Kill Bill di Quentin Tarantino: my baby shot me down

Bang bang, my baby shot me down… In una maniera del tutto insolita ci viene presentata la protagonista della pellicola, Black Mamba (Uma Thurman), durante la prima scena del film. La vediamo infatti in una chiesa vestita da sposa, fin qui tutto normale, purtroppo a terra, imbrattata di sangue e con una pallottola in testa.

Nessuno si aspetterebbe che La Sposa, così verrà chiamata per tutto il film dalla voce narrante, si sarebbe presentata al volante di un Pussy Wagon e avrebbe iniziato un combattimento mortale con la proprietaria di una delle casette residenziali della città di Pasadena.

Nato da un’idea di Quentin Tarantino e Uma Thurman durante le riprese di Pulp Fiction, Kill Bill vol. 1 esce nelle sale cinematografiche nel 2003, circa nove anni dopo ed è concepita come la prima parte della serie che si concluderà nel 2004 con Kill Bill vol. 2. La pellicola, inizialmente pensata come un film unico, venne poi suddivisa, su suggerimento del regista, per evitare che ne venissero tagliate delle scene.

La storia portata in scena racconta la missione vendicativa di una sposa tradita dalle sue ex colleghe di lavoro della squadra delle Vipere Mortali e dal suo capo Bill Gunn (David Carradine), la versione cattiva di Charlie delle Charlie’s Angels, e quasi ammazzata durante il giorno del suo matrimonio.

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Capitolo 2: la sposa imbrattata di sangue

La Sposa, risvegliatasi dopo ben quattro anni di coma, si ritrova all’improvviso non solo con l’atroce realtà di aver perso tutto ciò che amava durante quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita, ma anche con il fatto di essere stata, durante tutto questo tempo, l’oggetto sessuale di maniaci semi-necrofili. Un risveglio un po’ insanguinato contando che il “povero” pervertito di turno piuttosto che un’incosciente biondina si ritrova davanti una sorta di lupo che gli azzanna la lingua.

Di certo non ne è consigliabile la visione durante la cena ma lo sappiamo, Tarantino è fatto così e per questo ci piace. In effetti, se non possiamo proprio parlare di splatter bisogna comunque dire che il regista si dà da fare per rendere ogni scena la più sanguinosa possibile, partendo con combattimenti a mani nude con un climax di violenza che culmina con il duello con le spade.

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Servendosi di uno schema narrativo già sperimentato in Le Iene, Tarantino non segue un processo cronologico lineare ma propone le varie scene del passato e del presente ognuna con un propria numerazione e titolo. Quindi se il tutto era iniziato con il Capitolo 1: 2 e con l’uccisione di Vernita Green (Vivica A. Fox), nota come Testa di rame nel campo criminale, è soltanto successivamente che scopriamo gli antecedenti della storia.

Così solo più tardi ci viene raccontata la nascita della spada samurai che, realizzata dal maestro di Osaka, Hattori Hanzo, servirà per iniziare la missione che vede come prima vittima O-Ren (Lucy Liu), spietato e glaciale capo della Yakuza di Tokyo. E nel Capitolo 5: Resa dei conti nella casa delle foglie blu, Tarantino sazia tutta la sua fame di sangue e violenza, costringendo la Thurman a combattere prima con le guardie del corpo di O-Ren, tra cui Gogo, probabilmente l’adolescente più disturbata con cui si potrebbe imbattere, poi con tutta la schiera dei suoi scagnozzi, i quali, più che far paura, ricordano vagamente le Tartarughe Ninja con le loro teste pelate e le mascherine sugli occhi.

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A dir la verità quando O-Ren si rivolge a Black Mama dicendole “Sciocca bambolona questo gioco non fa per te” non poteva essere così in torto visto che sarà proprio lei a farle lo scalpo imbrattando di sangue un idilliaco e innevato giardino giapponese che sicuramente non era stato progettato come un ring.

Sebbene non sia presente l’umorismo leggero proprio di Pulp Fiction, non possiamo dire che Kill Bill non abbia del divertente, partendo già dal fatto che una donna con una spada e una Death List Five (è davvero necessaria una lista per ricordar cinque persone da uccidere?) che viaggia in aereo ha del comico e del paradossale.

Ecco che dopo le prime sue due vittime La Sposa, con una bella placca metallica nel cranio, si reca alla ricerca dei suoi carnefici, perché si sa, “quello che, forse dovremmo dire chi, non ti uccide ti fortifica”.

Celia Manzi