Camminare per le strade della città di Ravenna significa calpestare un suolo dalla storia molto antica.
Contesto storico e topografico
Quando nel 402 d. C. l’imperatore Teodosio I si trasferì a Ravenna si decisero le sorti dell’ Impero Romano d’Occidente. Il fatto che la città fosse dotata di un ottimo porto, permise di dialogare con l’Oriente e fu un motivo fondamentale per dichiarare la città Capitale della Prefettura d’Italia nel 540.
I siti paleocristiani della città sono dal 1996 patrimonio dell’UNESCO e ovviamente in cima alla lista figura la basilica paleocristiana di Sant’Apollinare in Classe, poco distante dal tranquillo centro cittadino.
La genesi delle basiliche paleocristiane è da ricondurre alla costruzione delle precedenti domus ecclesiae, edifici privati adibiti ad espletare il culto cristiano, nati quando il cristianesimo era considerato religio illicita. L’edificazione della chiesa è riconducibile agli ultimi anni dell’età gotica (493-540), essa fu commissionata dal vescovo Ursicino tra il 535 e 538 e consacrata dall’arcivescovo Massimiano il 9 maggio del 549.
Struttura del complesso di Sant’Apollinare in Classe
Il complesso di Sant’Apollinare in Classe, costituito da campanile cilindrico del IX secolo e dotato di finestre che si articolano dal basso verso l’alto in monofore, bifore e trifore, sorge su una precedente area cimiteriale risalente alla fine del II e l’inizio del III secolo. La basilica è divisa in tre navate con il corpo centrale rialzato, dotata di abside poligonale ai cui lati ci sono due cappelle laterali absidate. Lo spazio è scandito da colonne con capitelli di acanto e pulvini e dotate di una copertura a capriate.
Le colonne sono di marmo greco, vengono dal Mar di Marmara. Esse spiccano per il colore grigio molto chiaro che contrasta con le lunghe venature di grigio più intenso. Sugli archi a sesto si distende una superficie muraria intervallata da finestre.
La facciata della chiesa è tripartita e preceduta da un atrio ampio detto nartece, addossato alla facciata a capanna. Quest’ultima, realizzata totalmente in laterizio, è dotata di una a copertura a falda unica e a spiovente verso l’esterno; presenta una finestra trifora e un portale d’ingresso di marmo proveniente dalla Grecia. Il candido marmo di questa zona spicca cromaticamente sulla struttura della basilica in mattoni rossi.
Le pareti interne dell’edificio sono spoglie ad eccezione del catino absidale ornato da luminosi mosaici, catalizzando la vista dell’osservatore sul fondo.
Il mosaico parietale (opus musivum), a forma di quarto di sfera, è relativo al 533-549 ed occupa quasi totalmente la navata centrale. Nella parte superiore dell’arco trionfale appare il Cristo affiancato dai quattro simboli alati degli Evangelisti: Giovanni, Matteo, Marco, Luca. Immediatamente nel registro inferiore dodici pecore escono dalle porte di due città: Betlemme e Gerusalemme e sono dirette su un monte in direzione di Gesù. L’arco trionfale è completato, ai lati, da due palme cariche di frutti. La decorazione continua verso l’alto. Al centro del catino dell’abside c’è la grande croce d’oro, ornata con grosse gemme ed inserita in un disco azzurro intorno a cui gravitano 99 stelle non in modo rigido. Nell’esergo del disco è delimitato da una ricca cornice porpora e oro. Nell’incrocio dei bracci vi è un disco con ritratto di Cristo. In basso c’è la rappresentazione di Sant’Apollinare circondato da dodici pecore.
Dai restauri fra gli anni ‘60 e ’70, sotto il disco contenente la croce gemmata della Trasfigurazione, è stato rinvenuto il disegno di una circonferenza con all’interno una croce insieme al fulcro di fissaggio della cordicella, finalizzata a tracciare i bordi del clipeo. L’esegesi del tappeto musivo concerne la Trasfigurazione e la delicata questione della omousia ovvero l’identità di sostanza e di natura nelle tre persone della SS. Trinità.
La crasi degli elementi figurativi ora realisticamente antropomorfi ora simbolici è una soluzione, che si configura come intersezione fra la concezione naturalistica dell’arte occidentale con quella tendente al simbolismo ed all’astrazione tipica dell’arte orientale. Le immagini riescono a parlare a tutti i fedeli con estrema intesità. Esse sono la Bibbia per gli umili.
Serena Raimondi