L’esordio è pazzesco: dopo una sigla (più o meno discutibile, ma si apprezza la volontà di variare sulla classica sagoma di Bond che spara sul pubblico) e una citazione sui morti scandita da lontani colpi di gong, la scena si apre sulla festa del Giorno dei Morti a Città del Messico, con in quadrature dall’alto di una gigantesca Santa Muerte incravattata con colori ingialliti dal seppia della pellicola. A migliorare l’impatto visivo è l’avvento sulla scena di Bond (un super sexy Daniel Craig) immancabilmente in smoking, questa volta travestito da Baron Samedi, la divinità voodoo, traghettatore di morti (rievocando una citazione di Vivi e lascia morire, film della saga, anno 1973).
Dopodiché, strada spianata ai cliché. Bond, sulle direttive di una defunta M, è lì per uccidere Marco Sciarra, membro di un’ignota organizzazione criminale che stava pianificando un attentato. E già in questa scena, dove Bond fa serenamente saltare in aria un palazzo, inizia un “rewind the tape” di tutti i cliché che gli sceneggiatori Neal Purvis e Robert Wade avevano provvidenzialmente lasciato alle spalle con l’uscita di Casino Royale, riplasmando dal nulla il personaggio di James Bond sulla figura di Craig che ne ha interpretato una versione più moderna e certamente più credibile, aumentando la fruibilità da parte di qualsiasi tipo di pubblico. Il risultato di questa scelta è ben visibile dai dati del botteghino: Skyfall, del 2012 ha incassato 1 miliardo e 120 milioni di dollari e gli altri due film con Craig si piazzano comunque nei primi dieci incassi della saga Bond che conta ventiquattro titoli). Adesso invece, forse per un eccesso di romanticismo nostalgico, forse per noia o per pura follia, tutti i cliché bondiani tornano alla ribalta in due estenuanti ore di pellicola.
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Le bond-girl
Tanto per cominciare, va inserita una scena di sesso nei primi 30 minuti del film, e il personaggio di Monica Bellucci (Lucia Sciarra, moglie del defunto criminale) sembra essere fatto apposta per asservire questo scopo. Tralasciando le doti recitative della donna – che nella sua versione internazionale non è poi così male – il personaggio della vedova italiana non ha un ruolo preciso, se non quello di tramite di informazioni di per sé poco credibili, oltre che di Bond-girl a cui viene risparmiata la classica morte tragica. James Bond si presenta al funerale a Roma di Marco Sciarra (che ricorda molto il
funerale del boss Casamonica) sempre seguendo le direttive di M, la seduce, ottiene le informazioni, e lei scompare nel nulla, così come se non fosse mai esistita. E forse è stato meglio così.
Gadget e macchine
Andando oltre: Bond scopre grazie alla vedova che Sciarra faceva parte di un’organizzazione chiamata Spectre, e riesce ad infiltrarsi in una delle sue riunioni, dove però viene scoperto dal capo di questa, Blofeld (un malcapitato Christoph Waltz). Nel frattempo ha fatto il suo ingresso sulla scena il nuovo M (Ralphes Finnes), che appare solo come una sfumata ombra in lontananza di una regale Judi Dench deceduta nel finale di Skyfall. Ma sulla scena ricompare anche Q (Ben Whishaw), che dopo aver esaminato l’anello consegnatogli da 007 e appartenente a Marco Sciarra, gli fornisce informazioni sull’organizzazione, di cui sembra facessero parte tutte le vecchie nemesi di Bond, Le Chiffre, Dominic Greene, Mr. White e Raoul Silva. Lo stesso capo dell’organizzazione, Blofeld si chiama in realtà Franz Oberhauser, che però pare essere morto vent’anni prima in una valanga assieme al padre.
Ma Q fornisce a Bond anche tutti i più improbabili gadget frutto delle più moderne tecnologie, fantasiosi oltre ogni immaginazione, tra cui la storica macchina Aston Martin DB5 coupé super attrezzata e un orologio-bomba.
Bond si mette sulle tracce di un uomo che Spectre vuole eliminare, Mr. White, suo antico nemico confinato sulle montagne austriache. Riesce a cavare qualche segreto anche a lui, dopodichè questo si uccide, facendo prima promettere a Bond che proteggerà sua figlia, Madeleine Swann, ed in cambio questa condurrà Bond a L’Americain, che porterebbe James più vicino ad Oberhauser. Così compaiono altri due personaggi: Eve Moneypenny (Naomie Harris), che ha rintracciato Mr. White, il personaggio più simpatico e credibile di tutto il film; e Madeline Swann (Léa Seydoux), la figlia del vecchio cattivo, che – da manuale – amoreggerà con la spia per il resto del film.
Il cattivo pittoresco e l’happy ending
All’inizio del film M incontra il nuovo capo dei servizi segreti congiunti, Max Debingh (nome in codice “C”), che lo informa della sua volontà di unire i servizi segreti di tutto il mondo e le loro conoscenze per poter sospendere l'”antiquato” programma 00. A tal proposito, Debingh vorrebbe far approvare un programma, chiamato i “Nove Occhi” (paragonato al Grande Fratello orwelliano), che però non riesce mai a raggiungere l’unanimità dei voti. Dopo un attacco a Città del Capo, però, l’unanimità viene raggiunta, e il programma sta per essere approvato.
Nel frattempo Bond, grazie all’aiuto di Madeline, riesce a raggiungere la base di Spectre, dove viene però imprigionato da Oberhauser. Ed ecco la rivelazione: il capo dell’organizzazione non è altro che il fratellastro frustrato i Bond, figlio naturale del padre adottivo di questo, che cova risentimento per la spia da anni a causa delle attenzioni che il defunto padre gli riservava e ha passato il resto della sua vita a fingersi morto e a rendere impossibile la vita a Bond. Così, grazie a questa improbabile semi-parentela, si scopre che tutte le peripezie che ha dovuto affrontare Bond in questi anni hanno matrice comune. Ma c’è dell’altro: Spectre è anche dietro l’attivazione dell’operazione Nove Occhi, che le donerebbe potere illimitato.
E allora Bond che fa? Mentre il super cattivo prova a praticargli una lobotomia, fa esplodere tutta la baracca con il suo orologio-bomba, e fugge via dopo aver salvato in corner la donzella in difficoltà. Ma Obernhauser è difficile da uccidere, e allora ricompare con una cicatrice sull’occhio mentre 007 prova a fermare C nell’attivazione dei Nove Occhi, e questo muore nella lotta contro M, cadendo dal palazzo. James riesce a salvare Madeline tenuta in ostaggio ed insegue con un motoscafo sul Tamigi Blofeld che sta fuggendo su un elicottero. Bond riesce ad abbattere l’elicottero, ma nonostante sia incitato dallo stesso Blofeld a farlo, preferisce non uccidere il criminale e consegnarlo a M.
Tempo dopo, James si presenta da Q per ritirare la sua storica Aston Martin DB5 coupé, e con questa parte da Londra assieme a Madeleine. Nulla a che vedere col finale ad effetto di Casino Royale, dove muore Vesper Lynd, “l’unica donna importante di James Bond”. O con quello di Skyfall, dove il pubblico piange per la morte di M. No: happy ending, titoli di coda.
Effetti speciali esagerati
Tutto il film è un susseguirsi di effetti speciali curati fino all’ultimo granello di polvere da sparo, ma le scene sembrano scollegate tra di loro, come se non esistesse un effetto domino – che trasforma un film d’azione in un perfetto thriller -, tutt’altro: sembra che le cose accadano senza un motivo preciso, in un mix di esplosioni spettacolari e lanci col paracadute che non lasciano nulla di significativo nello spettatore.
Dov’è Spectre?
Non c’è. A parte la scena iniziale della riunione, Spectre non esiste. C’è solo Obernhauser e le sue malefatte, tanto che il titolo poteva tranquillamente essere “007 vs Blofeld”.
Quindi si può dedurre che “007 – Spectre” non sia altro che una flemmatica narrazione di sparatorie ed esplosioni, un malriuscito tentativo di rievocazione del passato, un borioso cult, un altro timido tassello del merchandising 007.
In poche parole: tremendo.
Camilla Ruffo