Se c’era qualche dubbio, fughiamolo immediatamente: Domhnall Gleeson è irlandese. E a lasciarlo indovinare sono i capelli rossi, le lentiggini, la pelle candida, l’andatura dinoccolata abbinata all’altezza, l’aspetto allampanato e il cognome (che potrebbe ricordarci suo padre, Brendan Gleeson, il volto, fra l’altro, di Malocchio Moody nella saga di “Harry Potter”).
Che poi sia un attore d’oltremanica si può intuire anche dando una rapida occhiata ai suoi inizi di carriera: molto teatro, un po’ di televisione, e per il cinema “Non lasciarmi” (Mark Romanek – 2010), “Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1” (David Yates – 2010), “Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2” (David Yates – 2011). Giusto per iniziare
Bravo ragazzo
Joe Wright lo sceglie per il ruolo di Konstantin Levin nel suo melodrammatico “Anna Karenina” (2012), trasposizione del romanzo omonimo. Se c’è qualcosa che scricchiola, nel lavoro di Wright, è proprio il personaggio di Levin, nato dalla penna di Tolstoj come colosso morale, profondamente tormentato, riflessivo giudice della società di cui è vittima l’antitetica Anna (Keira Knightley).
Il Levin dello schermo, però, si limita ad essere il candido e puro uomo di campagna dalle idee molto rette, fautore dell’amore fedele e cristallino: molto riduttivo, benché probabilmente utile a lasciar spazio ad Anna, la cui vicenda è senza dubbio di maggior richiamo e di più vivace resa sullo schermo.
Nonostante tutto, le sequenze dedicate a Levin sono una rinfrescante parentesi su personaggi simpatici, su dialoghi delicati, e in particolare sugli occhi di Domhnall Gleeson: sempre incastrati tra la fronte aggrottata e la barba rossa, sono espressivi e penetranti, quale che sia la situazione. Molto meno affettato e intagliato con più delicatezza degli altri personaggi maschili, il Levin di Gleeson è un personaggio di contorno che rimane impresso quanto i protagonisti.
Appena un anno dopo diventa Tim in una deliziosa commedia inglese, “Questione di Tempo” (Richard Curtis – 2013), emozionante e semplice nel suo esprimere con chiarezza un messaggio preciso, per quanto forse poco innovativo e zuccheroso.
Domhnall Gleeson è un giovane uomo che ha il potere di cambiare la propria linea temporale: lungi dal dare vita a complessi contorcimenti o approfittarne per diventare genio del male, Tim prova solo a correggere qualche errore e a dare un aiuto a chi ama. Buffo e magrolino, Gleeson ha una dolcezza nei tratti tale da dare l’impressione di poter essere condannato per sempre al ruolo di bravo ragazzo, imbranato e troppo buono per poter sopravvivere…
L’altra faccia di Domhnall Gleeson
E invece no, pian piano riesce a svincolarsi dalla sua aria buona. Sempre nel 2013, nella prima puntata della seconda stagione di “Black Mirror” (Charlie Brooker – 2011 – in corso), la serie tv britannica che indaga gli effetti collaterali dell’assuefazione alla tecnologia, Domhnall Gleeson è un robotico surrogato di un essere umano del quale replica l’attività sul web senza assumerne davvero la profonda personalità. Comprensivo ma asettico, appassionato a comando, il personaggio di Gleeson rappresenta un utilizzo diverso del faccino spaesato, che in questo caso sa intimorire e inquietare.
E ancora, nel surreale e bellissimo “Frank” (Lenny Abrahamson – 2014) è Jon, sfigato, privo di talento, ma feroce e ambizioso, affamato di successo, aggressivo e testardo. Domhnall Gleeson sa affiancare Michael Fassbender senza venirne inghiottito, ma anzi adattandosi e ricavando dal talento di lui gli input giusti per risultare carismatico e credibile, per quanto insopportabile.
In “Ex Machina” (Alex Garland – 2015), poi, torna a fare la parte del puro di cuore, ma: se da un lato è proprio il tonto, raggirato e innamorato, è anche però il vero protagonista morale della vicenda. Tra il cinico (Oscar Isaac) e l’automa (Alicia Vikander), è lui la sede dell’etica e del sentimento umano, il naturale catalizzatore della simpatia dello spettatore, perfino commovente nella sua finale prova di coraggio. Quanto mai interessante vederlo, quindi, in “Star Wars: Il risveglio della Forza” (J. J. Abrams – 2015) nei panni del Generale Hux, personaggio assolutamente opposto al precedente: che gioia guardare come è riuscito ad essere un cattivo nel senso fiabesco del termine, impietoso e bramoso di potere.
In effetti, più di qualunque altro ruolo precedente, quello di Hux lo ha inserito in un contesto dove le movenze cascanti da ragazzone cresciuto in fretta non avevano nessuno spazio: ed è a quel punto che ha saputo trasformarsi vistosamente anche a livello esteriore, dimostrando un’adattabilità di cui finora non era stato necessario dare prova. Ben venga!
È legittimo dire che Domhnall Gleeson è un interprete il cui vistoso potenziale non è ancora stato messo a frutto completamente, ma che sta dirigendo la propria carriera nella direzione giusta (lo vedremo nell’attesissimo “Revenant” di Iñárritu, ad esempio). Intendiamoci, è ancora presto per gridare al miracolo. Ma potrebbe arrivare presto il momento…
Chiara Orefice