Lorenzo Lotto appartiene alla grande generazione di pittori veneziani che annovera Giorgione, Tiziano, Palma il Vecchio e Pordenone, la sua attività però si svolse in gran parte lontano dalla sua città natia, tra Treviso, Bergamo e le Marche. Il corpus dei suoi quadri consta di circa centotrenta opere, per lo più pale d’altare, quadri devozionali e ritratti, ai quali vanno aggiunti tre cicli di affreschi di tema sacro.
Lorenzo Lotto fu un artista aperto a diversi influssi e uno sperimentatore, tanto nelle scelte stilistiche che in quelle iconografiche: uomo inquieto e per molti versi misterioso, si mostra nelle sue opere capace di straordinarie invenzioni poetiche e di una sensibilità, che possiamo definire moderna.
Il luogo e la data di nascita dell’artista ci sono noti grazie al suo testamento del 25 marzo 1546 (il quarto redatto, ma l’unico che conosciamo), in cui egli si definisce “pictor veneziano” di circa sessantasei anni: si pone quindi la data di nascita all’incirca al 1480, ma purtroppo nulla sappiamo della sua famiglia e delle sue origini, se non il nome del padre, Tommaso.
La prima opera nota di Lorenzo Lotto è conservata ancora oggi al Museo di Capodimonte di Napoli ed è la “Madonna con il Bambino e San Pietro Martire”, datata 1503 e firmata “L.LOTUS.P.”. La tavola risale al primo periodo passato a Treviso dell’artista e la maggior parte degli studiosi concorda nell’affermare che si tratta di un’opera realizzata per la committenza del vescovo Bernardo de’ Rossi: un ex voto voluto dal prelato come ringraziamento per essere scampato ad un attentato. L’opera risulta negli inventari della famiglia Farnese a Parma nel 1650, ed è per questo motivo che oggi abbiamo la fortuna di poterlo ammirare a Napoli, dove la maggior parte delle opere della famiglia furono trasferite. Ancora a Capodimonte possiamo ammirare il ritratto del committente di quest’opera realizzata dallo stesso artista nel 1505 circa. I ritratti del Lotto sono di manifattura straordinaria e sui volti è possibile scorgere ogni difetto o particolare della persona raffigurata, così come nel bellissimo “Ritratto di giovane con lucerna” del Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Tra le opere più belle, e allo stesso tempo complesse, di questo artista ricordiamo il “San Gerolamo” del Louvre. La discussione critica sulla committenza e la destinazione di questo dipinto è molto accesa: non tutti gli studiosi infatti sono concordi nel ritenere che si tratti di un quadro devozionale, proponendo un primo utilizzo come coperto di un altro quadro (come era uso dell’epoca). A prescindere dalla questione della committenza, siamo dinanzi ad un’opera notevole: il santo è rappresentato nella sua condizione di eremita in un paesaggio arido e solitario, dominato dai toni scuri della vegetazione, e la drammaticità della scena è addolcita solo dalla luce tenue del tramonto che intravediamo sullo sfondo.
Agli anni dieci nel 1500 risale il trasferimento a Recanati dove l’artista realizza una delle pale d’altare più note in Italia: il “Polittico di Recanati”, la cui commissione risale al 1506 per la chiesa di San Domenico. Qui Lotto, probabilmente su richiesta dei committenti, utilizza lo schema quattrocentesco del polittico, ma con una novità: l’idea di una scena unitaria ottenuta grazie alla costruzione architettonica che finge nei tre pannelli inferiori uno spazio voltato a botte e aperto verso l’esterno. Qui, così come nel “San Girolamo”, i critici hanno visto un grande influsso di Durer, visibile soprattutto nell’impostazione generale dell’opera e nei volti dei santi.
Dopo gli anni trascorsi a Recanati, il Lotto si trasferì a Roma, dove fu chiamato dal papa per collaborare insieme ad altri artisti alla decorazione del Palazzo Apostolico. A introdurlo nell’ambiente artistico della città pontificia fu probabilmente Donato Bramante, che pochi anni prima era stato nelle Marche per lavori al santuario mariano di Loreto. L’unica traccia certa dell’attività romana di Lotto è costituita dai documenti che attestano due pagamenti avvenuti tra il 7 marzo e il 18 settembre 1509, anche se non è ben chiaro in cosa consistette l’attività dell’artista nel Palazzo Vaticano. Nel 1513 Lotto si trasferì nuovamente, questa volta a Bergamo, città che lasciò solo nel 1525 e dove il suo ultimo incarico furono gli affreschi di alcuni episodi della Vita della Vergine nella cappella absidale della chiesa di San Michele al Pozzo Bianco. L’artista fu quindi a Venezia, poi Treviso e infine nella sua ultima dimora, Loreto.
Lorenzo Lotto ha lasciato opere di un valore inestimabile per la storia dell’arte italiana, dai numerosi ritratti alla celebre “Annunciazione”, divenuta anche il manifesto della bella mostra che nel 2011 è stata allestita presso le Scuderie del Quirinale a Roma. La moderna fortuna critica di Lotto ha avuto inizio nel 1895 quando Bernard Berenson scrisse la prima monografia dedicata a questo magnifico artista. Il punto più importante della pittura di Lotto, così come della sua vicenda umana, è la sua profonda sensibilità, che si trasforma quasi in un’ansia spirituale, e che tanto affascina gli amanti della’arte.
Manuela Altruda