Le Mariofanie sono le manifestazioni, le apparizioni della Madonna, secondo il termine tecnico che utilizza la riflessione teologica. Questo fenomeno merita di essere approfondito perché è sempre di grande attualità. Le Mariofanie, infatti, scuotono non solo la Chiesa, ma la società intera; attraggono irresistibilmente i media e finiscono per diventare oggetto di grande dibattito.
Mariofanie nella storia
Prima di accostarsi all’analisi di questo fenomeno sono necessarie alcune premesse metodologiche. L’approccio migliore che è bene adottare rispetto al tema delle Mariofanie è di tipo integrale. È necessario evitare ogni sorta di riduzionismo, di visione ideologica cioè, che voglia ricondurre la complessità del fenomeno ad un unico punto di vista.
Bisogna perciò porsi a distanza sia da un atteggiamento acritico che voglia sottrarre le Mariofanie ad ogni tipo di esame, sia da un pregiudizio scientista o addirittura teologico, che le stigmatizzi tout court come superstizione.
La prima testimonianza riguardo alle Mariofanie risale al III secolo ed è narrata da Gregorio di Nissa, che cita l’esperienza di Gregorio il Taumaturgo. I secoli successivi sembrano essere costellati da apparizioni mariane, ma bisogna aspettare l’avvento della scienza sociologica per avere dei dati più precisi.
Soffermandoci soltanto sul XX secolo, possiamo notare un sorprendente andamento. Se, dal 1900 al 1973, a livello mondiale sono state registrati 295 casi di Mariofanie, nel breve lasso di tempo che va dal 1973 al 1988 si verificano altre 41 apparizioni. Infine, gli ultimi 20 anni del secolo conoscono una vera e propria invasione: ben 200 Mariofanie si sarebbero verificate tra il 1980 e il 2000.
Mariofanie tra allucinazione e mistero
L’incremento vertiginoso delle apparizioni, in concomitanza con l’affermarsi del postmoderno, è un dato che non può essere messo a tacere. La fine della modernità, infatti, ha condotto anche alla fine dell’assetto sociale tradizionale. La liquidità delle relazioni, l’acuto individualismo, insieme ad una diffusa sfiducia nella ragione, hanno condotto molti alla ricerca di conferme ed approvazioni nella sfera del numinoso e del soprannaturale.
Se le Mariofanie hanno sempre accompagnato la storia della Chiesa, è innegabile che negli ultimi anni questi fenomeni abbiano assunto tratti sempre più ambigui, difformi dalle tradizionali manifestazioni nel contesto ecclesiale.
La Chiesa Cattolica, nello sterminato pullulare delle Mariofanie, ha conferito il proprio riconoscimento ufficiale soltanto a 14 apparizioni: la prima a Guadalupe nel 1531, l’ultima a Kibeho nel 1980. Possiamo aggiungere tra parentesi il riconoscimento che i vescovi siciliani hanno conferito al fenomeno della lacrimazione della statuetta a Siracusa.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la prima feroce critica ai casi di Mariofanie non viene dal pensiero ateo, ma dall’interno della Chiesa Cattolica. Percorrendo la storia della Chiesa notiamo come, nei primi secoli, le Mariofanie e tutti i vari fenomeni carismatici fossero accettati placidamente, mentre con il consolidamento dell’apparato istituzionale e della riflessione teologica ha avuto inizio una forte diffidenza nei loro riguardi.
San Giovanni della Croce, mistico del XVI secolo, esprime schiettamente il suo pensiero tagliente:
…Chi oggi volesse interrogare il Signore e chiedergli qualche visione o rivelazione non solo commetterebbe una sciocchezza, ma arrecherebbe un’offesa a Dio, non fissando i suoi occhi interamente in Cristo per andare in cerca di qualche altra cosa o novità[1].
Questo brano esprime in sintesi la tesi teologica tradizionale, per la quale le Mariofanie, appartenendo all’ambito delle rivelazioni private e quindi estranee alla Rivelazione pubblica delle Scritture, sarebbero o inutili, perché ripeterebbero ciò che è stato già affermato, o dannose perché lo contraddirebbero.
Mariofanie: uno sguardo sereno
È Karl Rahner a traghettare la Chiesa al di là dell’impasse tra carisma ed istituzione nei confronti delle apparizioni mariane. Sembra inadeguato e riduttivo, infatti, lo sguardo sospettoso della teologia dell’epoca moderna, che rischia spesso di cadere nel razionalismo.
Senza rinunciare ad un discernimento critico delle Mariofanie, da parte teologica bisogna innanzitutto riconoscere come le apparizioni abbiano sempre accompagnato la storia della Chiesa e come esse non siano nient’altro che il riflesso della libera azione di Dio nel suo progetto di salvezza dell’umanità.
Per Rahner, lungi dal minacciare la Rivelazione, le Mariofanie ne faciliterebbero la sua diffusione, riuscendo spesso a permeare anche la sensibilità dei non credenti. Esse sarebbero l’espressione dell’elemento carismatico che sempre ha accompagnato la vita della Chiesa.
A livello strettamente teologico, una valutazione serena delle Mariofanie può essere la seguente. Come le testimonianze scritturistiche dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli testimoniano la presenza costante di Maria alla missione del figlio Gesù, le apparizioni mariane possono essere lette in questa stessa chiave.
Le Mariofanie sarebbero quindi la continuazione del servizio materno di Maria alla Chiesa nell’ambito non dottrinale, ma relazionale ed etico-pratico. Naturalmente il senso stesso della sua presenza e del suo servizio sarebbe quello di facilitare l’incontro con la salvezza dischiusa dal Cristo. Le Mariofanie come eventi autoreferenziali o folcloristici non potrebbero avere nessun significato.
Christian Sabbatini
Bibliografia:
G. Colzani, Apparizioni, in I Dizionari San Paolo. Mariologia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009, 136-144.
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[1] San Giovanni della Croce, opera citata in ibid. , 140.