Circa un anno fa Showtime presentava al suo pubblico la serie tv The Affair, che nella gamma delle produzioni autunnali del 2014 è sicuramente diventata una tra le sorprese più positive.
Trecentosessantacinque giorni dopo, al capolino di dieci puntate vissute nell’apparente calma e pacatezza che un telefilm del genere può suscitare – la trama semplice è quella di un uomo e una donna che, già sposati, si innamorano l’uno dell’altra – va in onda la première della seconda stagione. La vacuità e l’impronta poco marcata dello sviluppo della stagione d’apertura sono parsi i punti fondamentali da cui la regia ha iniziato a riprendere le redini della storia, a partire dal precedente season finale fino alla recentissima première.
Chiunque si accosti a The Affair per la prima volta, sappia che ha di fronte a sé una storia che al primo colpo considererà scialba e poco articolata, e che anche il solo tempo di pensarlo, però, non basterà a farglielo credere per davvero. Ciò che ha caratterizzato maggiormente il telefilm, fin dalle prime inquadrature – lo sappiamo – sono stati i continui cambi di fronte tra i punti di vista dei due personaggi principali: Noah Solloway, scrittore e professore a New York con quattro figli all’attivo, e la bella Alison. I due si incontrano fortuitamente durante l’estate, quando la famiglia di lui decide di trascorrere le vacanze nella tenuta dei suoceri a Montauk.
Noah, infatti, ha una moglie ricca ed ereditiera con cui è sposato da venticinque anni e che, dopo tanto tempo, inizia a sentire pesante e invadente, come se fino a quel momento fosse stata il più grande ostacolo per la realizzazione di se stesso e del suo più grande sogno, che è la scrittura. Non il denaro, né la fama, bensì il fastidio di dover sentirsi ogni volta in debito nei confronti di chi non crede in lui. Alison, invece, vive la parte buia di un matrimonio ormai in crisi, affondato e finito male dal giorno della morte dell’unico loro bambino. Un matrimonio conseguenza di responsabilità mancate e di colpe non pervenute, della crescente sfiducia nel partner, del vuoto incolmabile di un figlio, e che, proprio quando sembra potersi ricompattare, si frantuma nuovamente.
Il p.o.v. (point of view) in The Affair
Attenzione, perché quando si parla di punti di vista fa bene porre l’accento sull’errata concezione che naturalmente ci portiamo dietro di questo espediente. Lungo l’arco dei primi dieci episodi di The Affair siamo stati abituati ad assaporare le differenze sostanziali che la vicenda assume se è presa dagli occhi di uno o dell’altro protagonista, e tanto più a come anche grandi cose possano essere completamente stravolte. La verità non pende né da una né dall’altra parte, né tanto meno sta in mezzo, perché è nei dialoghi, così come proprio nel ribaltare e proiettare sull’altro le proprie debolezze o le proprie giustificazioni. Anzi, per quanto si insista su una storia d’amore, e dunque su un duo protagonista, l’impianto portante della narrazione non può non essere individualista. Lo stesso espediente del point of view mutato dimostra anche come non si possa conoscere un personaggio facendone una volgare media fra i diversi modi in cui appare nelle due versioni, bensì tenendo conto solo della sua. In The Affair, infatti, un identikit del genere risulterebbe compromesso dalle discrepanze che ciò registrerebbe con la trama in sé per sé; anzi, quel che è meritevole di attenzione è che ogni versione dei fatti modifica azioni, luoghi, situazioni, vestiti, mobili, clima, strade (e chi più ne ha più ne metta) solo in relazione all’indole del carattere di chi la narra. Vi è, insomma, una relazione che si direbbe psicofisica tra la scena descritta e chi la immagina, pensa e proietta sullo schermo.
The Affair 2
Intanto, la seconda stagione della serie creata da Sarah Treem e Hagai Levi si prende un voto decisamente positivo, specialmente perché supera di gran lunga il rischio di doversi ripetere. E lo fa grazie ad un arricchimento della fabula, per cui ad una prima stagione vissuta sull’onda dell’avvicinamento progressivo fra Noah ed Alison se ne contrappone una dai toni più distaccati, con visione a trecentosessanta gradi della vicenda. È lì il segreto della première – come si spera per il resto della stagione – e cioè nell’aver esteso il gioco ad elastico tra i punti di vista anche ai due personaggi secondari, Helen e Cole. In questo The Affair si rinnova. E non banalmente, dal momento che ciò avrà conseguenze sulla trama (che al momento vede addirittura un caso per omicidio frapporsi alla storia d’amore di fondo), così come sulla dinamicità dei singoli episodi. Che non sarebbero durati due stagioni se fossero rimasti della stessa identità. La sequenza degli eventi non rispetta ancora un preciso ordine cronologico e gioca sempre sui flashback, abbandonando l’espediente dell’interrogatorio e dunque ogni punto di riferimento.
Il livello della recitazione imprime grande fiducia e sicurezza per il continuo di stagione, partendo dal mai domo Dominic West e finendo con l’attrice rivelazione degli ultimi Golden Globe Ruth Wilson. The Affair riparte con il piede giusto, rimescolando i registri narrativi in modo da dare alla storia un sapore nuovo.
Nicola Puca
Fonte immagine in evidenza: seriangolo.it
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