La città, simbolo della nostra epoca

Analizzare il complesso concetto di città significa tener conto di numerose sfaccettature: dal punto di vista politico a quello storico a quello economico e sociale. La realtà urbana è un mosaico di eventi e trasformazioni che si sono susseguiti in un arco di tempo vastissimo e che continuano ancora oggi. Per semplificare, gli studiosi tendono a considerare rilevanti, per lo sviluppo della città come la conosciamo oggi, due grandi rivoluzioni: quella neolitica e quella industriale.

Due realtà opposte: la comunità pre-industriale e la città industrializzata.

Nel periodo compreso fra i due eventi citati prima la società viene definita preindustriale, totalmente opposta alla realtà odierna delle società industrializzate. Il volto della città è, quindi, cambiato radicalmente.

Dal punto di vista economico, nelle società preindustriali l’unica fonte di sostentamento era data dallo sfruttamento delle risorse naturali, quindi molto diffuse erano l’agricoltura e la pastorizia; al contrario le città sviluppate in seguito alla rivoluzione industriale fondano il loro sistema produttivo sulle fabbriche e sulle industrie. Anche dal punto di vista fisico, la città cambia il suo aspetto: nelle società tradizionali era solita l’esistenza di mura difensive che delimitavano lo spazio urbano da quello della campagna, mura che verranno abbattute in seguito all’industrializzazione.

Oltre i confini cittadini: il sobborgo.

Bisogna precisare che l’industrializzazione non ha portato con sé solo aspetti positivi e miglioramenti rispetto ai secoli precedenti ma anche effetti che si possono definire sgradevoli. Con la nascita delle fabbriche e con il conseguente esodo rurale, nasceva la necessità di creare abitazioni adiacenti il luogo di lavoro per coloro che dalle campagne si spostavano in città. Queste nuove abitazioni erano spesso affollate, immerse nella sporcizia e nella promiscuità: il primo effetto dell’industrializzazione è sicuramente quello di aver portato degrado e povertà tra la popolazione. Parallelamente alle trasformazioni delle zone urbane, vi sono anche quelle del cosiddetto suburbio, una zona vicinissima alla città stessa ma posizionata al di là del confine.

L’autore Lewis Mumford definisce così le fasce suburbane:

Anzitutto era una comunità segregata ,separata dalla città non soltanto dallo spazio, ma da una stratificazione di classe: una specie di ghetto verde riservato alle élite. L’altezzosa espressione vittoriana “Restiamo tra noi” esprime questo spirito del sobborgo in contrapposizione a quello della città, che è essenzialmente un ambiente multiforme e non segregato.[1]

Il cittadino benestante, quindi, cerca di fuggire dalla realtà urbana per immergersi nel proprio spazio di vita e separarlo da quello che è lo spazio del lavoro, ritagliando così il proprio tempo libero lontano dalle preoccupazioni della città. Mumford sottolinea però che la vita nel sobborgo non è altro che una conservazione delle illusioni[2] e che, quindi, l’allontanamento dal centro consiste nell’entrata in un mondo impacchettato e fittizio dove le problematiche della vita lavorativa non trovano posto. Spesso e volentieri ciò accade anche attualmente: molti sono gli uomini d’affare o gli impiegati che, appena terminata la settimana lavorativa, sentono il bisogno di recarsi nelle zone lontane dal mondo urbano per rigenerarsi. Bisogna sottolineare che la fuga dalla realtà non elimina del tutto le problematiche sociali ma sicuramente concorre ad allontanarle, anche se in un mondo illusorio.

Sobborgo di Londra, una zona esclusivamente residenziale
Sobborgo di Londra, una zona esclusivamente residenziale

La storia continua: dalla città alla metropoli.

Come abbiamo detto, la Rivoluzione Industriale è stato uno degli eventi più significativi per lo sviluppo degli agglomerati urbani. A questa è possibile aggiungere, nell’epoca della Globalizzazione, un’altra rivoluzione, quella Tecnologica, che ha portato alla nascita delle metropoli: centri urbani di dimensioni maggiori a quelle della città e punti di riferimento economici, politici e culturali di una regione più vasta. Dal punto di vista sociale, le metropoli hanno ormai plasmato il carattere del singolo cittadino; la teoria è stata sostenuta e ampliata da un altro importante sociologo appartenente alla Scuola di Chicago, Georg Simmel, nel suo saggio “Metropoli e Personalità“, in cui ha messo in evidenza le peculiarità dell’uomo metropolitano.

Bombardato ormai da quelli che sono gli stimoli sensoriali della metropoli, l’uomo contemporaneo tende a reagire in modo razionale e, utilizzando un’espressione dello stesso Simmel,

col cervello anziché col cuore[3].

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Alessandro Papetti, “Sopraelevata”, 2012

Inoltre, il mondo industrializzato e post-industrializzato è stracolmo di attività monetizzate che dipendono dalle leggi del mercato. Per questo motivo, la società metropolitana tende a dare valore solo a ciò che può essere stimato in denaro. L’atteggiamento descritto da Simmel è inoltre indicato con il termine blasé, ovvero indifferente, scettico: il termine rappresenta a pieno la caratteristica delle popolazioni che vivono soprattutto nelle città occidentali, distaccate totalmente da ciò che rientra nella sfera del sentimento, dell’interiorità e delle emozioni. Un concetto simile è stato affrontato anche da uno dei padri fondatori della sociologia, Max Weber. Il sociologo ha parlato di Disincantamento del mondo per indicare quella graduale scomparsa della dimensione spirituale che sta attraversando il mondo contemporaneo:

Essa significa qualcosa di diverso: la coscienza o la fede che, se soltanto si volesse, si potrebbe in ogni momento venirne a conoscenza, cioè che non sono in gioco, in linea di principio, delle forze misteriose e imprevedibili, ma che si può invece – in linea di principio – dominare tutte le cose mediante un calcolo razionale.[4]

Alessandra Del Prete

Fonti:

[1] L.Mumford, La città nella storia, vol.3 Dalla corte alla città invisibile

[2] Ibidem.

[3]Simmel,Metropoli e Personalità.

[4]Max Weber, La scienza come professione (Wissenschaft als Beruf), traduzione di Pietro Rossi, Torino, Einaudi

Fonte immagini: Google.