Se mai doveste trovarvi in una tipica abitazione statunitense – diciamo in una casa di una famiglia di media condizione – sappiate che non sareste fino in fondo americani finché il fortino di reti e telefilm della tv via cavo a stelle e strisce non vi sommergerebbe. E se mai vi fosse già successo, insomma, il 23 agosto non vi sareste sicuramente persi la premiere della nuova serie zombesca Fear The Walking Dead che, sulla stessa scia della più nota quasi omonima, muove lungo lo sconvolgimento morale e sociale dell’essere umano durante l’apocalisse zombie.
Un format che sa di ‘già visto’, ma che in realtà distanzia di parecchio l’impostazione ormai del serial originario (sicuri che sia proprio uno spin-off?). In Fear The Walking Dead, infatti, i personaggi sono calati in un universo spazio-temporale che precede la diffusione del virus e non in medias res; il nuovo serial, infatti, insiste sul più agognato tra i punti deboli della serie madre, e cioè l’aver tenuto sempre nascosti particolari tanto importanti come quale sia stata l’origine del morbo, quale il soggetto zero, quali le reazioni dell’umanità di fronte ai primi contagi, quali i segnali dalle autorità o da altri paesi.
Fear The Walking Dead, ripercorrendo il pilot…
Dopo appena due puntate, invece, Fear The Walking Dead sembra voler rispondere ad almeno un paio delle esigenze dei fan e, paradossalmente, anche dei detrattori. Divorziato e con un figlio, Travis Manawa (Cliff Curtis) insegna inglese alla Paul R. Williams High School, dove ha conosciuto e preso come sua nuova compagna la consulente scolastica Madison Clark (Kim Dickens). A carico i due hanno la vita della bellissima Alicia (Alycia Debnam Carey), nonché dello stralunato Nick. Siamo in una chiesa dismessa dei quartieri periferici di Los Angeles e il giovane interpretato da Frank Dillane (vedi Harry Potter e il Principe mezzosangue), tossicodipendente e pecora nera della famiglia, si sveglia di colpo nel bel mezzo (egli pensa) di un’allucinazione e sorprende Gloria, la ragazza con cui dormiva, chinata su un corpo di un uomo esanime, mentre lo divora. È il soggetto zero, il primo zombie. E non lo sa ancora nessuno. Lo stesso Nick, uscito dalla chiesa in preda al panico e ai postumi della droga, ha un incidente e finisce dritto in ospedale. Se raccontasse davvero cosa ha visto forse risulterebbe pazzo anche a se stesso; evidentemente, però, ciò che ha visto esiste davvero. E ben presto inizieranno ad accorgersene tutti, dal lungimirante Tobias ai meno creduloni membri delle forze dell’ordine che, con molto realismo, tendono ad insabbiare tutto.
“Nel profondo Nord, a sessanta gradi sotto zero, non si sfida la natura. O le conseguenze saranno rapide e definitive.” (Il richiamo della foresta, 1903)
Dati alla mano, in più, non si può non tener conto del grande interesse destato dalla serie, in nome del quale – con ogni probabilità – verrà mantenuto alto il livello di sharing fino alla fine delle prima stagione. A questo punto bisognerebbe aspettare almeno l’anno prossimo e la seconda stagione, senza trarre conclusioni affrettate fin da ora. E cosa farsene di 10,1 milioni di telespettatori, di cui 6,3 solo nella fascia d’età 18-49, se si rischia di diventare tanto la costola di un prodotto ormai affermato e in drastica caduta rispetto alle prime uscite, quanto un semplice banco di prova aperto al divertimento degli autori. Al momento, però, poiché di Fear The Walking Dead si potrebbe anche dire si tratti di un prodotto singolarmente valido e slegato dalla serie madre, la platea potrebbe addirittura dividersi ed aiutare una a mettere i bastoni fra le ruote all’altra. Insomma, ripetersi non fa quasi mai bene, e lo sgancio contenutistico di Fear The Walking Dead potrebbe durare così poco da fare dell’idea di raccontare il mondo prima (e non dopo) l’invasione solo un tentativo zoppo e maldestro. Seguire The Walking Dead, d’altronde, significa dimenticarsi del titolo così come delle sue vecchie definizioni di action series. Sappiamo quanto bisogni dare attenzione ai rapporti umani, ai dolori, ai cambiamenti dei personaggi (ed è questo un tratto distintivo di entrambi i serial); tuttavia, l’auspicio è che un giorno non si debba finire a guardare una puntata dell’una come se fosse una replica dell’altra.
Nicola Puca
Fonte immagine in evidenza: www.telefilm-central.org