Un tempo si chiamavano feuilletons, in italiano romanzi d’appendice, ed erano romanzi o racconti a puntate che venivano pubblicati su quotidiani e riviste, capitolo per capitolo, ogni settimana. Si diffusero nell’Ottocento, prima in Francia e Inghilterra e poi nel resto del mondo. Tra gli scrittori celebri che utilizzarono questo formato come modo per pubblicare le proprie opere, per citarne alcuni tra i tanti, ci sono Charles Dickens con il suo David Copperfield, Victor Hugo con I miserabili, Alexandre Dumas con I tre moschettieri, Gustave Flaubert con Madame Bovary, Robert Louis Stevenson con La freccia nera, Dostoevskij con Delitto e castigo e I fratelli Karamazov, Toltoj con Guerra e pace, ma anche Honoré de Balzac, Théophile Gautier, Edgar Allan Poe, James Joyce e, in Italia, Emilio Salgari con le sue avventure del principe malese soprannominato tigre della Malesia, Sandokan, e Carlo Collodi con il suo classico della letteratura per ragazzi, Pinocchio, la cui trama venne molto influenzata proprio dalla sua natura iniziale di romanzo d’appendice.
Oggi si chiamano serie TV, telefilm (termine dal sapore un po’ anni ’90) o fiction (termine diffuso per indicare le serie televisive italiane). Le storie non vengono più pubblicate su carta, ma trasmesse in televisione, una o due puntate a settimana, segmentate in stagioni, e sono conosciute praticamente ovunque. Sono spesso tratte da libri, più o meno liberamente, e, rispetto ai film, permettono di sviluppare più sottotrame e di approfondire maggiormente personaggi, problemi e situazioni.
Feuilletons e Serie TV: cosa hanno in comune?
Sebbene queste due forme espressive si basino su canali completamente diversi e siano apparse in periodi storici distanti sotto molti aspetti, presentano tante caratteristiche in comune.
Per cominciare, entrambe sono indirizzate ad un pubblico vasto e vario e quindi difficile da accontentare. Proprio a questa mancanza di omogeneità, è dovuta l’evidente varietà nella qualità dei prodotti: nel tentativo di catturare quante più persone possibili, troppo spesso si cade nella banalità, si tende a riproporre canovacci ripetitivi con personaggi che diventano macchiette e trame dallo sviluppo monotono e prevedibile. Da qui l’accezione tendenzialmente negativa che l’espressione romanzo d’appendice ha assunto nell’immaginario comune.
Sia feuilletons che serie TV, inoltre, devono catturare dall’inizio, oggi con trailer promozionali e episodi pilota, ieri con stralci dell’opera pubblicati come anticipazione. Devono, poi, saper fidelizzare il pubblico, riuscire a creare quella dipendenza, irritante e piacevole al tempo stesso, che rende inquieti finché non si sa “come va a finire”, quella dipendenza che fa comprare la rivista o accendere la televisione per sapere come prosegue la storia. Gli autori, di conseguenza, sono stimolati a rendere il ritmo narrativo serrato e ad “allungare il brodo” inventando sempre nuovi colpi di scena, a volte anche a scapito di logicità e verosimiglianza.
Le serie TV, in parte, possono essere considerate un’evoluzione dei feuilleton, evoluzione che è passata per generi quali i radiodrammi, trasmessi dalle radio nei primi decenni del XX secolo, e, nella seconda parte del secolo, i fotoromanzi, genere simile al fumetto che univa immagini e parole ed era pubblicato su riviste, le telenovele e le soap opera, trasmesse in televisione e divenute note per la loro ripetitività tendente al ridicolo, e le sit-com, che si distinguono dalle serie TV per brevità, ambientazione ristretta e comicità.
Sia feuilletons che serie TV, quindi, vengono proposti su mezzi di comunicazione di massa, ma alla parola scritta, capace di stimolare l’immaginazione e di evocare realtà parallele, oggi si sostituiscono cocktail di immagini in movimento, colonne sonore maestose, ritmi incalzanti, frenetici. Un’evoluzione necessaria per rispondere alle richieste di una società che è cambiata per così tanti versi, una società più dinamica che, però, non rinuncia al piacere della narrazione seriale che causa assuefazione, quali che siano le sue caratteristiche.
Chiara Martino