Nelle sale italiane, l’ultimo film della saga di Hunger Games è uscito giovedì 19 novembre 2015, a distanza di circa un anno dal precedente. I due film sono parti di un unico capitolo, corrispondente all’ultimo libro della trilogia scritta dall’americana Suzanne Collins e capace di appassionare milioni di lettori nel mondo. Quanto alla trasposizione cinematografica, anche Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte II è stato diretto da Francis Lawrence, come i precedenti, e vanta un cast stellare: vede protagonista, infatti, l’ormai affermata Jennifer Lawrence (premio Oscar per Il lato positivo) al fianco dei giovani amici Liam Hemsworth, Josh Hutcherson e Natalie Dormer e dei veterani di Hollywood Donald Sutherland, Julianne Moore, Stanley Tuccy e Elizabeth Banks.
Hunge Games: la storia
Per chi non conoscesse la trama di Hunger Games, ecco un breve riassunto.
I romanzi sono ambientati nel futuro, in un Nord America trasformatosi nella nazione Panem, divisa in distretti, dominata da un sistema totalitario e con capitale in Capitol City. Ogni anno Panem indice gli Hunger Games (i giochi della fame), per rammentare ai distretti la loro impotenza e il loro essere stati sconfitti settant’anni prima durante una tentata rivolta. A questi giochi brutali devono partecipare due tributi per ogni distretto, ovvero un ragazzino e una ragazzina tra i 12 e i 18 anni, sorteggiati di anno in anno, che dovranno lottare all’ultimo sangue in un’arena contro gli altri concorrenti, uccidendo i rivali al fine di avere salva la vita e vincere quel macabro reality show.
Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), la protagonista, vive nel distretto 12, il più povero, e si offre volontaria come concorrente, per salvare la sorella Prim, sorteggiata come tributo. Pian piano, durante i giochi, nonostante la diffidenza iniziale, lega molto con il tributo maschio del suo distretto, Peeta Mellark. Lei è combattiva, cinica, solitaria una cacciatrice che nella vita ha sempre dovuto lottare per portare il cibo alla famiglia. Lui è cresciuto nel benessere ed è socievole e mite. I due non potrebbero essere più diversi, eppure formano un’ottima squadra. Come alleati, nell’arena riescono ad arrivare tra gli ultimi concorrenti rimasti in vita. I giochi, però, possono avere un solo vincitore. Così, quando si troveranno l’uno contro l’altra e dovranno uccidersi a vicenda, Katniss escogita uno stratagemma che può salvar loro la vita. Gli strateghi, gli organizzatori degli Hunger Games, sono costretti a nominarli entrambi vincitori.
L’azione di Katniss, però, viene interpretata come un incitamento alla rivolta, che in breve divampa nei distretti. La ragazza, allora, diventa suo malgrado il simbolo della rivoluzione, con il soprannome di Ghiandaia Imitatrice. Presa di mira dall’astuto e malvagio presidente Snow, che non vuole rinunciare al proprio potere, lei farà di tutto per difendere la propria famiglia e il suo più caro amico, Gale. Inizialmente restia, accetterà di combattere per i ribelli e, proprio nel quarto film, la rivoluzione entrerà nel vivo e la guerra si sposterà nella capitale.
Un futuro apocalittico fin troppo realistico
Nel futuro immaginato da Suzanne Collins in Hunger Games, la mania per i reality show che ha caratterizzato l’ultimo decennio è degenerata. I giochi vengono trasmessi in tv, sono seguiti da tantissimi fan, ciascuno dei quali ha il proprio concorrente preferito e può perfino sponsorizzarlo, sono spettacoli in cui tutto è curato con la massima attenzione: l’abbigliamento, il trucco, le interviste. Tuttavia i concorrenti non sono chiusi in una casa o su un’isola deserta, bensì in un’arena super tecnologica, nella quale lottano per la vita, uccidendo brutalmente gli altri, come in un’anfiteatro romano. Lo scopo dei giochi, oltre a ricordare la sottomissione dei distretti, è quello di intrattenere il popolo di Panem, dandogli quelli che i romani definivano “circenses” nel noto motto “Panem et Circenses“.
Un futuro in cui le risorse a disposizione dei pochi umani sopravvissuti scarseggiano, in cui spettacolarizzazione e apparenza dominano la società, in cui la chirurgia estetica esagera con i ritocchi fino al ridicolo e in c’è un infinito squilibrio tra ricchi e poveri. Un futuro solo immaginato, dunque, ma con elementi molto realistici, che ci lasciano l’amaro in bocca e ci invitano a riflettere su come si evolverà la nostra società.
Chiara Martino