“Prima dovrete viaggiare e percorrere una strada lunga e accidentata, una strada irta di pericoli”.
A detta dell’indovino non si prospetta un cammino semplice quello progettato da Joel ed Ethan Coen per i tre galeotti appena sfuggiti al braccio della legge.
Everett Ulysses McGill (George Clooney), Pete Hogwallop (John Torturro) e Delman O’Donner (Tim Blake Nelson) dopo essere riusciti ad evadere dai lavori forzati intraprendono un viaggio insieme, legati più dalle catene ai piedi che da una lunga amicizia, per ritrovare un tesoro da un milione di dollari sotterrato da Everett vicino ad un fiume nel Mississippi.
Sulla scia delle vicende raccontate da Omero i tre iniziano un’odissea firmata dall’umorismo e dalla stravaganza dei fratelli Coen.
Fratello, dove sei? è la pellicola che, dopo l’uscita nelle sale cinematografiche nel 2000, frutta ben due nomination agli Oscar del 2001 e un Golden Globe a George Clooney come migliore attore. Non da meno è la colonna sonora che, rispolverando la storia della musica americana tra brani country, gospel e blues, si classifica come album dell’anno ai Grammy Awards 2002.
Fratello, dove sei? Il viaggio inizia
Ma andiamo alla storia. Come il vecchio indovino aveva predetto, vestendo quindi gli abiti del Tiresia di Omero, sarà ricca di pericoli la via che porterà loro alla ricchezza e sebbene non siano le mitologiche creature affrontate da Ulisse, il viaggio on the road dei tre fuggiaschi sarà provvisto di tutti i pericoli che l’America degli anni ’30 poteva fornire.
Tra politici corrotti e arrivisti, truffatori, la setta razzista del Ku Klux Klan e addirittura la comparsa del famigerato George “Baby Face” Nelson, rapinatore di banche e assassino, i due registi non disdegnano nessuno dei problemi che, un po’ causati dalla grave situazione economica del Paese, un po’ dalla coscienza temporaneamente obnubilata della popolazione, affliggevano l’America ai tempi della Grande Depressione.
Da donne dalla voce ammaliatrice che in realtà miravano alla taglia sulla testa dei tre evasi, si passa al Polifemo (John Goodman) travestito da venditore di Dio che finalmente può prendersi una rivincita sul furbo Odisseo. I protagonisti in questo modo incontrano e si scontrano con variopinti personaggi, alcuni che li accompagnano nel loro cammino, come Tommy (Chris Thomas King), il musicista che ha venduto l’anima al diavolo perchè “Tanto non la usavo”, divenendo, una volta salvato dalla follia religiosa del Ku Klux Klan, il quarto membro della band dei Soggy bottom boys.
Un po’ come Dorothy del Mago di Oz, Everett è scortato da due compari con la differenza che dello spaventapasseri Delmar non ha neanche l’astuzia mentre, rispetto al leone fifone, Pete è fin troppo aggressivo e impulsivo. Ciononostante i due restano legati alla loro Dorothy pur venendo a conoscenza che alla fine del viaggio ad attenderli non ci sarà nessun tesoro. Con la contraddistinta dote carismatica di Ulisse, Everett aveva ingannato i suoi seguaci per liberarsi e raggiungere la sua ex moglie in procinto di sposarsi di nuovo.
Effettivamente questa Penny moderna non spicca di fedeltà al marito come la Penelope che in dieci anni era riuscita a scampare a un matrimonio forzato con i proci, anzi, dopo aver chiesto il divorzio e informato le sei figlie della morte del padre, si accinge a legarsi con un ricco dallo sguardo tonto ma con grandi qualità di combattimento.
Insomma più che le vittorie di Ulisse, Everett non sembra che abbia che qualche soddisfazione illusoria, visto che anche dopo aver riconquistato la moglie, per le nozze ci saranno altri problemi.
Meritatamente George Clooney vince il Golden Globe nelle vesti di uno sfortunato Ulisse che subisce le pene dell’inferno in soli quattro giorni. Con un’espressione tra il furbo e l’ignaro a cui si rifarà probabilmente quando interpreterà Harry Pfaffer in Burn after reading, sempre dei fratelli Coen, l’attore ci ricorda anche il Danny di Grease dipendente dalla brillantina.
E con la visione di “una mucca sul tetto di una casa di cotone” descritta dall’indovino, l’odissea termina per i tre errabondi, lasciando noi con un sorriso sulle labbra e con la consapevolezza della genialità e originalità dei fratelli Coen.
Celia Manzi