Un progetto ambizioso o presuntuoso?
Trama inalterata, rifacimento in chiave moderna e rispetto verso quello che è stato un capolavoro che ha segnato un’epoca e verso un regista che ha influenzato un’intera generazione di cineasti, sarà questo alla base del progetto dell’AMBI Group, ovvero girare un remake nientemeno che di uno dei prodotti artistici italiani più apprezzati a livello mondale e che ha dato forma ad un periodo storico, stiamo parlando del film La dolce vita, diretto da Federico Fellini e presentato a Cannes nel 1960, un film che anche attraverso un cast memorabile e un modo di raccontare il periodo del boom economico italiano in un modo del tutto innovativo, aveva segnato un punto di svolta per il cinema italiano ed europeo. A questo punto ci si ritrova sempre di fronte alla domanda che si pongono i cinefili, i critici e gli amanti del cinema in genere: quanto conviene veramente mettersi alla prova andando a riprendere un film così importante sia per sue stesse caratteristiche sia per l’impatto che ha avuto? Non sarebbe forse un atto presuntuoso o peggio, un modo per fare soldi mettendosi a fare i maestri di cinema?
Alla fine Francesca Fellini ha ceduto. Fino ad ora, infatti, la famiglia Fellini aveva sempre detto no alle centinaia di richieste pervenute negli anni riguardo la possibilità di girare un remake del capolavoro del maestro romagnolo. Ora i diritti de La dolce vita non appartengono più agli eredi del regista romagnolo. Il film cult del cinema italiano sarà proiettato ancora una volta sul grande schermo. Dopo tanti tentativi, la nipote di Federico è stata conquistata dal progetto presentato da Daniele Di Lorenzo, Andrea Iervolino e Monika Bacardi di Ambi Group, casa di produzione italoamericana.
Queste le parole della nipote di Federico Fellini, Francesca Fellini: “Daniele, Andrea e Monika hanno un progetto bellissimo e, considerando il loro patrimonio culturale italiano, la loro profonda approvazione e comprensione del lavoro di mio zio, credo siano i più adatti a questo ruolo”, ha spiegato l’erede in un comunicato. I tre hanno in mente una versione moderna della storia raccontata dal regista romagnolo e dai protagonisti Marcello Mastroianni e Anita Ekberg. “La nostra sarà una versione contemporanea, commerciale, iconica e meritevole di riconoscimenti ufficiali come è stato La dolce vita“, ha aggiunto Andrea Iervolino che ha anche assicurato tutti che tutti gli elementi che hanno reso la pellicola un film di culto ci saranno e resteranno invariati. Di Lorenzo produrrà tramite la sua Ldm Productions mentre la Ambi, che ha sede a Los Angeles, si occuperà anche della distribuzione mondiale del film.
Non solo La dolce vita
La dolce vita non sarebbe l’unico caso di opera-capolavoro presa dai ricordi del passato e riadattata ai tempi presenti, spesso secondo una logica presuntuosa e commerciale, piuttosto che artistica, senza togliere il merito a qualcuno che pur fallendo, abbia cercato in qualche modo di onorare in maniera sincera uno dei propri maestri ideali: è il caso di Psycho dell’ex cineasta indipendente Gus Van Sant, chiaramente un remake del film del maestro del brivido Hitchcock. Un film, quello di Van Sant, che ricevette molte critiche, ma anche qualche apprezzamento. Un film, comunque, che seppur apprezzabile, sarebbe sempre stato un film omaggio e niente di più. Ci sono poi altri casi in cui la logica commerciale è stata più forte del sincero rispetto, è il caso del remake americano di Solaris, film del regista sovietico Andrei Tarkovskij, uno dei film più intimisti e più espressivi dell’arte di Tarkovskij, che fu trasformato da Steven Soderbergh in un americanata hollywoodiana da far sparire negli oceani di Solaris.
Non sono mancati però casi in cui il remake sia risultato un’opera apprezzabile se non anche un lavoro di alto livello; basti pensare a Cape fear di Scorsese, che insieme ad una memorabile interpretazione di Robert De Niro, è riuscito ad offrire una visione diversa di quello che era stato Il promontorio della paura. C’è poi il caso particolare di film come Scarface, per il quale Brian De Palma trasse ispirazione dall’originale di Howard Hawks del 1932, che in termini di popolarità ha sicuramente superato il proprio “padre”.
Ciò che però differenzia La dolce vita rispetto ad altri film o anche ad alcuni di quelli prima citati, è il fatto che esso sia il film descrittivo di un periodo storico, uno squarcio di realtà in un’atmosfera felliniana che nel bene o nel male, ha saputo cogliere gli aspetti di quella società italiana, che dal punto di vista artistico, aveva in parte abbandonato il neorealismo e che nella vita di tutti i giorni, si avviava verso gli anni sessanta, conosciuto come gli anni del boom economico e di maggior benessere percepito dalla popolazione italiana. Sembra dunque un azzardo questo progetto ed è lecito porsi la domanda: è possibile realizzare una versione moderna di un film che sembra in tutta la sua magnificenza così legato a quel periodo? Ci troviamo forse di fronte all’ennesimo lavoro di presunzione legato a mere logiche commerciali? Intanto, sperando nelle buone intenzioni dei produttori e nel fatto che possano nutrire un vero rispetto e sincera ammirazione nei confronti di un maestro di cinema, non ci resta che aspettare ulteriori notizie, con la consapevolezza che un lavoro del genere, possa essere realizzato non solo da grandi nomi, ma anche da grandi amanti del cinema che non infanghino i nomi di quelli che hanno contribuito a creare uno dei più grandi miti italiani di sempre.
Roberto Carli