Currents non è il classico disco che ci si aspetta nel 2015, ma neanche i Tame Impala sono la classica band moderna: ecco la nostra recensione.
Non ci sono solo canguri in Australia, ma anche tanta bella musica: tra tutti spiccano i Tame Impala, una band composta da cinque componenti (di cui solo tre lavorano nello studio di registrazione, mentre gli altri due componenti si uniscono alla band nei live) guidata da Kevin Parker. Il loro successo deriva da Innerspeaker, album d’esordio datato 2010 che li vede protagonisti di un favoloso tour mondiale, con l’album che diventa il quarto più venduto sul territorio australiano. Nel 2012 esce Lonerism, seconda fatica dei Tame Impala che ricalca le orme del primo album: il mood è molto semplice (si fa per dire), ossia un groove che ricorda i Beatles unito ad un moderno psychedelic rock (genere di cui abbiamo già parlato qui) . Il 17 luglio 2015 è uscito Currents, che ora andremo a recensire:
Si parte subito con Let it Happen, una canzone disco vintage che richiama lo stile dei Daft Punk, mentre The Moment ha quel ritmo così perforante che quando finisce senti una mancanza, un vuoto che viene subito colmato da Yes I’m changing, che dà tanto la sensazione di un lento talmente vintage che sarebbe stato perfetto da ballare in una festa in discoteca anni ’80 . Eventually ha un sound che ricorda il tanto osannato Innerspeaker, con la forza delle chitarre a sporcare il sound mistico del gruppo australiano.
http://https://www.youtube.com/watch?v=GHe8kKO8uds
Atmosfere eteree, synth costantemente accesi, disco da ascoltare con massima attenzione per non cadere nell’errore di etichettare i Tame Impala come retrogradi e nostalgici di suoni che non esistono più. Currents ha il pregio di riassumere in meno di un’ora i molteplici stili che hanno segnato un’era musicale, in linee generali quei sound che incalzavano tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’90. Ma chiamarlo semplicemente un tuffo negli anni ’80 sarebbe inesatto, perché, pur mantenendone atmosfere, pervade la sensazione di realtà e di contemporaneità nei testi.
Gossip, The Less I Know the Better e Past Life scorrono lisce con i rispettivi beat incalzanti e l’effetto è come un’assunzione di acidi, ma non per questo c’è disordine, anzi: la sensazione è che tutto sia al posto giusto, che tutto è dove dovrebbe essere, si nota una cura maniacale per i dettagli. La parte centrale del disco quindi scivola nell’anima, con tantissime citazioni degli anni ’80, come Really in Motion. In Love/Paranoia sembra quasi impossibile credere che non ci sia lo zampino dei Daft Punk, dei migliori Daft Punk. Si chiude con la galvanizzante New persone same old mistakes, questa volta con una tonalità che richiama i vecchi tempi, ed un basso malizioso che abbandona la strada del funk leggero per chiudere l’album nel migliore dei modi, con una piccola dose di modernità.
Tame Impala: un percorso nuovo?
Il disco piace tanto alla critica, un po’ meno ai fan della band australiana che chiedevano appunto il ritorno al sound di Innerspeaker (qui l’ottima recensione della famosa rivista NME), CD che ha fatto entrare i Tame Impala nella storia della musica australiana. Ma avevano voglia di sperimentare, di rischiare tutto con un’evoluzione desiderata, certamente non necessaria ma giusta, e poco importa se ai concerti ci sarà meno concretezza e più atmosfere oniriche: la musica psichedelica che si intreccia con il vintage soul non è da etichettare come musica trash.
La rivincita, o meglio la rinascita della musica psichedelica, molte hit estive (nonostante in Australia imperversa una nevicata record in queste settimane), fresche, un vortice di elettronica e suoni che esplodono nella mente dell’ascoltatore, con un ritmo che ha del magnetico, che rende felici chi sceglie di esserne travolti.
Chiamatelo synthpop, chiamatelo white disco funk, chiamatelo psychedelic pop, ma fareste meglio a chiamarli Tame Impala.
Voto: 4,5/5
Traccia consigliata: The Moment, Love/Paranoia
http://https://www.youtube.com/watch?v=Yls-SHA6wDg
Diego Sbriglia