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Tanto inchiostro è stato versato per raccontare la bellezza senza tempo della Madonna Rucellai. Dopo anni di querelle, ormai è certo che l’opera sia stata realizzata da Duccio di Buoninsegna.
Contesto storico
L’Aretino narra che Duccio, figlio di Buoninsegna, nacque probabilmente intorno al 1255 a Siena. Il suo nome compare a partire dal 1278, quando venne pagato per aver dipinto dodici casse per conservare i documenti del Comune di Siena. A quella data è già indicato come pittore. Duccio è uno dei personaggi più autorevoli della scuola di pittura senese che fiorì in Italia tra il XIII ed il XV secolo. Ad essa aderirono celeberrimi nomi quali: Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Domenico e Taddeo di Bartolo, il Sassetta e Matteo di Giovanni. Si tratta di una scuola pittorica molto conservatrice che nonostante ciò riuscì a competere con Firenze. Gli artisti focalizzarono la loro attenzione sulla bellezza decorativa bizantina e sull’eleganza dell’ultimo periodo dell’arte gotica. Questa premessa sulla cultura duccesca è necessaria e doverosa per conoscere la tavola del Maestro.
Capolavoro della pittura italiana, la pala della Madonna Rucellai (450x290cm) è la più grande tavola duecentesca che si conservi. Essa fu commissionata dalla Compagnia dei Laudesi o di Or San Michele (confraternita fiorentina fondata nel 1244 da San Pietro Martire) a Duccio di Buoninsegna il 15 aprile 1285.
Descrizione dell’opera
La pala, tempera e oro su tavola, proveniente dalla Cappella Bardi prima e dalla Cappella Rucellai poi della Basilica di Santa Maria Novella, la stessa cappella in cui sono stati rinvenuti i resti delle pitture a secco di Duccio nelle lunette in alto a sinistra e a destra della cappella e che raffigurano, rispettivamente, San Gregorio Magno tra due flabelliferi e Cristo in trono tra due angeli. La famiglia Rucellai fu una famiglia patrizia di Firenze proprietaria di una cappella gentilizia proprio nel transetto di Santa Maria Novella.
Prima di realizzare l’esegesi dell’opera, occorre interrogarsi criticamente sulla questione relativa alla singolarità della commissione. È curioso che una tavola dalla committenza così prestigiosa e soprattutto fiorentina doc, fosse stata affidata ad un pittore di nascita senese. Presumibilmente i committenti ignorarono questo dettaglio dal momento che Duccio era molto stimato anche nell’ambiente fiorentino, instradato e aiutato dal legame giovanile con la bottega di Cimabue.
La tavola rappresenta una Maestà ovvero la Vergine e il Bambino in trono, circondati da angeli reggicortina intenti a reggere un drappo preziosamente damascato dietro al gruppo sacro. Le figure sacre si stagliano in uno spazio aureo custodito da una cornice pentagonale anch’essa dorata. Lo spazio della tavola è interamente nobilitato da una decorazione di oro in foglia. Le aureole della Madonna e del Bambino sono ottenute mediante la tecnica della punzonatura. Essa consiste nel decorare superfici dorate con uno strumento metallico detto punzone; utilizzata soprattutto in pittura e all’inizio anche nell’arte miniata. L’obiettivo è creare effetti di luce e di consistenzae al scuola senese riesce a nobilitare all’ennesima potenza questa tecnica.
Non è un caso che l’impatto sull’iride dell’osservatore è di trovarsi di fronte ad un capolavoro ma di arte suntuaria dunque ad un oggetto di oreficeria di alta qualità.
I sei angeli che circondano la Madonna Rucellai sono perfettamente simmetrici, dipinti grazie a sagome cartonate. Essi, impalpabili e trasparenti, sono inginocchiati uno sopra l’altro ai lati del trono, senza una minima sensazione di piani in profondità. Nonostante l’inanimato scenario dello sfondo, Duccio crea una linea nervosa sottolineata dalla capricciosa veste di Maria bordata da un orlo dorato, che traccia una linea arabescata dal seno ai piedi. La tavolozza di Duccio è quanto mai varia di colori preziosi che giustapposti si esaltano reciprocamente. Sebbene l’artista abbia come modello solido l’arte bizantina, il volto di Maria è dolce e malinconico lontano dalle rigide rappresentazioni bizantine. Non c’è stasi o banalità nella pittura duccesca.
Duccio e Cimabue: due maestri a confronto
Con grande facilità e, a volte con grande superficialità, si è attribuita la paternità della pala a Duccio. Oggi sappiamo che la Madonna Rucellai è frutto della fatica del Maestro senese ma in passato c’è stato un aspro dibattito in proposito. Autorevoli intellettuali nel 1790 manifestarono le loro perplessità cercando di considerare l’autore della pala Cimabue.
Certamente Duccio si ispira alla Maestà del Louvre di Cimabue ma il trattamento della materia è differente: il maestro senese conferisce alla sua opera un aspetto miniaturistico, dotandola di levità e leggerezza esecutiva e cromatica. Duccio crea forme eteree, evanescenti lontane dalle massicce e solide figure di Cimabue; differenze palesi e decisive che fanno di Duccio unico e assoluto padre della Madonna Rucellai.
Serena Raimondi