Il matrimonio è sempre stato un “rituale” caratterizzato da regole e tradizioni. A Napoli, in particolar modo, si è sempre stati particolarmente legati alle usanze. Quali erano le primissime usanze matrimoniali? E quali sono quelle di oggi ? Cosa resta degli antichi riti degli sposi ? Scopriamolo insieme.
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Gli sposi nel Medioevo
Nel Medioevo, c’erano specifici riti che gli sposi dovevano rispettare.
La prima singolare usanza era che lo sposo, entrato nella stanza nuziale, doveva dare alla sposa una fetta di cotogna, mentre lui si sarebbe occupato di benedire gli angoli della stanza con un ramo d’ulivo immerso nell’acqua santa. La scuola salernitana, fondata nel 1150, infatti, consigliava alle ragazze di mangiare mele e pere prima del coito.
Il secondo rituale medievale era che gli sposi dovevano adagiarsi sul letto sotto lo sguardo di parenti e amici, che dovevano testimoniare che alla cerimonia era realmente seguito l’accoppiamento, e la stessa Chiesa, per il principio che il matrimonio è perfetto solo dopo l’unione corporale, dava la benedizione agli sposi seduti sul letto cosparso di fiori, nel quale veniva posto anche un bambinello per indicare lo scopo per cui essi si univano.
La terza consuetudine era quella che la suocera doveva regalare alla sposa la camicia da indossare la prima notte d’amore. Alla moglie poi era riservato sempre il lato sinistro, se questo si trovava vicino alla porta, il letto veniva girato perché spettava all’uomo la sorveglianza della porta.
Sotto il letto, poi, la suocera metteva un cestino con la biancheria, in modo che la vergine avesse potuto pulire la ferita causata dalla rottura dell’imene. Infatti, un’altra usanza era quella del pannum sanguinolentum. La sposa infatti era costretta a mostrare sia ai genitori che ai suoceri la “prova” che era rimasta vergine fino al matrimonio: così doveva esibire loro il panno insanguinato con cui si era pulita. Il panno veniva addirittura steso all’aperto, bene in vista, affinché le vicine di casa non avessero da ridire. L’esibizione del pannum sanguinolentum era consueta anche in tribunale, come prova che il matrimonio era stato consumato per carnis copulam.
Si giudicava male la ragazza che non giungeva vergine alla prima notte di nozze. Esiste una storiella napoletana che racconta di un uomo che non aveva trovato la sua sposa vergine. Colmo d’ira, gridò: «Bene, qualcosa devo rompere o stracciare questa notte, dato che la vulva e l’ano lo sono già !». Ciò detto, afferrò un bastone e fracassò la testa della donna.
Nonostante queste usanze siano, per l’appunto, medievali, se si fa un giro per Napoli chiedendo a donne anziane, ci si può bene accorgere che alcune usanze, tra le quali quelle del pannum sanguinolentum, si sono mantenute a Napoli almeno fino agli anni ’60 del Novecento! Questo perché ne sono state protagoniste sia le donne anziane vissute negli anni Sessanta, sia, a volte, le figlie vissute negli anni Ottanta. In particolar modo, i riti che si sono mantenuti dal Medioevo fino al Novecento sono quelle del dono da parte della suocera della camicia o comunque di un oggetto prima della notte di nozze, e poi quella dell’esibizione del panno a genitori e suoceri.
Fortunatamente, negli anni 2000 questi riti sono ormai scomparsi.
Superstizioni tra passato e presente
Si è già detto sopra che era uso portare con sé un oggetto regalato. Oggi gli usi vogliono che la sposa, nel giorno del suo matrimonio, porti 5 oggetti fortunati :
–una cosa nuova: simboleggia la nuova vita che sta per iniziare per gli sposi (un capo di biancheria intima o l’abito stesso);
–una cosa vecchia: simboleggia il passato, che si lascia alle spalle. La sposa deve portare con sé un oggetto proprio del passato per non dimenticare l’importanza del passato nel nuovo cammino che si va ad intraprendere (da un fermaglio per capelli ad un gioiello);
–una cosa prestata: simboleggia l’ affetto delle persone care che rimangono vicine in questo passaggio dal vecchio al nuovo, deve essere una persona cara a prestare quest’oggetto;
–una cosa regalata: simboleggia l’affetto dei familiari;
–una cosa blu: simbolo di sincerità e purezza da parte della sposa. Oggi molto usata è la giarrettiera decorata con un nastrino blu.
La scelta del giorno (dal passato al presente)
Quando sposarsi ? Ebbene sì, esiste anche tutta una tradizione che dice quali sono i mesi in cui è più opportuno sposarsi.
Per la scelta del mese in cui celebrare il rito c’è un’antica tradizione:
Gennaio è mese che porta affetto, gentilezza a fedeltà;
Febbraio, epoca degli amori e degli accoppiamenti, è il mese migliore per prendere la fatale decisione;
Marzo promette sia gioia che pene;
Aprile invece promette soltanto gioie;
Maggio non andrebbe scelto per nessuna ragione, anche se in realtà è uno dei mesi più gettonati;
Giugno: gli sposi avranno la fortuna di viaggiare molto, per terra e per mare ed è anche il mese dedicato a Giunone, la dea che protegge l’amore e le nozze;
Luglio annuncia fatiche e lavoro per guadagnarsi la vita;
Agosto assicura che la vita sarà ricca di cambiamenti;
Settembre coprirà gli sposi di ricchezze e allegria (tuttavia, c’è un proverbio antico antitetico che dice “sposa settembrina o vedova o meschina”);
Ottobre vuol dire molto amore, ma il denaro stenterà ad arrivare;
Novembre porta felicità;
Dicembre assicura alla coppia amore eterno.
Sembra che sia fondamentale la scelta del giorno della settimana in cui sposarsi: una tradizione indica che il lunedì reca buona salute, dato che questo giorno è dedicato alla luna, astro e dea delle spose;il martedì porta ricchezza sicura; il mercoledì è assai propizio; il giovedì reca dispiaceri alla sposa; il venerdì pare che porti disgrazia; il sabato è il giorno che la maggior parte delle coppie sceglie per sposarsi, per ovvie ragioni, mentre la superstizione popolare lo indica invece come il giorno più sfortunato. C’è poi un altro proverbio che porterebbe ad escludere come giorno del matrimonio sia il martedì che il venerdì: “Di Venere e di Marte né si sposa né si parte”.
La serenata e il banchetto: la festa degli sposi
In molti paesi campani è ancora viva l’usanza della “serenata”, pioniere di tutti è il piccolo centro di Teora, in provincia di Avellino. Qui la sera prima del matrimonio il futuro sposo usa recarsi sotto il balcone dell’amata in compagnia di cantori locali per dedicarle canzoni d’amore in attesa che lei accenda la luce e si affacci al balcone, questo viene interpretato come il suo “si” pubblico e da lì la festa procede fra canti e buon cibo, di solito offerto dai genitori di lei.
Ogni anno i primi di Agosto si svolge il Festival della Serenata, dove cinque balconi adornati da fiori ospitano altrettante fanciulle in attesa dei loro amati, alla fine ogni ragazzo dovrà scalare il balcone e portare una rosa rossa in dono d’amore, in cambio gli sarà concesso un bacio.
Infine, e non per ultima, viene l’usanza del grande e lungo banchetto nuziale: in genere, dopo che gli sposi fanno il giro col fotografo per farsi le foto per l’album, si inizia a pranzare con tutti gli invitati in un lussuoso ristorante verso le 14.00 del pomeriggio, a volte anche verso le 15.00. Il banchetto può durare, per chi lo richiede, anche fino a tarda notte.
In realtà, oggi i matrimoni non durano più un’eternità come avveniva fino a 10 anni fa (infatti, i matrimoni più semplici terminano già alle 20 di sera), tuttavia, c’è chi, legato alla tradizione, si rivolge a ristoratori che mettono a disposizione le loro ville o ristoranti per cerimonie lunghissime e indimenticabili. Si può ricordare l’ormai famoso “boss delle cerimonie”.
Don Antonio Polese è chiamato “il boss delle cerimonie” e dà il nome all’omonimo reality che va in onda su Real Time: nel suo castello di Sant’Antonio Abate realizza i sogni di tutti gli sposi napoletani che desiderano una festa lunga e sfarzosa. Cinquanta mila mq di superficie (quasi sei volte un campo da calcio), un centinaio di dipendenti (dal fiorista al cake designer), due feste di matrimonio celebrate al giorno con banchetti di oltre 400 invitati, torte che raggiungono anche gli otto piani. Sono questi (alcuni) dei numeri da capogiro de La SonRisa, sontuoso e ambito «regno nuziale» – chiamato comunemente «il castello» -, di don Antonio Polese, che assieme alla figlia Imma e al genero Matteo da oltre vent’anni organizza le feste di nozze più sfarzose all’ombra del Vesuvio.
Altre curiosità
Altri riti tipici del matrimonio napoletano sono:
-Lancio del riso, soldi e confetti agli sposi;
-Giro per le strade del paese con taglio dei nastri e sosta ai tavolini;
-Esposizione del corredo;
-Festeggiare la promessa (la “pubblicazione” come si dice in gergo);
– Lo sposo non vede l’abito della sposa e viceversa;
– La mattina delle nozze specchiarsi senza un orecchino o senza una scarpa;
– Farsi preparare il primo letto da alcune donne vergini;
– Lancio del bouquet e della giarrettiera!
Ci sono poi simpatici proverbi come:
‘A femmena nun se sposa ‘o ciuccio pecché le straccia ‘e lenzole – La donna non sposa un asino solo perché le straccia le lenzuola.
Mogghie e vuoje d’ ‘o paese tujo – Variante di «moglie e buoi dei paesi tuoi».
O patrone songh’io, ma chi cumanna è mia moglie – Il capo famiglia sono io ma chi comanda è mia moglie!
Per una conclusione:
Al di là di tutti i riti e le usanze, l’unica cosa che davvero conta per un matrimonio felice è l’amore. Solo se ci si sposa per amore, il matrimonio risulterà felice: le superstizioni non sono altro che un modo per nascondere tale evidenza.
Raffaela De Vivo
Bibliografia:
A. MARAUCCI, Nessuno è innocente, TiPubblica, 2013.
Sitografia:
http://www.fieredeglisposi.it/tradizioni-superstizioni-matrimonio.html
http://www.lemienozze.it/organizzazione-matrimonio/regione/regione_campania.php
http://www.convoliamo.com/curiosita-superstizioni-matrimonio.php
http://www.vanityfair.it/show/tv/14/01/10/il-boss-delle-cerimonie-intervista-foto-real-time