La sirenetta: una fiaba che da sempre ha commosso i più piccoli, analizzata in relazione alle vicende sentimentali dell’autore.
Hans Christian Andersen
Il poeta danese, nato nel 1805 a Odense, ebbe vita difficile; trascurato dalla madre e isolato dai suoi coetanei sin da bambino fu costretto a cavarsela per conto proprio, consapevole di essere destinato ad una vita migliore. Ben presto in lui nacque il desiderio di divenire un attore, ma dopo una serie di fallimenti decise di rivolgersi ad un famoso tenore italiano dell’epoca, Giuseppe Siboni, che grazie alle sue influenze riuscì a farlo entrare presso la Reale scuola di canto e ballo.
Nonostante ciò, la carriera teatrale fu abbandonata dopo i sei anni di studi, ritenuti dall’autore danese un’esperienza da dimenticare, almeno secondo le informazioni riportate nella sua biografia, La fiaba della mia vita (1847). Per quanto riguarda la carriera letteraria, dopo anni di esperimenti e di esercitazioni raffinate ma impersonali, decise di intraprendere un tipo di scrittura differente, caratterizzata da una freschezza infantile e bonaria, elementi che avrebbero segnato il suo stile per sempre.
Egli divenne autore di alcune tra le più famose fiabe ottocentesche, tra cui La regina delle nevi (1844) e, appunto, La sirenetta (1837); i suoi racconti trovarono posto in un una serie di fascicoli che furono pubblicati dal 1835 al 1872 con il titolo Fiabe.
La trama del racconto
La storia narra di una giovane sirena dal nome ignoto, figlia del re degli oceani e ultima di cinque sorelle. In seguito ai racconti della saggia nonna riguardo al mondo degli umani nasce in lei il desiderio di spingersi in superficie per osservare da vicino le meraviglie narratele; il sogno si avvera durante il suo quindicesimo compleanno, segnato dall’incontro con il bel principe dai capelli scuri, che la sirenetta salverà da una tempesta mortale.
La fanciulla, ormai innamorata, decide di compiere un gesto estremo rivolgendosi alla strega del mare che, in cambio della sua splendida voce, le avrebbe concesso di camminare sulla terra, con l’avvertimento che, qualora il principe avesse sposato un’altra donna, ella il giorno successivo alle nozze si sarebbe tramutata in schiuma di mare. Tragico è infatti il finale della fiaba; la sirenetta, costretta a scegliere tra la sua morte e quella dell’amato, decide di sacrificarsi gettandosi nell’oceano per divenire spuma marina.
La sirenetta: riflesso dell’autore?
Sin dall’antichità la letteratura ha sempre affrontato, in un modo o nell’altro, il tema dell’omosessualità: a volte esplicitamente, altre in maniera leggermente più velata o ancora con intenti parodici, tuttavia è indubbia la sua presenza, nel mondo letterario, nelle forme più disparate.
Riguardo la “questione” de La Sirenetta di Andersen, sebbene la vicenda possa apparire come un semplice tentativo di intrattenere i più piccoli, non mancano riferimenti alla vita personale dell’autore, che in realtà riversò nella realizzazione della famosa fiaba l’infelicità derivante da un doloroso amore omosessuale.
Infatti Hans Christian Andersen era innamorato di un giovane nobile noto con il nome di Edvard Collin, almeno secondo alcune lettere risalenti al 1834-36 raccolte nel volume Hans Christian Andersen’s correspondence. Emblematiche le parole dello scrittore che si rivolge così al suo amato:
“I miei sentimenti per te sono quelli di una donna. La femminilità della mia natura, e la natura della nostra amicizia devono rimanere un mistero.”
Non vi sono quindi dubbi: Hans Christian Andersen era profondamente innamorato di questo giovane amico, che purtroppo non ricambiava i suoi sentimenti (ricordiamoci inoltre che ci troviamo pur sempre nel XIX secolo); impossibile non notare che la corrispondenza dell’autore risalga a pochi anni prima della realizzazione della fiaba della sirenetta.
Ritornando alla triste avventura della giovane creatura marina, sono stati riscontrati elementi interessanti che alluderebbero ad una vera e propria catarsi letteraria; come l’autore, la Sirenetta nutre un profondo amore che però non è ricambiato se non da un’affettuosa amicizia. Inoltre è impossibile non porre l’attenzione su un dato fondamentale: né la protagonista, né il suo bel principe posseggono un nome o un’identità ben predefinita, al contrario sono avvolti “nel mistero”, che sia forse quello stesso mistero a cui alludeva Andersen nella sua lettera? Probabile.
Tuttavia l’elemento fondamentale che risulta rivelatorio è la perdita della voce subita dalla fanciulla: come la giovane sirena lo stesso autore non può parlare, non può esprimere chiaramente i propri sentimenti, poiché proibito dalla società dell’epoca che di certo non era avvezza ad accogliere apertamente un amore omosessuale; la metafora della sirenetta che soffre in silenzio non è altro che un parallelo dell’autore, dilaniato da un amore che non potrà mai essere ricambiato e ancor di più dall’impossibilità di poter subire questo “lutto del cuore” alla luce del sole.
D’altronde, ad avvalorare tale tesi, vi è anche l’immagine della ragazza che, divenuta umana, soffre non solo spiritualmente e sentimentalmente per via del silenzio imposto, ma anche fisicamente, quasi a voler riprendere il topos tutto ovidiano dell’amore che provoca tormenti di ogni tipo, rielaborato in modo da risultare quasi “assente”, travestito da sortilegio (del resto l’amore non è forse un incantesimo “oscuro”?).
Un altro importante elemento è fornito dalla natura stessa della sirenetta, infatti come Andersen sottolinea all’inizio della vicenda:
“[…] la più giovane era la più bella di tutte, dalla pelle chiara e delicata come un petalo di rosa, gli occhi azzurri come un lago profondo; ma come tutte le altre non aveva piedi, il corpo terminava con una coda di pesce.”
Se al lettore moderno una simile visione potrebbe apparire eterea ed incantevole, l’autore stesso non manca di sottolineare, successivamente, che proprio a causa di quella caratteristica sovrumana difficilmente la giovane sirena sarebbe stata accettata dalla comunità umana:
“La cosa che qui è così bella, la coda di pesce, è considerata orribile sulla terra. Non capiscono niente; per loro bisogna avere due strani sostegni che chiamano gambe, per essere belle!”
Le caratteristiche fisiche, innate, della giovane protagonista si rivelano un grande ostacolo per il suo amore: la coda di pesce viene considerata ripugnante per gli esseri umani, impendendo di fatto la realizzazione del suo desiderio. Ebbene non è possibile ignorare l’ipotesi che proprio questa caratteristica fisica della sirenetta, la coda di pesce, potrebbe essere ancora una volta una metafora della stessa condizione dell’autore; egli si dimostra, per natura, incapace di amare alla stessa maniera degli altri uomini, tant’è che definisce i suoi sentimenti come “quelli di una donna”, ne consegue che egli stesso fosse ben consapevole che le sue “inclinazioni” risultassero scabrose e ripugnanti proprio come le fattezze della creatura mitologica. Tuttavia, sebbene all’apparenza il destino della sirenetta, e quindi dell’autore, paia segnato dall’inevitabile sconfitta, ecco che uno spiraglio di salvezza si palesa alla fine dell’opera: la trasmutazione della sirenetta in “figlia dell’aria” si rivela un espediente interessante ed arguto per sottolineare che, sebbene la “condotta” dell’autore possa risultare non conforme ai canoni sociali e religiosi dell’epoca, un comportamento ed una morale saldi e dominati dalle buone intenzioni potrebbero avvicinarlo sempre più al paradiso, donandogli quel minimo di pace che in vita non riuscì a trovare.
Raffaele Esposito
Fonti: I diversi – Hans Mayer; Hans Christian Andersen’s correspondence – edizione a cura di Frederick Crawford; Fiabe – Hans Christian Andersen; My Dear Boy: Gay Love Letters through the Centuries – Rictor Norton.
Fonti immagini: Google Images