Max Weber vede nel mondo contemporaneo un politeismo dei valori: siamo sempre chiamati a scegliere fra valori molteplici e contrastanti e sappiamo che nessun valore può essere criterio normativo assoluto.
In La scienza come professione, Max Weber ha trattato il delicato tema dell’utilità e del senso della scienza. Qual è la sua utilità? La si può limitare solo all’avanzamento tecnologico? La scienza può dirci cosa dobbiamo fare?
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Una scienza senza presupposti?
Per Weber è indubitabile che la scienza nella sua configurazione moderna non possa dirci cosa dobbiamo fare. In realtà essa non può nemmeno dirci se dobbiamo fare scienza. Weber si aggancia quindi al tema della scienza senza presupposti che era molto dibattuto. Era stato l’antichista Mommsen a porre la questione nel 1901, sostenendo che non esistesse una scienza senza presupposti. I presupposti della logica e del metodo sono infatti indispensabili (Nietzsche diceva che anche la scienza poggia su una fede) e ogni scienza presuppone che ciò che studia sia degno di essere conosciuto: ma non lo può dimostrare scientificamente. Le scienze della natura non possono dimostrare questo presupposto, e neanche quelle storiche.
Esse ci insegano a comprendere i fenomeni politici, artistici, letterari e sociali della nostra civiltà […] Ma non rispondono direttamente alla domanda se quei fenomeni fossero o siano tutt’ora degni di esistere, né alla domanda se valga la pena di conoscerli. Al contrario, esse presuppongono che sia interessante partecipare in questo modo alla comunità degli «uomini civili». Ma che lo sia veramente, esse non sono in grado di dimostrarlo «scientificamente» a nessuno. Né il fatto che lo presuppongano può dimostrare in qualche modo che sia evidente. Infatti non lo è affatto (La scienza come professione, ed. Bompiani, p.103).
La professione del docente
Un altro esempio è l’impossibilità di dimostrare scientificamente il dovere di una professione, come di quella del docente universitario. Eppure Weber rivendica con forza il dovere dell’insegnante di celare le sue posizioni politiche, e di non imporle ex cathedra approfittando della sua posizione. Il compito del docente è quello di giovare allo studente cattolico come a quello massone. La cattedra non è quindi posto per profeti e demagoghi.
Disincanto del mondo e politeismo dei valori
Se la scienza non può dimostrare i suoi presupposti, tanto meno hanno validità le sue prese di posizione di ordine pratico-politico. Sono due cose distinte: da un lato il problema di individuare dei dati di fatto (rapporti matematici o culturali) e dall’altro il valore della cultura, ovvero come si debba agire nella cultura, nella società e nella politica.
L’uomo oggi vive in modo disincantato e privo di un senso suo proprio e unitario, come il politeismo dei valori di John Stuart Mill (che lo derivò da Hume). Mill diceva che se si parte dalla pura esperienza, si arriva al politeismo. Per conoscere l’uomo c’è sempre bisogno di essere guidati dai valori, ma nel mondo contemporaneo non esiste una stabile gerarchia dei valori.
Weber vede una rinascita del politeismo del mondo antico in senso nuovo, dopo un secolare dominio di un grande razionalismo scaturito dalla profezia messianica. Noi siamo sempre chiamati a scegliere fra valori molteplici e contrastanti e sappiamo che nessun valore può essere criterio normativo assoluto, e che non può esserci un’argomentazione razionale della scelta.
Come si possa decidere «scientificamente» tra il valore della cultura francese e quello della cultura tedesca, non so proprio. Infatti, anche qui si contrappongono dèi diversi, ed eternamente. È esattamente come nel mondo antico […] così avviene ancor oggi, solo disincantati e spogliati del rivestimento mitico […] Su questi dèi e sulla loro lotta domina il destino, non certo la «scienza» (pp. 111-113).
Senso e utilità della scienza in Weber
Bisogna sapere guardare negli occhi il destino del proprio tempo che conosce solo l’eterna lotta fra gli dei, cioè fra i diversi possibili atteggiamenti ultimi nei confronti della vita. È un’epoca estranea a Dio e senza profeti, ma la scienza può fornire qualche aiuto all’uomo moderno? Cosa può offrire alla mia vita pratica e personale? Weber dice che la scienza empirica può solo dire ciò che l’uomo può fare e a volta cosa vuole fare.
- Vuoi davvero un certo fine? Una certa cosa? Devi usare dei mezzi.
- Devi essere consapevole che l’applicazione di questi mezzi implica anche conseguenze che non vuoi e solo in parte puoi calcolare.
- Devi sapere che hai delle chances di realizzare il fine in determinate situazioni, ma non la certezza assoluta.
Questa o quella posizione pratica deriva da una certa scelta di valori e se voi servite un dio ne offendete un altro. La scienza può offrirci la chiarezza su cosa vogliamo, può aiutare il singolo a rendersi conto del senso ultimo del suo agire.
L’insegnante può porvi di fronte all’ineluttabilità di questa scelta, ma se vuol restare insegnante anziché demagogo più di così non può fare […] in tale compito si pone al servizio di forze «morali» quali il dovere, la chiarezza e il senso di responsabilità (pp. 119-121).
Weber dichiara di ritenere intellettualmente onesto chi ha un’autentica dedizione religiosa che non strombazza, tornando in silenzio nelle braccia delle chiese o in comunità giovanili. Nella nostra epoca non c’è un profeta redentore. La scienza non è parente della teologia, ma nemmeno della filosofia se essa ha il presupposto che il mondo abbia un senso oggettivo.
Ettore Barra