Picasso diceva che si impiega moltissimo tempo a diventare giovani. Sembra un controsenso, eppure la pizza, che pure di anni ne ha 300, solo adesso sta diventando giovane, una vera e propria bambolina da vestire e conciare per ogni occasione. Comincia così l’intervista a Gianfranco Iervolino, maestro pizzaiolo che sta letteralmente incantando e deliziando palati di ogni sensibilità all’ombra del Vesuvio e non solo.
Il pizzaiolo resident di Palazzo Vialdo (sito in via Nazionale 981 a Torre del Greco) stupisce per la vulcanicità prorompente ed il modo deciso e sicuramente efficace di esprimere le proprie idee a 360° sul mondo della pizza. Nel corso dell’ intervista, più volte ho avuto l’impressione di trovarmi dinanzi ad una personalità sì narcisista, ma conscia delle numerose frecce al proprio arco e con un background di conoscenze, acquisite nel corso degli anni, che impressionano, aprendo la mente dell’ auditorium.
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Il Maestro Gianfranco Iervolino
Gianfranco Iervolino, nato il 13 maggio 1974 a Torre Annunziata, dopo un’infanzia spensierata da classico “scugnizzo-guappetto” napoletano (come ama ancora adesso definirsi), a 13 anni vive il primo dei dilemmi che la vita ci pone dinanzi: la scelta della scuola superiore. Quella che spesso viene sottovalutata, risulta essere a mio modo di vedere (ed anche per il ragazzo Gianfranco dell’epoca) una scelta cruciale: da quest’ultima dipende il proprio percorso di formazione, e di conseguenza l’humus che accoglierà le idee della maturità.
A volte sono le nostre inclinazioni a scegliere per noi: Gianfranco non ebbe dubbi, e scelse così di frequentare l’istituto alberghiero di Vico Equense nei quali insegnavano, tra gli altri, anche Cannavacciuolo e Barbaro, dando di fatto inizio ad una carriera di primissimo piano. Il tutto (e non è poco) intervallato dagli studi di musica con il grande Sergio Bruni, che al ragazzo Gianfranco permetteranno di distinguersi anche nell’ambito dello spettacolo (numerose saranno le comparse in Mediaset, ed in una di esse accompagnerà alla chitarra il napoletano Sal Da Vinci).
Tornando all’ambito gastronomico, da quella importantissima scelta tutto venne in modo consequenziale: prima il soggiorno di 3 anni in Inghilterra dopo la conclusione degli studi per apprendere la lingua ed aver modo di affinare la propria tecnica, quindi la decisione, da lui varie volte additata come l’esperienza che l’ha fatto crescere e maturare, di gestire una pizzeria a Pompei nel 2001, e la ricerca su impasti e tecniche di lievitazione successive ad essa. Di lì in avanti, è stato un crescendo sia a livello di risultati, che di riconoscimenti, in ambito nazionale e non.
Qual è stato il segreto di questa rapida, rapidissima escalation di risultati?
“Non mi interessa essere il primo, non ho mai avuto ambizione smodata ma ho mantenuto integra la mia umiltà. Voglio però essere tra i primi, sono fatto così. A casa o in altri ambiti posso anche essere negligente, ma la cucina è il mio mondo, il mio habitat: lì sono l’Einstein della pizza!”
Il ruolo moderno del pizzaiolo
Il mestiere del pizzaiolo, nell’ultimo decennio, è stato capace di acquisire la dignità e il rispetto che merita e avrebbe sempre meritato, nonchè di suscitare il sempre più vivo e accorato interesse della critica gastronomica. Si sono così aperte le strade del mondo gourmet, e la pizza che oggi molti locali propongono è spesso e volentieri (non sono rari gli scempi) una perfetta sintesi tra la concezione ancestrale della pizza e l’alta cucina.
Ma cosa ne pensa uno dei migliori interpreti di questa new wave?
“Fino a qualche tempo fa, per lo Stato Italiano quello del pizzaiolo non era nemmeno un mestiere: per loro eri un semplice aiuto cuoco, alla stregua di un ragazzo alle prime armi. I fasti odierni sono stati una diretta conseguenza dello studio e della ricerca sulle materie prime, sui panetti, sulle tecniche di lievitazione e di preparazione, e dei sempre maggiori standard qualitativi e di pulizia da ottemperare.
Io stesso, insieme al mio staff, sono stato tra i primi a battermi per la lievitazione dei panetti anche oltre le 24 ore, ho proposto qualche anno fa la prima pizza nera in Campania a “Le Strade della Mozzarella” (congresso gastronomico incentrato sulla Mozzarella di Bufala Campana DOP e sui prodotti italiani ndr) , ottenuta grazie ad un impasto al nero di seppia, ed è da anni che pongo l’attenzione sull’olio e sul recipiente atto a contenerlo: l’olio deve essere conservato in bottiglie di vetro, perché solo così rimane puro.
Il cibo è l’immagine di ciò che sei: il pizzaiolo è tenuto da un lato a rispettare la tradizione, ma dall’altro ha la facoltà di innovare, a patto che ciò che si fa sia sostanziato da uno studio attento e meticoloso. Siamo responsabili dell’esperienza sensoriale del cliente tout court e dobbiamo regalargli momenti unici, anche a livello meramente estetico: via i panni vecchi e sporchi, ogni volta bisogna indossare vestiti puliti! Questo è quello che vorrei trasmettere alle persone.”
L’esperienza personale
C’è da dire che al Vialdo ero già stato due volte, e già avevo avuto modo di saggiare l’ alveolatura dei cornicioni, la generosità nell’elargizione gli ingredienti del topping e la bontà degli stessi. La pizza di Gianfranco Iervolino stupisce, ammalia, conquista al primo morso. Il cornicione è alto, soffice, cavernoso, ed assolve perfettamente al compito di pulire la bocca tra una fetta e un’altra.
Le dimensioni della pizza in toto sono medie, non è piccola come le classiche pizze vomeresi ma nemmeno “a ruota di carro” come quelle nei pressi della Ferrovia a Napoli e di via dei Tribunali. Provate, quella sera, la Ottimismo (peperoncini verdi di fiume, salsiccia, fior di latte) e la Romana (ricotta, fior di latte, alici fresche e fiori di zucca): fantastiche, per sapore, consistenza e profumi emanati. Il boccone è ricco, e la mixture disco&topping si scioglie all’entrata del cavo orale.
Consiglio, quindi, oltre ai dolci vari e alle carte squisitamente ricche di vini e birre, il cavallo di battaglia del Vialdo: il Crocchettone. Vi sorprenderà.
Considerazioni finali
Il dovere di un buon ospite è quello di condurti per mano nel proprio mondo: è un compito difficile e periglioso, in cui serve grande abilità comunicativa, forte empatia e un pizzico di intraprendenza. Palazzo Vialdo e Gianfranco Iervolino sono così: ti guidano, ti mostrano qualcosa di sempre nuovo e meraviglioso, ed ogni volta che ci ritorni ti sembra come la prima volta.
Andrea Docimo