L’Arte non ha età e non ha nessun limite umano, questa è una cosa risaputa e nota a tutti, lo dimostra infatti la personalita di Yayoi Kusama, artista ultraottantenne, giapponese di orgine ed americana d’adozione, per un breve periodo.
Yayoi Kusama è oggi considerata tra le più note ed affermate artiste contemporanee giapponesi, ma la sua fama è riconosciuta in tutto il mondo, avendo vissuto nell’eclettico Village di Manatthan, a contatto con tutti i più grandi rappresentanti della emergente POP ART, dai quali è riuscita a cogliere sempre il meglio.
Oggi ha autonomamente scelto una insolita residenza personale, una clinica medica che è diventata la sua attuale casa. Il percorso creativo di Yayoi Kusama è stato un continuo crescendo sia dal punto di vista formale che dal punto di vista teorico, il periodo più fecondo è stato certamente quello trascorso negli Stati Uniti che ha poi gettato le basi per un convincente reinizio nella terra del Sol levante.
Inquadrare l’Arte dell’ottuagenaria nipponica può risultare in qualche modo difficoltoso dato il suo evidente pluriformismo che spazia dalla pittura alla scultura passando per effimere installazioni. Il legante tra tutte le opere di Yayoi Kusama è un atteggiamento altalenante di umori ed espressioni psicologiche soggettive. La critica in genere e forse la stessa Kusama ha riconosciuto in alcuni casi la forte dipendenza delle sue creazioni da analisi di natura psicologica intese in un senso clinico e non solo introspettivo o di coscienza.
Come già detto la produttività artistica di quest’artista è molto vasta e segue un percorso preciso partendo dalle tele di dimensioni notevolmente grandi dei primi anni caratterizzate però da lunghe pennellate di colori molto chiari o da accenni appena evidenti di colori su sfondi completamente neutri.
Continua poi questo tragitto attraverso la scultura, o forse è meglio dire l’unione, la commistione di oggetti di uso comune o anche di forme particolari posti in concomitanza tra di essi ma spesso non aventi alcun legame proprio. Ancora bisogna ricordare le cosiddette INFINITY ROOM, stanze caratterizzate da specchi disposti in modo da dare una sensazione di infinito allo sguardo, l’osservatore doveva perdersi nella visione pluri-oculare che si creava dinanzi ai propri occhi e sicuramente si sarebbe trovato ad affrontare momenti di smarrimento vero e proprio.
Ma non possono essere tralasciati gli elementi che forse costituiscono implicitamente la firma di Yayoi Kusama, i Pois, spesso colorati che andavano a ricorpeire superfici artificali, naturali, umane ed animale in ambienti vicini o lontani tra di essi.
All’ultimo perido corrispondono invece una serie di tele dai titoli lunghi ed alquanto enigmatici che pur avendo un’impostazione completamente diversa dalla pittura iniziale hanno anch’essi qualcosa da raccontare. La Tate Modern di Londra ma anche il Withney Museum of American Art hanno celebrato questa particolare personalità negli ultimi tempi.
Vincenzo Morrone
Fonti:
www.glenwoodnyc.com
www.domusweb.it