Indice dell'articolo
Il contesto
Seconda guerra mondiale, anni di fuoco.
A migliaia i morti, e i restanti quasi bramano di esserlo o quantomeno vorrebbero prendere parte a tutto quel gran baccano e lasciare anche il loro nome al fianco dei più grandi eroi, ormai solo lettere incise su delle lapidi.
Ma c’è anche gente che lotta per altro, per qualcosa di più, ma che per altri era invece qualcosa “di meno” rispetto ai valori cardine tipici della guerra: l’arte.
Sembra paradossale, eppure è tutto storicamente accertato: Robert Edsel, scrittore e storico del libro da cui George Clooney ha tratto una pellicola, ci parla dei Monuments Men, quel gruppo di uomini che si sono buttati in campo tra bombe e minacce alla ricerca di interi patrimoni trafugati o prossimi all’abbattimento da parte dei nemici, in particolare dai nazisti.
Clooney, da produttore e co-protagonista, ha voluto parlare di queste battaglie “minori” rispetto alle grandi stragi della guerra, che però nel tempo hanno influenzato molti.
L’arte in tempi di guerra
Molte opere d’arte, infatti, venivano nascoste in sotterranei o stanzini per sottrarle al nemico ed erano quindi in perenne rischio di distruzione da parte di chi si trovava a combattere e non sapeva della loro presenza nel luogo.
Spesso, infatti, capitava anche che alcuni alleati abbattessero delle fortezze per rispondere a degli ordini di attacco, cosa che è successa per quanto riguarda l’abbazia di Montecassino.
Grazie ai Monuments Men, invece, il ritrovamento e la conseguente tutela delle opere nascoste diventava una vera e propria ragione di stato.
Anziché schierarsi nell’esercito e andare in mezzo al campo a uccidere il nemico, loro attraversavano interi territori col rischio incombente della morte per salvare opere dal calibro della Madonna di Bruges e dell’Ultima Cena.
Arte o vita?
Sorge spontanea la domanda se valga o meno la pena di rischiare la vita per un oggetto artistico, per un olio su tela, per del marmo incastonato.
La morale del film e il coraggio dei Monuments Men tende decisamente a dirci di si, e ne esplica i motivi secondo ragioni storiche, documentative ma soprattutto emotive.
Nel momento in cui distruggi un’opera, dice uno dei protagonisti, distruggi una storia, e distruggere intere storie di persone e popoli è come affermare che non siano mai esistiti ed è compito dei Monuments Men evitare qualsiasi tipo di danno alle pietre miliari artistiche dei popoli che si trovavano in quel periodo turbolento o precluderne lo sfruttamento illecito che tendeva solo a rovinarle.
Monuments Men come paladini dei pezzi unici
In particolare, molte delle loro missioni erano volte a finalità di salvataggio di pezzi che nella storia si riveleranno davvero significativi; emblematica è, infatti, la morte di un membro del gruppo nel tentativo di raggiungere in tempo la Madonna di Bruges e risparmiarne la distruzione.
Molti, appunto, diranno che quell’uomo è morto invano, e oltretutto per un semplice oggetto che non gli era di alcuna utilità pratica al contrario di quegli uomini che, arruolati in un vero esercito, lottavano per la libertà del paese.
Di qui il dibattito: guerra o arte? Tutela o distruzione?
Se non fosse stato per alcuni, dei pezzi e degli eventi della storia sarebbero stati dimenticati, dei palazzi e delle Chiese distrutte, ma forse qualche vita risparmiata.
Sarebbe stato meglio così?
Maria Francesca Celentano