L’epoca del diavolo “ecclesiastico”, quello utilizzato come spauracchio dalla Chiesa in trattati quali il Malleus maleficarum, si estende dalla fine del XV secolo a tutto il secolo successivo; il diavolo letterario, invece, ha incontrato la sua maggior fortuna nel corso del 1800. Manifestazione estrema del Romanticismo, l’aspirazione all’infinito e il titanismo si accostano spesso alla creazione di personaggi “satanici” (la critica letteraria vi identifica il cosiddetto Satanic-byronic hero [1]) ispirati alla figura di Lucifero e all’affascinante Satana ribelle di Milton. In questo articolo trattiamo i casi degli inni a Satana di Giosué Carducci e Charles Baudelaire.
Indice dell'articolo
Il diavolo letterario tra topoi e poesia
La figura del ribelle romantico, divenuta un vero e proprio topos in tutte le sue varianti, dal bandito (come il Karl Moor dei Masnadieri di Schiller), al corsaro di Byron e agli anti-eroi neri dei romanzi gotici (Schedoni, Montoni, Ambrosio sono solo i nomi dei più celebri), non è però l’unica manifestazione “diabolica” nella letteratura ottocentesca. Alcuni celebri poeti dell’Ottocento hanno dedicato almeno una loro opera al signore del Male; e se Leopardi, che lasciò incompiuto il suo inno ad Arimane, si era rivolto ad una religione lontana, quella mazdeista, Charles Baudelaire e Giosuè Carducci osarono invece appellare il diavolo con uno dei suoi nomi cristiani: Satana. Questo Satana non ha più la fisionomia concreta del rivale di Dio, ma viene sempre più interiorizzato e concettualizzato.
Scrive Rosemary Jackson [2]:
Nel corso del diciannovesimo secolo, le fantasie strutturate intorno al dualismo -spesso variazioni del mito di Faust- rivelano l’origine interna dell’altro. Il demoniaco non è soprannaturale, ma è un aspetto della vita personale e interpersonale, una manifestazione di desiderio inconscio. In questa narrativa i temi dell’Io e del non-Io interagiscono stranamente.
Inno a Satana: l’anticlericalismo di Carducci
A te, dell’essere
principio immenso
materia e spirito,
ragione e senso […]
Carducci è noto soprattutto per il suo classicismo, dunque è sorprendente il fatto che abbia dedicato un inno niente meno che… al diavolo. L’inno fece ancor più scalpore all’epoca della sua pubblicazione negli anni ’60 dell’Ottocento, tanto da scatenare le cosiddette polemiche sataniche sul giornale di Bologna “il popolo” [3]. Non poteva essere accettabile, affermava Quirico Filopanti, che al popolo si desse in pasto una poesia inneggiante alla “personificazione di tutto ciò che osteggia la virtù ed il benessere degli uomini”:
nel suo insieme il vostro componimento non è poesia; è un’orgia intellettuale.
Ma è Carducci stesso a spiegare il senso dei suoi versi: quel Satana è un puro concetto, un’astrazione che significa Natura, ragione, progresso.
Del resto, tu non potevi non intendere a qual nume ineggiassi io. Tu l’hai detto: alla Natura. E alla Ragione: aggiunge il redattore del Popolo, Sì, ho ineggiato a queste due divinità dell’anima mia, dell’anima tua e di tutte le anime generose e buone: a queste due divinità che il solitario e macerante e incivile ascetismo abomina sotto il nome di carne e di mondo, che la teocrazia scomunica sotto il nome di Satana. […] Satana è il pensiero che vola, Satana è la scienza che esperimenta, Satana il cuore che avvampa, Satana la fronte su cui è scritto “Non mi abbasso”. Tutto ciò è satanico.
C’è una fortissima volontà anticlericale nel testo di Carducci: Satana è la materia che non dorme mai, è un bello e orribile mostro, il treno a vapore, che simboleggia l’inarrestabilità del progresso e il trionfo della ragione sull’ottuso rifiuto della modernità tipico della Chiesa.
È vero o non è vero che la chiesa cattolica, anzi tutte le chiese cristiane, ha ed hanno sempre maledetto e maledicono come orgoglio satanico, come opere e istigazioni diaboliche il libero pensiero, la scienza, i sentimenti umani e naturali, […] È vero o non è vero, che Gregorio decimosesto titolava d’invenzione diabolica il vapore? Dunque volete che tutto ciò sia Satana? E Satana sia. Viva Satana!
Les litanies de Satan: la blasfema parodia di Baudelaire
Ô toi, le plus savant et le plus beau des Anges,
Dieu trahi par le sort et privé de louanges,Ô Satan, prends pitié de ma longue misère! [4]
Questi sono i primi tre versi delle “litanie di Satana“, una delle tre poesie inserite nella sezione “Rivolta” dei Fiori del male. E proprio in una rivolta consiste questo testo, in cui il diavolo è di ascendenza tipicamente miltoniana: cos’è il ribelle per eccellenza, se non un rivoltoso?
Baudelaire crea una vera e propria liturgia satanica: la struttura della poesia rielabora, come una parodia, la litania Kyrie Eleison (tradotta in italiano come “signore, pietà”), e l’inno Gloria in excelsis Deo.
Perché Baudelaire invoca il diavolo?
Per rispondere a questa domanda, analizziamo gli appellativi volti a glorificarlo. Satana è il più bello e sapiente degli angeli, un “Dio privato di lodi e tradito dalla sorte” nella prima strofa; più avanti viene definito principe dell’Esilio, guaritore familiare delle angosce umane, e in seguito è caratterizzato come consolatore degli uomini sofferenti e protettore di tutti i miseri (gli esiliati, gli impiccati). Baudelaire insiste sull’ingiustizia della sua condizione: il diavolo, ingiustamente punito, diviene protettore di coloro che subiscono ingiustizie a loro volta.
In un articolo pubblicato sullo Spectator nel 1862 Swinburne, poeta e saggista inglese vicino all’estetismo, analizza i lavori di Baudelaire e lo affianca ai contemporanei Keats, Poe e Byron e al rivalutato Christopher Marlowe, che fu non a caso autore della prima opera letteraria sulla storia del dottor Faust [5]. Swinburne identifica nelle litanie di Satana la chiave per comprendere l’intera opera di Baudelaire: in effetti, non è solo il fascino dell’angelo caduto ciò che ha catturato Baudelaire; ciò che egli cerca è la volontà di un riscatto, di un rovesciamento. Nelle sue poesie, egli riscatta tutto ciò che fa orrore o ribrezzo, conferendogli dignità: allo stesso modo conferisce dignità ai miseri, agli abietti e, in ultima analisi, a Satana stesso, il principe degli esiliati. Non è affatto raro trovare riferimenti al diavolo nei suoi testi, ma le litanie assumono un significato portante e rivelatore: il poeta, misero e bistrattato, si identifica con Satana e lo assurge a proprio protettore.
Carducci e Baudelaire, con i loro inni al diavolo, ci offrono due volti dell’Ottocento: il progresso tecnologico e la perdita del ruolo dell’artista all’interno della società. A pensarci bene, le due cose erano collegate.
Maria Fiorella Suozzo
Fonti
[1] rimando a una ricca antologia sul tema curata dalla Norton Anthology: qui.
[2] autrice di un interessante saggio sulla letteratura fantastica reperibile integralmente in lingua inglese sul sito dell’università di Harvard.
[3] qui disponibili il testo integrale dell’inno di Carducci, le “polemiche sataniche” e, in calce, testo e traduzione delle litanie di Satana di Baudelaire
[4] “Oh tu, che sei il più bello e il più sapiente degli Angeli, Dio tradito dalla sorte, spogliato d’ogni lode, Satana, abbi pietà del mio lungo penare!”
[5] Spectator n°1784, “Charles Baudelaire: les fleurs du mal”, Algernon Swinburne
Il libro del Diavolo, Crispini-Giovannini-Zatterin, edizioni Dedalo
La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Mario Praz, Bur saggi
immagine in evidenza: Satana punisce Giobbe con piaghe infuocate, William Blake
fonte immagini: google, wikipedia