” Giotto. L’Italia ” è la mostra che chiude, al Palazzo Reale di Milano, il semestre dell’Expo e si propone di ripercorrere la carriera del mestro fiorentino.
Durante l’anno dell’Esposizione Universale di Milano, che oramai si avvia all’ultimo mese di attività, gli eventi collaterali volti a promuovere e a far conoscere il nostro Paese sono stati diversi; dallo spettacolo alla cucina, dal turismo sino all’arte. Proprio in quest’ultimo ambito si sono mosse sia fondazioni ed enti privati che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, organizzando percorsi e mostre su diversi temi tutti italiani.
La mostra più attesa del periodo è quella che dal 2 settembre scorso sino al 10 gennaio del 2016 nella cornice del Palazzo Reale di Milano, che riunisce 13 capolavori della maestria di Giotto di Bondone dal titolo “Giotto. L’Italia”.
La mostra che, come detto chiuderà il semestre Expò, risulta essere una cosa unica nel suo genere per l’artista a cui è dedicata e per una certa completezza che ne viene fuori, attraverso le opere esposte. L’intento è quello di raccontare la storia di Giotto attraverso il suo essere primo artista italiano che, muovendosi in gran parte della penisola, ha lasciato il segno e il solco verso un nuovo modo di concepire l’arte.
Il viaggio in Italia
Da Firenze a Padova, da Napoli a Rimini, da Assisi fino a Roma, il fiorentino nato nel 1264 ha cambiato il modo di concepire la figura dell’artista fino ad allora visto come il maestro di bottega che difficilmente lasciava il proprio paese per lavorare. Egli, al contrario, viaggia per curiosità sin dal primo viaggio a Roma; per poi conoscere il nord Italia lasciandoci gli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, lavorando nel Tempio Malatestiano di Rimini tra affreschi ormai perduti ed una croce tutt’ora nell’abside. Conosciamo tutti le sue opere fiorentine tra cui il meraviglioso crocifisso di Santa Maria Novella o le
tavole custodite nella Galleria degli Uffizi; a Napoli Giotto lavorò per re Roberto d’Angiò in Castel Nuovo e nella Complesso Monumentale di Santa Chiara. (qui Giotto a Napoli)
Ancor più nuovo è lo strascico che l’artista lasciò dietro di sè, anche mentre era all’opera, nelle varie città che lo videro in azione; il suo modo di lavorare che non prevedeva una vera e propria bottega dove potesse insegnare, fece si che i cantieri di lavoro fossero la scuola per i suoi collaboratori ed i seguaci che, man mano, iniziarono ad apprendere la sua arte sul posto. Fu così che Rimini, Padova, Napoli ebbero fino alla fine del ‘300 ed oltre i loro pittori detti “giotteschi”.
La mostra Giotto. L’Italia
È proprio questo che ” Giotto. L’Italia ” si pone di far capire ai visitatori: spiegare, attraverso la maestria di opere uniche, come il fiorentino influì sull’arte italiana dal ‘300 in poi.
Così tramite con il “Padre Eterno in trono” dalla Cappella degli Scrovegni di Padova, il “Polittico Stefaneschi” dipinto per la basilica di San Pietro a Roma, il “Polittico di Santa Reparata” di Firenze e il frammento della “Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo” e l’altra “Maestà della Vergine”, da San Giorgio alla Costa viene raccontato il periodo iniziale e centrale della carriera di Giotto. Sino ad arrivare agli ultimi anni vissuti tra Bologna con il “Polittico” omonimo e il “Polittico Baroncelli” dell’omonima cappella della chiesa di Santa Croce a Firenze.
Solo 13 opere per questa mostra, ma di grande valore artistico e per la prima volta esposte insieme a raccontare la storia del nostro Paese e di quello che è stato il precursore della più grande storia dell’arte del mondo.
Liberato Schettino