Il cinema tedesco prima dell’avvento del nazismo
Fritz Lang, Murnau, Lubitsch. Sono soltanto alcuni dei nomi che hanno caratterizzato il cinema tedesco tra gli anni venti e gli anni trenta: uno de periodi più fiorenti per la cultura tedesca (arte, cinema, scrittura). Un periodo che sarebbe presto terminato con l’avvento del nazismo, dando vita al grande esodo di intellettuali di qualsiasi campo artistico e del cinema tra i quali lo stesso Lang, Wilder e Marlene Dietrich, colei che nei piani di Goebels e Hitler sarebbe dovuta divenire un’icona del nazismo, ma che in realtà fu una delle tedesche più critiche nei confronti del regime nazista.
Proprio Marlene Dietrich, che prima del 1930 sembrava ancora lontana dal diventare la diva che oggi tutti conosciamo, è la protagonista del film L’angelo azzurro, film tedesco diretto da Josef Von Sternberg che aveva sempre lavorato negli Stati Uniti. L’angelo azzurro, insieme a film come M-Il mostro di Düsseldorf e il Il testamento del dottor Mabuse, rappresenta uno degli ultimi grandi film del cinema tedesco, riuscendo ancora a rivoluzionare la settima arte come l’utilizzo del sonoro per dare intensità all’atmosfera del film.
L’angelo azzurro, tratto dal romanzo di Heinrich Mann, che Josef Von Sternberg aveva adattato a tempi più recenti insieme a Carl Zuckmayer, ha un cast che può vantare alcuni degli attori più importanti della storia del cinema tedesco: Emil Jannings, che oltre a vantare lo storico primo Oscar come migliore attore, è stato uno dei più influenti attori del cinema mondiale, riuscendo ad essere apprezzato allo stesso tempo sia all’estero che all’interno della Germania nazista. La già citata Marlene Dietrich, in una delle sue ultime apparizioni in un film prodotto in Germania, Kurt Geron, attore leggendario in quegli anni, e infine Hans Albers, che in seguito sarebbe diventato un’icona del cinema ai tempi del nazionalsocialismo.
L’angelo azzurro, la trama
L’autoritario e dai modi bruschi professor Emanuel Rath (Emil Jannings), insegna in un ginnasio di provincia dove tormenta e bacchetta i suoi alunni. Ma il professore non si limita solo a seguire il percorso scolastico dei giovani, ma fa in modo che i giovani non devino dalla conformità morale. È a tal proposito che il pedante professore, scopre che alcuni suoi studenti frequentano “L’angelo azzurro”, un locale di dubbia fama vicino al porto, qui i giovani assistono allo spettacolo della cantante Lola Lola (Marlene Dietrich). Così il professore si reca nel locale per dare una lezione ai giovani studenti, ma una volta giunto lì, invece di riuscire nel suo intento, cade in balia della frivola e seducente bellezza della donna. Un innamoramento, quello del professore, che gli stravolgerà completamente la vita, facendo cadere tutte le sue convinzioni da retto borghese e portandolo pian piano alla totale rovina.
Il trionfo di Marlene Dietrich
L’angelo azzurro è considerato uno dei film tedeschi classici per eccellenza, soprattutto per la presenza di attori molto amati in Germania, tra i quali però spicca più di tutti, forse ingiustamente nei confronti di Emil Jannings, la diva berlinese Marlene Dietrich. È in questo film che Marlene Dietrich si consacra al pubblico internazionale, dando vita al proseguo di una fortunatissima carriera, che l’avrebbe portata a diventare la femme fatale per eccellenza, simbolo della donna disinibita, sessualmente libera. Del resto dopo il ruolo di Lola Lola (Von Sternberg non poteva fare scelta migliore), Marlene Dietrich rimase legata a questi ruoli di donne pericolose per l’uomo a causa del loro fascino, della loro posizione sociale discutibile per molti; eppure per molti l’interpretazione di Lola Lola non è nemmeno una delle migliori della sua carriera, a dispetto della famosissima scena in cui con movimenti seducenti tira a sé la gamba destra mentre guarda oltre la spalla nuda cantando con la sua voce ammaliante la famosa canzone “Ich bin von Kopf bis Fu auf Liebe eingestelt“.
Intanto l’interpretazione di Marlene Dietrich mise in ombra perfino Emil Jannings, che fu uno dei pochi aspetti ad essere criticati del film. Secondo alcuni critici infatti, l’interpretazione di Jannings era troppo antiquata, ancora legata al cinema muto ed in generale ad un cinema che era cambiato. Tuttavia, oggi l’interpretazione di Jannings ci sembra perfetta per quel film: prima di tutto perché la sua espressività risultò adatta per l’interpretazione della figura tipica del piccolo borghese, in un film che si muove tra la satira di costume e la tragedia di un individuo, in secondo luogo, perché le strutture architettoniche del film, caratterizzate dai tetti bassi e incurvati della città, dal locale notturno che sembra un contro-mondo, sono ancora tipiche del cinema espressionista tedesco.
Se di questo film possiamo dire di vedere l’anticipazione di quello che sarebbe stato il destino della Germania, allo stesso modo possiamo dire che richiama una fortissima nostalgia, perché in fondo, è uno degli ultimi capolavori prodotti dal cinema tedesco, che saluterà definitivamente quel fervore creativo che nel giro di una ventina d’anni aveva dato moltissimo all’arte e all’intera umanità.
Roberto Carli
Fonti
100 capolavori del cinema (volume 2 1915-1959) a cura di Jürgen Müller