Il murales della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II di Napoli nasconde un messaggio criptato. Proveremo a capirne il significato.
Il termine comunicare deriva dal latino communicare, indicando l’azione di mettere in comune, rendere comune. L’etimologia è molto suggestiva: comunicare vuol dire rendere partecipi gli altri individui di un determinato valore, di modo che sia esso comprensibile ai più per poter entrare a far parte di un sapere, di una cultura.
La maggior parte della comunicazione avviene attraverso l’utilizzo di un codice che si fonda su icone, indici o simboli, i quali caratterizzano la realtà intorno a noi; essi sono così radicati nella nostra mente che la decifrazione è un processo spontaneo: si pensi, ad esempio, alla bilancia simbolo della giustizia, o alla croce associata, a seconda delle tipologie, a luoghi di culto o ad edifici sanitari (ospedali, farmacie). Tutto ciò risponde alla necessità di creare una identità collettiva, che si esprime e comunica grazie ad un codice più o meno “standardizzato”.
La nostra quotidianità brulica di simboli: scegliamo una giornata, magari soleggiata e tiepida come quelle d’autunno, per osservare invece che vedere e basta. Osserviamo le strade che percorriamo, i luoghi che frequentiamo per lavorare o studiare, le pareti alte degli edifici che ci circondano, gli angoli, i vicoli ombrosi della città, e apriamo le infinte porte del nostro “palazzo mentale”. Scopriremo che è tutto sotto i nostri occhi, da sempre…
“La vista di un simbolo fa in generale subito sorgere il dubbio se una figura vada considerata come simbolo o no”; ho pensato a questa citazione di Hegel (Vorlesungen uber die Asthetik) quando mi sono imbattuta, quasi per caso, in un murales che campeggia sulla parete dipinta di un giallo paglia, nel cortiletto delle famigerate “catacombe” della Facoltà di Lettere e Filosofia. L’opera si presenta come un groviglio di simboli apparentemente disposti a caso, esposta all’osservazione di chiunque. Sappiamo che ogni simbolo ha sempre qualcosa da dire, soprattutto in relazione al contesto e alle persone a cui esso è destinato. Così, dopo aver visto svariate volte il murales in questione, ho deciso di osservarlo…
Messaggio criptato del murales: i simboli di un codice
Da Il Grande Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, alla voce criptare leggiamo:
[crip-tà-re] v.tr., o crittare, in informatica o nelle telecomunicazioni, codificare un dato o un segnale in modo che possa risultare incomprensibile a chi non conosce la chiave per decodificarlo o non possiede l’adatto decodificatore ¶Dal gr. kryptos “nascosto”
La definizione esplica con chiarezza la scelta dell’aggettivo criptato per il messaggio in bella mostra. Con ciò, non si pretende di conoscere la chiave di decodificazione di esso, ma, rispettando il proposito di osservare, guidati dal lume della curiosità, mi sono spinta ad analizzare i simboli del murales e, in seguito, a tentare di valutarli nel loro insieme. Si tratta di un’operazione che svolgiamo meccanicamente quando leggiamo la pagina di un libro, grazie al codice di decodificazione quale è l’alfabeto.
Leggiamo il murales da sinistra a destra ed analizziamo singolarmente i simboli (numerati in foto):
- Simbolo 1). Nella simbologia massonica il Compasso viene associato alla Squadra; nell’interpretazione più diffusa essi sono gli strumenti indispensabili per la costruzione, quindi, per analogia sono simboli di virtù e perfezione. Se la Squadra indica la morale, il Compasso è spiritualità, volontà, genio. Un’altra interpretazione vede Squadra e Compasso insieme come una sorta di mappa stellare dell’emisfero boreale, una mappa della via di iniziazione. Il Compasso è considerato il simbolo del dinamismo costruttore: la sua capacità di generare la figura perfetta del cerchio partendo da un punto fisso centrale, mette insieme unità e dinamicità. Con il Compasso il Creatore definisce il cerchio perfetto della Terra. Nel nostro murales, il compasso è capovolto e va a formare un cono, la lettera V. Secondo alcuni studiosi, il simbolo V raffigura l’idea della nascita, il femminile, il calice che raccoglie il sangue della Vita.
- Simbolo 2). Il cerchio non chiuso esprime da un lato l’idea di partecipazione, come se nella sua forma non finita accogliesse ciò che ha intorno; dall’altro può intendere l’incompiutezza, lo stadio primordiale. Inoltre, il bianco e il nero indicano gli opposti: oscurità/luce, luna/sole, femminile/passivo, e così via. Tuttavia, possiamo considerare questo simbolo come l’unione di due semicerchi, che rappresentano il cielo, aprendo la strada al concetto di dualità. Da notare dei simboli (una forma di scrittura cuneiforme?) che circondano questa figura.
- Simbolo 3). Uno spicchio di luna contenente al suo interno dei segni grafici, che ricordano visivamente quelli che circondavano il simbolo precedente. La luna simboleggia la ciclicità dell’esistenza, il divenire universale che conduce all’illuminazione. Nel nostro caso si tratta della luna falcata, che indica sia la Grande Madre, sia il principio passivo. Ci troviamo innanzi una luna calante o una gibbosa crescente, dipende da come consideriamo il simbolo che stiamo osservando. Se l’occhio coglie ciò che vuole vedere, il mio ha captato una gibbosa crescente, in relazione al simbolo che segue.
- Simbolo 4). Stiamo osservando una luna nella fase dell’ultimo quarto, alla quale sono aggiunti dei raggi che si diramano verso l’alto. Il sole e la luna simboleggiano la dialettica degli opposti, l’equilibrio della luce e dell’oscurità, del bianco e del nero. Aequilibrium è la parola chiave del nostro murale.
- Simboli 5) – 6). Sono la sintesi rispettivamente di una croce e di un cerchio iscritto in un quadrato. La croce ha origine dal cerchio suddiviso nei suoi quattro quadranti: è interessante notare che il cerchio è alla base della maggior parte dei simboli del murales, figura che può essere prodotta alla perfezione con il compasso.
- Simbolo 7). Forse un imbuto? A me è sembra una coppa, il calice contenente il sangue della Vita, il principio dell’esistenza.
- Simbolo 8). Un insetto in un cerchio. Si tratta di un’ape, considerata dispensatrice della sapienza divina. Nell’antichità l’ape richiamava il potere generativo della Grande Madre, per la sua incessante attività creatrice.
- Simbolo 9). Il cerchio della scrittura, la conoscenza che si plasma nella forma perfetta del cerchio.
- Simbolo 10). Una creatura alata, dalle fattezze di una farfalla. Nella simbologia la farfalla è una sorta di mediatore tra il mondo spirituale e quello terrestre. Questa creatura nella cultura giapponese rappresenta la donna giovane.
- Simbolo 11). Una donna raffigurata di schiena colta in fase di metamorfosi, questo ciò che colgo. La trasformazione è compiuta: siamo spettatori della meraviglia della vita.
Ipotesi interpretative: l’origine dell’Universo
Morale di questa giornata di ordinaria simbologia: dal compasso, che genera la figura perfetta del cerchio (costante del murales), avviene la determinazione del tempo e la sorgente dell’universo. Il cerchio non chiuso implica il suo stadio primordiale, che avanza con la raffigurazione della luna nella fase della gibbosa crescente, fino allo stato di equilibrio degli opposti, la luna e il sole che coincidono. Ci sono i presupposti per la formazione della vita: l’ape è la fase embrionale dell’essere vivente, al quale viene conferita la conoscenza attraverso la scrittura (racchiusa nella forma perfetta del cerchio). L’evoluzione dall’infinito al finito approda all’ultima fase, con la nascita della donna, custode della vita.
Forse ci ho visto troppo! Tuttavia, questa è una sfida aperta a molte ipotesi e, perché no, un invito all’autore a farsi avanti e comunicarci la sua illuminazione.
Giovannina Molaro