Un’analisi del concetto di inconscio collettivo e di archetipo: che ruolo assumono nel pensiero di Jung e quale ricaduta hanno nel pensiero contemporaneo?
La figura di Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero vissuto tra il 1875 ed il 1961, si è rivelata fondamentale in questi anni non tanto per quanto riguarda il pensiero filosofico quanto per il pensiero comune.
Termini come “estroverso” ed “introverso” da lui coniati sono entrati a far parte del linguaggio comune e la sua concezione della psiche umana, grazie alla sua ricchezza di riferimenti al pensiero gnostico, medievale e rinascimentale, colpisce moltitudini anche tra chi non s’intende di psicologia ed è oggetto di discussione fin nei circoli religiosi. Proprio questa caratteristica del pensiero junghiano, capace di affascinare grandi numeri di persone, rischia di svuotare questo stesso pensiero del suo senso primo, quello di teoria psicologica.
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Uno dei concetti che più corre questo rischio è il concetto di inconscio collettivo e dei suoi archetipi, che per via della sua complessità può venire interpretato arbitrariamente da alcune correnti di pensiero.
Jung: un mistico? No
Lungi dal voler essere una visione mistica, l’inconscio collettivo affronta un problema empirico: esistono o meno forme inconsce universali?
Jung soppesa l’idea dell’esistenza di un inconscio collettivo già dal suo lavoro Simboli della trasformazione del 1911, in cui analizzando le fantasie di una paziente Jung allude all’esistenza di “immagini primordiali”, motivi presenti nei sogni come nei miti e nelle favole.
Nel 1919, in Istinto e inconscio, Jung conia finalmente il termine archetipo (da arché, principio, origine, e typos, forma, od immagine) con cui si riferisce a forme dell’intuizione esistenti a priori che con gli istinti costituiscono l’inconscio collettivo, gli istinti essendo impulsi inconsci a comportamenti specificamente umani, gli archetipi forme inconsce di percezione ed intuizione specificamente umane. Ciò che accomuna fondamentalmente istinti ed archetipi è di non essere acquisiti individualmente bensì ereditariamente, da qui la definizione di “collettivo”.
L’inconscio collettivo va così distinguendosi in negativo dall’inconscio personale, scoperto da Freud e poi adottato come unico inconscio esistente anche da Adler, che constava solo contenuti che un tempo erano stati consci ma sono stati poi rimossi andando a formare i famosi complessi. La psicologia personale, sostiene Jung, deve però accettare l’esistenza di un inconscio collettivo poiché gli stessi Freud ed Adler non possono negare l’esistenza di istinti a priori comuni all’intera umanità.
Gli istinti […] sono forze motrici specificamente formate, che, molto prima che esista un qualsiasi grado di coscienza, e nonostante il grado di coscienza raggiunto in seguito, perseguono i loro scopi intrinseci. Essi assumono, di conseguenza, analogie così strette con gli archetipi, che vi sono in verità buone ragioni per supporre che gli archetipi siano le immagini inconsce degli istinti stessi, in altre parole, che essi siano “modelli di comportamento istintuale”. L’ipotesi dell’esistenza dell’inconscio collettivo non è, perciò, più audace dell’assunto secondo cui esistono gli istinti.
L’energia psichica degli archetipi
In Tipi psicologici, lavoro fondamentale del 1921, Jung spiega come gli archetipi concentrino in sé delle grandi quantità di libido (energia psichica) che determinano l’esistenza dell’individuo e sono percepibili attraverso l’osservazione di rappresentazioni simboliche.
Esiste un archetipo per ogni situazione tipica che l’esperienza umana ha impresso nella costituzione psichica collettiva come “forme senza contenuto” che rappresentano la possibilità di un certo tipo di percezione ed azione. Queste forme vanno ad attivarsi ogni volta che si presenta una situazione che corrisponde all’archetipo ma un malfunzionamento di questo meccanismo – un’opposizione della coscienza oppure una grave debolezza della stessa – genera secondo Jung od un’incontrollata esplosione di energia od una nevrosi.
Seguire la strada della psicologia personalistica che tenta di negare a tutti i costi l’esistenza di tali motivi archetipici può recare il grave pericolo di ignorare fenomeni psicologici di natura sociale come il revival di forme politico-religiose arcaiche durante gli anni dei totalitarismi europei.
Questi eventi, insieme alla nascita di un forte interesse verso le religioni orientali e neo-pagane, denotano un riemergere di archetipi dell’inconscio collettivo che se non compresi rischiano di liberare quelle quantità distruttive di energia psichica che recano in sé e che sono state tenute a bada in epoche passate che conoscevano bene la pericolosità degli archetipi poiché avevano ancora la possibilità di esperirne il potere attraverso dei simboli di cui oggi si è però perso il senso.
Simboli tradizionali e archetipi, rapporti che si deteriorano
L’archetipo non può essere rappresentato da simboli che, ampiamente elaborati a livello cosciente, hanno ricevuto un proprio contenuto indipendente riempiendo quel vuoto di contenuto che è appunto l’archetipo.
Per questo motivo sono vani i tentativi di società a stampo iniziatico che tentano di ridare potere a tali simboli attraverso una loro spiegazione od un percorso che dovrebbe recarne una fantomatica comprensione intuitiva; proprio perché sono collettive tali rappresentazioni – anche le più segrete – perdono potere per tutti gli individui nello stesso momento proprio come un tempo lo hanno acquisito e non vi è maniera alcuna di riannetterle individualmente all’archetipo la cui apparizione diretta in sogni e visioni è sempre personalissima e tanto più potente quanto più ingenua ed incomprensibile e dunque incomunicabile, non trasmissibile da alcun “illuminato” di livello superiore a capo di comunità di risvegliati che viste dall’interno somigliano ad una riproposizione in piccolo delle società totalitarie che marciavano compatte sotto svastiche e disegni di aquile.
Divenire coscienti
Davanti a tale prospettiva, Jung intravede una possibilità per l’uomo di confrontarsi con l’inconscio collettivo. Senza negarne l’esistenza o costringerla in rappresentazioni rese impotenti dalla reificazione bisogna affrontare il processo del divenire coscienti, poiché in definitiva non sono gli archetipi a portare disagio ma la resistenza o l’arrendevolezza dell’uomo ad essi.
Di questo processo di presa di coscienza, Jung individua quattro archetipi fondamentali: Persona, che corrisponde alla parte esteriore, la maschera, della personalità umana; Ombra, ossia gli aspetti psichici incompatibili con l’equilibrio cosciente; l’Anima per l’uomo o l’Animus per la donna, vale a dire la parte interiore della psiche che si manifesta sotto forma di controparte sessuale; Il Vecchio Saggio, che rappresenta il principio spirituale e dello sviluppo.
Tali archetipi saranno l’oggetto del prossimo articolo.
Giovanni Marco Ferone
Fonti
Bibliografia: C.G. Jung, Simboli della trasformazione, 1952; Id., Gli archetipi dell’inconscio collettivo, 1934-1954; Id., Il concetto di inconscio collettivo, 1936; Id., Tipi Psicologici, 1921. (Tutti i testi sono pubblicati da Bollati Boringhieri)