Sono ancora in corso le trattive al vertice di Vienna tra il gruppo 5+1 – i paesi del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania – e l’Iran, a cui partecipa anche l’Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini.
Nei giorni scorsi sembrava che fosse vicino un accordo su tutte le questioni tecniche lasciate in sospeso nel vertice di Losanna dello scorso Aprile. Tre mesi di intesi contatti e colloqui non sono stati sufficienti a dirimere i contrasti tra l’Occidente e l’Iran. Lo stallo riguarda principalmente le ispezioni militari internazionali ai siti iraniani di arricchimento dell’uranio.
Una richiesta specifica di Israele, alleato stretto degli Stati Uniti d’America, rimasto scontento per l’accordo parziale di Losanna e per le eccessive aperture dell’amministrazione Obama verso il governo del leader moderato Rohani. Anche l’Arabia Saudita, storico alleato statunitense nel Golfo arabico nonché maggior fornitore di petrolio, ha manifestato il suo disappunto nel voler trattare ad oltranza con Teheran. La disputa tra i due stati per l’egemonia nella penisola arabica e Medioriente è all’ordine del giorno, specialmente dopo l’intervento saudita nello Yemen.
Obama ostenta sicurezza e tranquillizza i suoi storici alleati nell’area, nonostante Teheran non riconosca ancora lo Stato d’Israele. Nella sua agenda politica, la questione del nucleare iraniano è una priorità strategica. In primo luogo perché c’è bisogno di assicurarsi che l’Iran non si doti di armi atomiche e, inoltre, gli Stati Uniti hanno bisogno di raggiungere risultati tangibili in Medioriente, dopo i fallimenti e i ripensamenti sulle azioni in Siria e Iraq.
Il braccio di ferro tra Stati Uniti e Iran
I tempi sono stretti: Obama vuole presentare i termini del risultato al Congresso giovedì ma il tempo stringe e Teheran non sembra voler cedere. È stato però raggiunto un accordo sulla cosiddetta revoca scadenzata delle sanzioni che porterà ad un alleggerimento immediato delle sanzioni finanziarie e la fine delle sanzioni internazionali, imposte dal Consiglio di Sicurezza. Pare sia stato raggiunto un ulteriore compresso riguardo la questione di un ripristino delle sanzioni nel caso di mancato rispetto dell’accordo da parte iraniana: i negoziatori sarebbero concordi nell’istituire un comitato di esperti internazionale, deputato a sorvegliare sui progressi iraniani e a riferire al Consiglio di Sicurezza.
I nodi irrisolti riguardano le ispezioni militari internazionali: il governo iraniano, tramite il suo Ministero degli Esteri, Zarif, sembra non voler cedere alle richieste del gruppo 5+1, che darebbero agli ispettori dell’AIEA l’accesso ai siti militari sensibili per il rispetto dell’intesa, qualora si raggiunga.
Nei giorni scorni è arrivata anche la minaccia da parte di John Kerry, Segretario di Stato statunitense, di poter abbandonare il vertice se Teheran non farà ulteriori passi in avanti per raggiungere un’intensa. Un eventuale accordo porterà maggiori benefici economici per l’Iran, stretto dalla morsa delle sanzioni, e ridisegnerà anche i rapporti e il quadro geopolitico in tutto il Medioriente – non senza polemiche – soprattutto dal punto di vista saudita e israeliano.
Se il governo moderato di Rohani è da tempo disposto ad essere meno intransigente e più aperto al dialogo per giungere ad una storica intensa, non può dirsi lo stesso dell’ayatollah Ali Khamenei, Leader Supremo dell’Iran, che tuona: “Bisogna evitare decisioni che danneggini i nostri progressi scientifici“.
Insomma, abbiamo davanti una situazione fortemente in stallo che potrebbe risolversi in un nulla di fatto a causa del nodo ispezioni, andando così a compromettere i progressi fatti fino ad ora da entrambe le parti – ONU+Germania e Iran. La situazione verrebbe dunque riportata al punto di partenza: un clima teso e caldo, forse impossibile da poter raffreddare nuovamente.
Marco Di Domenico
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