprendere e capire, un film che va divorato accompagnato dalla visione (non sempre) appetitosa delle altre pellicole della saga.
Corinne Cocca