La conoscenza del nostro territorio passa anche per l’approfondimento di temi e personaggi che hanno segnato il percorso storico-artistico di esso. Nei mesi passati questa rubrica ha raccontato di Napoli e dintorni e dei suoi gioielli medievali nascosti, soffermandosi però poco sulle personalità che le hanno create. È per questo che l’articolo di questa settimana darà spazio alla figura di Roberto d’Oderisio, artista e pittore formatosi nel area campana ed operante nel regno di Napoli lungo il XIV secolo.
Le origini
Di origine napoletana, come egli stesso si definisce nella sua unica opera firmata, d’Oderisio si pone nel filone post giottesco, seguendo le orme del maestro fiorentino che a metà del 1300 operò in Castel Nuovo e nel complesso di Santa Chiara. Non è chiaro, in realtà, se l’artista sia stato un diretto seguace di Giotto, apprendendo dal vivo da egli, oppure abbia studiato tecniche e figure del primo artista moderno italiano ammirandole già dipinte. Evidente, nelle opere attribuite a Roberto d’Oderisio, sono anche gli echi delle altre importanti scuole pittoriche del XIV secolo, come quella senese (Simone Martini) e quella romana (Pietro Cavallini).
La “Crocifissione” di Eboli
La sua unica opera certa, firmata con “Hoc Opus Pinsit Robertus De Odorisio De Neapolis”, proveniente dalla chiesa di San Francesco ad Eboli, attualmente si trova esposta al Museo Diocesano “S. Matteo” di Salerno ed è una tavola raffigurante una Crocifissione.
In uno spazio molto piccolo e tra figure bibliche (il serpente di Adamo ed Eva) ed evangeliche (la Maddalena, San Giovanni), si staglia la croce con Cristo con alle spalle tre angeli.
La figura di Cristo con il suo perizoma a frange e la disposizione degli angeli ricordano quella maniera giottesca tanto decantata, mentre le dorature purtroppo ormai perdute e le punzonature richiamano al filone senese del periodo; è per questo che, anche se autografa, la tavola è considerata una delle opere più complesse del XIV secolo dell’area campana.
Gli affreschi di Santa Maria Incoronata
A Napoli, però, troviamo uno dei più importanti lavori del d’Oderisio che consiste cicli di affreschi nella chiesa angioina di Santa Maria Incoronata (già sede del Regio Tribunale).
I cicli riguardano “Storie di Maria Vergine” e “Storie Bibliche” e sono suddivisi in due lassi temporali distinti, in quanto quelli riguardanti le pareti si data tra il 1340 e il 1343 mentre quello delle volte e posteriore alla trasformazione in chiesa voluta da Giovanna I tra il 1352 e il ’54.
Qui, con le dovute cautele e i distingui del caso, arriviamo a conoscere la vicinanza di stile e tecnica tra il napoletano e Giotto soprattutto osservando la composizione delle figure; nel secondo periodo degli affreschi, invece, si nota anche una preponderanza di elementi che d’Oderisio, in un suo viaggio alla corte papale avignonese, ha probabilmente fuso alla matrice giottesca.
Altre sono le opere che, seppur poco note, sono annoverate nel catalogo di attribuzioni del d’Oderisio tra cui spicca la lunetta raffigurante la “Madonna dell’Umiltà” esposta al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli.
Liberato Schettino