C’era una volta un libro che dimorava in ogni casa napoletana. Dettava i tempi, gli ingredienti e le loro quantità, con un gran bel pizzico di napoletanità a fare da sfondo. “Frijenno Magnanno”è stato per molti di noi il ricettario dal quale venivano i manicaretti che ci cucinavano le nostre mamme, per i più fortunati le nonne (che cucinano sempre meglio, chissà perché). Ed anche se oggi abbiamo ricettari di chef stellati, giornali di cucina e miriadi di blog che stanno lì a dispensare consigli 24h su 24h, vorrei riportare alla memoria di un po’ di persone quel meraviglioso librone rosso, che occupa ancora un posto importante nella mia memoria, oltre che nella mia libreria.
“Frijenno Magnanno”: un capolavoro popolare
Il secondo titolo del libro è “Le mille… e una ricetta”. Pazza idea quella di un ricettario con più di mille ricette inviate da più di mille persone, vero? “Frijenno Magnanno” incuriosisce, coinvolge, incanta. Le ricette sono quelle di una volta, senza pomodorino del piennolo del Vesuvio DOP, presidi Slowfood di sorta, e affini. Tutto genuino, alla vecchia maniera. È il vademecumdelle nostre famiglie, caposaldo imprescindibile di generazioni che si sono affacciate alla gastronomia grazie ad esso. Lo sfoglio ancora oggi con piacere, un capolavoro popolare bello, ma, soprattutto, buono.
Cos’ avrà mai di speciale un semplice ricettario?
Per descrivere la bellezza di un libro votato a snocciolare ricette per tutti i giorni e di ogni genere per la gente comune, non basterebbero mille parole. Eppure basterebbe una semplice parola: la semplicità. Così adesso, anche per regalare qualche stralcio di “Frijenno Magnanno”, riporto il bellissimo incipit della prima ricetta, che analizza le origini di un piatto famosissimo. Un indizio: è il main course principe della tradizione napoletana verace. Secondo voi di quale piatto parliamo?
Scopriamolo insieme: il ragù è la salsa più profumata del mondo, con cui ogni famiglia napoletana “verace” celebra le domeniche ed ogni altra festa familiare. L’ etimologia della parola è francese: ragoût, che proviene da ragouter (rinforzare il gusto), che a dua volta provine dal latino gustus. L’origine della nostra salsa non può essere molto antica tanto che il Cavalcanti ne dà alcune ricette senza darne importanza, quindi, a mio parere, deve essere stata creata verso la metà del ‘700 trasformando qualche ragù all’italiana.”
Bel modo di iniziare, vero? Avevate capito subito qual era il piatto in questione? La prosa è scarna, la punteggiatura spesso latita, ma “Frijenno Magnanno” sa, nonostante questo, farsi volere bene. E’ pur sempre il ricettario del popolo, corredato anche da qualche bella poesiola per allietare la lettura, semmai ce ne fosse bisogno.
Il ritorno alle radici
Per concludere, lancio un appello: cerchiamo, almeno ogni tanto, di ricordare da qual è il nostro background, diamo lustro alle nostre bellissime tradizioni. Il culto di un passato genuino, da riproporre in chiave moderna nel presente, può donarci ben più di un futuro dominato dall’ omologazionetout court.