Gioiello trecentesco, la Cappella degli Scrovegni si erge austera nel centro storico di Padova. Poema pittorico di straordinaria bellezza che porta la firma di Giotto.
Vita e opere
Ghiberti e Vasari tracciarono il profilo biografico e artistico del Maestro, osservatore attento della natura. Giotto superò il maestro Cimabue, diventò autonomo e fu circondato da collaboratori avidi di apprendere la sua maniera. L’attività artistica di Giotto si dipana tra Roma, Firenze, Rimini, Assisi, Padova, Bologna e Napoli. A Padova ottiene la commissione del ciclo di affreschi della Cappella di proprietà di Enrico Scrovegni, facoltoso banchiere padovano.
Le fonti sulla cappella Scrovegni
Le fonti raccontano che Enrico, schiacciato dai sensi di colpa perché suo padre Reginaldo in vita fu usuraio, nel 1300 fece erigere la cappella privata. Sebbene sia facile subire il fascino delle leggende, le ambizioni del committente sono perfettamente in linea con le ambizioni politiche e culturali del comune di Padova, a quel tempo in lotta con Venezia. Sacello e mausoleo familiare, intitolato alla Vergine Annunziata, la cappella ospita il genio artistico del Maestro che vi lavora tra il 1302 e il 1305. Si ignora l’identità dell’architetto. Probabilmente lo spazio, tutt’altro che esiguo (lungo m. 20,88, largo m. 8,41, alto m. 12,65) , fu progettato da Giotto. La cappella è coperta da una volta a botte stellata divisa in due piani perfettamente uguali, comprendenti l’immagine della Vergine e del Redentore.
Gli affreschi e le pitture
Gli affreschi si articolano in un triplice registro pittorico, diviso in sei riquadri per lato sopra uno zoccolo di finto marmo, narranti le storie di S. Gioacchino e di S. Anna, della Vergine e di Cristo. Il visitatore è protagonista di un viaggio spirituale verso la salvezza che si conclude con il Giudizio Universale, accompagnato a destra dalle allegorie dei Vizi e a sinistra dalle Virtù cardinali e teologali.
Le pitture giottesche non sono meramente decorative ma creano e valorizzano lo spazio architettonico.
Giotto fornisce un quadro spaziale esaustivo in cui gli episodi evangelici prendono vita, intuendo soluzioni prospettiche che verranno sviluppate solo nei secoli successivi. Un esempio pratico è dato dalla casa di S. Anna, presentata come una scatola prospettica, in cui mobili e suppellettili sono posti diagonalmente in modo da presentare lo spazio in profondità.
La maestria pittorica di Giotto consente la realizzazione del primo trompe-oeil della storia: due coretti racchiusi rispettivamente in una volta a crociera da cui pende un lampadario cilindrico di metallo. Le crociere, dotate sul fondo da eleganti bifore, scaricano idealmente il peso su colonne di marmo bianco con capitelli corinzi.
Il Maestro indaga fisionomie, gesti e stati d’animo dei personaggi rappresentati; lo spettatore incontra scene affollate e pullulanti di sentimenti differenti tra di loro. L’uomo percorrendo lo spazio della cappella prende gradualmente coscienza della fragilità del suo animo ed è messo di fronte all’ineluttabilità del potere di Dio espresso nell’episodio del Giudizio Universale. Sotto una cornice di finto marmo troneggia Cristo Giudice in mandorla, circondato da angeli e ai lati siedono i dodici apostoli.
Caos e terrore dominano lo spazio in basso a destra dove sono rappresentati i peccatori divorati dal demonio per le loro malefatte, a sinistra i beati attendono ordinatamente l’ingresso in Paradiso. Al centro a sinistra della croce, accanto ai beati, si scorge il committente Enrico vestito di viola inginocchiato ed intento a porgere alla Vergine il modellino della cappella.
Il viaggio spirituale nella cappella degli Scrovegni termina con la consapevolezza dello straordinario genio artistico di Giotto che come racconta Boccaccio fu una delle luci della fiorentina gloria.